Il guarany/Parte Terza/Capitolo VI

Parte Terza - VI. La rivolta

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José de Alencar - Il guarany (1857)
Traduzione dal portoghese di Giovanni Fico (1864)
Parte Terza - VI. La rivolta
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CAPITOLO VI.


LA RIVOLTA.

Quando Pery ebbe finito di riflettere sopra ciò che accadeva, rizzossi; aprì di nuovo la porta, la chiuse per di dentro, e avanzossi pel corridoio, che dalla camera di Cecilia metteva nell’interno della casa.

Stava tranquillo sul futuro; sapea che Bento Simoes e Ruy Soeiro non lo impaccerebbero più, e che a quell’ora tutti gli avventurieri sarebbero desti; ma stimò ben fatto avvertire don Antonio de Mariz di ciò che avveniva.

In questa Loredano era giunto allo stanzone, ove lo aspettava una nuova e terribile scena, un ultimo disinganno.

Gettandosi dalla stanza di Cecilia, era stata sua intenzione guadagnare il pian terreno della casa, pronunciare il segno di convenzione, e signor [p. 57 modifica]del campo, tornare co’ suoi complici, rapire la fanciulla e vendicarsi di Pery.

Mal sapea però che l’Indiano avea distrutta tutta la sua trama; giunto sul davanti della casa vide lo stanzone rischiarato da fiaccole, e tutti gli avventurieri attoniti intorno a un oggetto che non potè discernere.

Avvicinossi e scoprì il corpo del suo complice Bento Simoes, che giaceva sul suolo allagato del pavimento; l’avventuriere avea gli occhi schizzati dall’orbita, la lingua sporgente dalla bocca, il collo pieno di contusioni; tutti i segni infine di una strozzatura violenta.

Di livido che era Loredano si fece verde; andò in cerca cogli ocelli di Ruy Soeiro e nol vide; senza dubbio il castigo del cielo era piombato anche sopra il suo capo; s’accorse che era perduto senza riparo, e che solo l’audacia e la disperazione potevano salvarlo.

L’estremo in cui si trovava, gl’inspirò un’idea degna di lui; accingevasi a trar partito per i suoi fini di quello stesso fatto che sembrava distruggerli; apprestavasi a fare del castigo un’arme di vendetta.

Gli avventurieri spaventati, senza comprendere ciò che vedevano, guardavansi l’un l’altro e mormoravano a voce bassa, facendo congetture sulla morte del loro compagno. Gli uni svegliati d’improvviso per l’acqua che versavasi dalle anfore; gli altri, che non dormivano, stupefatti, erano tutti sorti in piedi, e fra un coro d’imprecazioni [p. 58 modifica]e bestemmie aveano accese delle fiaccole per conoscere la causa di quell’inondazione.

Fu allora che scoprirono il corpo di Bento Simoes e che rimasero ancora più attoniti; i complici, per tema che ciò che vedevano fosse un principio di punizione; gli altri, indignati per l’assassinio del loro compagno.

Loredano si accorse di ciò che accadeva nell’animo degli avventurieri.

— Non sapete che significa tutto questo? diss’egli.

— Oh! no! Spiegatecelo! sclamarono gli avventurieri.

— Ciò significa, continuò Loredano, che in questa casa ci ha una vipera, un serpente che alimentiamo nel nostro seno, e che ci morsicherà tutti col suo dente avvelenato.

— Come?... Che volete dire?... Parlate!...

— Guardate, disse il frate accennando al cadavere e mostrando la sua mano ferita; ecco la prima vittima, e la seconda che scampò per un miracolo; la terza... Chi sa che sarà avvenuto di Ruy Soeiro?

— È vero!... Ov’è Ruy?

— Forse morto anch’egli!

— Dopo lui toccherà ad un altro e poi ad un altro, finchè tutti saremo sterminati; finchè tutti i cristiani sieno sacrificati.

— Ma per mano di chi?.... Dite il nome del vile assassino! È necessario un esempio! Il nome!

— E non l’indovinate? rispose Loredano. Non [p. 59 modifica]immaginate chi in questa casa può desiderare la morte dei Bianchi e la distruzione della nostra religione? Chi se non l’eretico, il reprobo, il selvaggio traditore ed infame?

— Pery?.... sclamarono gli avventurieri.

— Sì, quell’Indiano che fa conto di assassinarci tutti per saziare la sua vendetta!

— Non ha da essere come dite, ve lo giuro, Loredano! disse uno degli avventurieri.

— Per dio! gridò un altro, lasciate ciò a mio conto. Non ve ne date pensiero!

— E non passerà questa notte. Il corpo di Bento Simoes chiede giustizia.

— E giustizia sarà fatta.

— In questo stesso istante.

— Sì; proprio adesso. Olà! seguitemi.

Loredano ascoltava queste concitate esclamazioni, le quali palesavano quanto l’esacerbazione s’impadronisse di loro; quando però gli avventurieri vollero muovere in cerca dell’Indiano, ei li contenne con un gesto.

Ciò non gli conveniva; la morte di Pery era cosa accidentale per lui; il suo fine principale era ben altro, e sperava conseguirlo agevolmente.

— Che andate a fare? dimandò imperiosamente ai suoi compagni.

Gli avventurieri rimasero stupefatti a una simile dimanda.

— Andate ad ucciderlo?....

— Sì certo!

— E non sapete che non potrete farlo? Che [p. 60 modifica]egli è protetto, amato, stimato da coloro cui poco cale se muoiamo o viviamo?

— Sia pur protetto, ma quando è reo...

— Quanto vi illudete! Chi lo giudicherà reo? Voi? Ebbene, altri lo giudicherà innocente e lo difenderà; e non avrete rimedio che in chinare il capo e tacervi.

— Oh! questo è troppo!

— Stimate che siamo animali, che si possono uccidere impunemente!

— Siete peggio che animali; siete schiavi!

— Per San Braz, avete ragione, Loredano.

— Vedrete morire i vostri compagni assassinati infamemente, e non potrete vendicarli; e sarete obbligati a ingozzare perfino le vostre querele, perchè l’assassino è sacro! Sì, nol potrete toccare, ripeto.

— Ebbene; io voglio mostrarvelo!

— Ed io pure! gridò tutta la banda.

— Qual è la vostra intenzione? dimandò Lodano.

— La nostra intenzione è chiedere a don Antonio de Mariz che ci consegni l’assassino di Bento.

— È giusto! E se egli ricuserà, saremo sciolti dal nostro giuramento, e ci faremo giustizia colle nostre mani.

— Diportatevi come uomini coraggiosi e onorati, facciamo lega tutti insieme e vedrete che otterremo riparazione; ma per ciò occorre fermezza e volontà. Non sprechiamo tempo. Qual [p. 61 modifica]di voi si incarica di andar come parlamentario a don Antonio?

Si offerse un avventuriere dei più audaci e turbolenti della banda.

— Sarò io!

— Sapete che avete a dirgli?

— Oh! state pur senza tema. Ne udrà di quelle co’ fiocchi.

— Andate subito?

— In questo istante.

Una voce calma, sonora e di grave accento, una voce che fece trasalire tutti gli avventurieri, risuonò all’entrata dello stanzone:

— Non occorre che vi andiate, perchè viene egli stesso. Eccomi.

Don Antonio de Mariz, calmo e impassibile, avanzossi fin nel mezzo di quel gruppo di forsennati, e incrociando le braccia sul petto, girò lentamente sugli avventurieri il suo sguardo severo.

Il fidalgo non avea una sola arma; eppure l’aspetto della sua fisonomia venerabile, la fermezza della sua voce e l’alterezza del suo nobile gesto bastarono per far chinare il capo a tutti quegli uomini in atto di minaccia.

Avvertito da Pery dei casi accaduti in quella notte, don Antonio de Mariz si accingeva ad uscir fuori, quando apparvero Alvaro e Ayres Gomes.

Lo scudiero, che dopo la conversazione con mastro Nunes si era addormentato, fu desto d’improvviso dalle imprecazioni e dalle grida [p. 62 modifica]che mandavano gli avventurieri, quando l’acqua cominciò ad immollare le stuoie su cui giacevano.

Maravigliato di quello strano rumore, Ayres battè il focile, accese la candela e avviossi alla porta per conoscere quello che avea turbato il suo sonno: la porta, come sappiamo, era chiusa e senza chiave.

Lo scudiero si fregò gli occhi per accertarsi di quello che vedeva, e svegliando Nunes gli chiese chi avesse preso quella cautela: il suo amico lo ignorava al pari di lui.

In quel momento udissi la voce di Loredano che eccitava gli avventurieri alla rivolta; Ayres Gomes comprese allora di che si trattava.

Afferrò mastro Nunes, lo accostò alla parete come fosse una scala, e senza proferire una parola saltò dal giaciglio sulle spalle di lui, e col capo alzando le tegole s’insinuò tra le travi e gli assi del tetto.

Uscito in tal modo all’aperto, lo scudiero pensò tosto a ciò che dovea fare; e giudicò che il meglio sarebbe darne parte ad Alvaro e al fidalgo, cui spettava provvedere secondo i casi.

Don Antonio de Mariz udì senza turbarsi il racconto dello scudiero, come avea udito quello dell’Indiano.

— Bene, amici miei! So ciò ch’è mio debito di fare. Non facciamo rumore; non turbiamo la tranquillità della casa; sono certo che il tutto passerà. Aspettatemi qui. [p. 63 modifica]

— Non posso permettere che vi arrischiate solo; disse Alvaro facendo un passo per seguirlo.

— Rimanete: voi e questi due amici devoti veglierete sopra mia moglie, Cecilia e Isabella. Nel caso in cui ci troviamo, ciò è necessario.

— Consentite almeno che uno di noi vi accompagni?

— No, basta la mia presenza: laddove qui tutto il vostro valore e la vostra fedeltà non bastano al tesoro che vi affido.

Il fidalgo prese il suo cappello, e pochi momenti dopo compariva improvvisamente nel mezzo degli avventurieri, che tremanti, a capo basso, presi da vergogna, non osavano proferire una parola.

— Eccomi qui! ripetè il cavaliere. Dite ciò che volete da don Antonio de Mariz, e favellate chiaro e breve. Se è per giustizia, sarete soddisfatti, se per un fallo, avrete il castigo che meritate.

Neppur uno degli avventurieri osò alzar gli occhi; tutti aveano ammutolito.

— Tacete?... Avviene qui dunque alcuna cosa che non osate rivelare? Mi vedrò obbligato a punire severamente e, alla ventura un primo esempio di rivolta e disubbidienza? Parlate! Voglio sapere il nome dei colpevoli!

Lo stesso silenzio tenne dietro alle parole ferme e gravi del vecchio fidalgo.

Loredano esitava fin dal principio di questa scena; non avea il coraggio necessario per [p. 64 modifica]presentarsi in faccia di don Antonio; ma si accorse che se lasciava andar le cose per la loro china, era perduto infallantemente.

Appresen tossi:

— Non vi sono qui colpevoli, signor don Antonio de Mariz, disse Loredano entrando in ardenza progressivamente; sì bene uomini che sono trattati come cani; che sono sacrificati a un vostro capriccio, e che sono risoluti di rivendicare i loro diritti di uomini e di cristiani!

— Sì! gridarono gli avventurieri rincorandosi. Vogliamo che sia rispettata la nostra vita!

— Non siamo schiavi!

— Obbediamo, ma senza esserci venduti.

— Siamo da più che un eretico!

— Abbiamo arrischiato la nostra esistenza per difendervi!

Don Antonio ascoltò impassibile tutte queste sclamazioni, che acquistavano grado grado il tuono della minaccia.

— Silenzio, villani! Dimenticate che don Antonio de Mariz possiede ancora forza bastante per istrappare la lingua a chiunque osasse insultarlo! Sciagurati, che ricordate il dovere come un benefizio! Arrischiaste la vostra vita per difendermi?... E qual era il vostro obbligo, uomini, che vendete il vostro braccio, il vostro sangue a chi meglio li paga. Sì! Siete da meno che schiavi, da meno che cani, da meno che bestie! Siete traditori infami e perversi... meritate più della morte; meritate il disprezzo. [p. 65 modifica]

Gli avventurieri, la cui rabbia fermentava cupamente, non si contennero più; dalle parole di minaccia passarono al gesto.

— Amici! gridò Loredano giovandosi abilmente di quell’opportunità. Vi lascerete insultare così atrocemente, gettare il disprezzo in volto? E per qual motivo!...

— No! Giammai! bisbigliarono gli avventurieri furiosamente.

Sguainando i pugnali restrinsero il cerchio all’intorno di don Antonio de Mariz; era un turbinio di grida, ingiurie, minaccie, che partivano dalla bocca di tutti, nell’atto che le braccia sospese in alto esitavano ancora ad abbassare il colpo.

Don Antonio de Mariz, fermo, maestoso, calmo, guardava tutte quelle fisonomie scomposte con un sorriso di scherno; e sempre altiero e orgoglioso pareva sotto i pugnali che lo minacciavano, non la vittima che sta per essere immolata, ma il signore che comanda.