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che mandavano gli avventurieri, quando l’acqua cominciò ad immollare le stuoie su cui giacevano.

Maravigliato di quello strano rumore, Ayres battè il focile, accese la candela e avviossi alla porta per conoscere quello che avea turbato il suo sonno: la porta, come sappiamo, era chiusa e senza chiave.

Lo scudiero si fregò gli occhi per accertarsi di quello che vedeva, e svegliando Nunes gli chiese chi avesse preso quella cautela: il suo amico lo ignorava al pari di lui.

In quel momento udissi la voce di Loredano che eccitava gli avventurieri alla rivolta; Ayres Gomes comprese allora di che si trattava.

Afferrò mastro Nunes, lo accostò alla parete come fosse una scala, e senza proferire una parola saltò dal giaciglio sulle spalle di lui, e col capo alzando le tegole s’insinuò tra le travi e gli assi del tetto.

Uscito in tal modo all’aperto, lo scudiero pensò tosto a ciò che dovea fare; e giudicò che il meglio sarebbe darne parte ad Alvaro e al fidalgo, cui spettava provvedere secondo i casi.

Don Antonio de Mariz udì senza turbarsi il racconto dello scudiero, come avea udito quello dell’Indiano.

— Bene, amici miei! So ciò ch’è mio debito di fare. Non facciamo rumore; non turbiamo la tranquillità della casa; sono certo che il tutto passerà. Aspettatemi qui.