Gli sposi promessi/Appendici/C

Appendici - Appendice C (Al Cap. I, tomo I)

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Che stessero lì aspettando qualcheduno era cosa troppo evidente; ma quello che più spiacque ai Curato fu l'esser chiarito per certi atti che l’aspettato era egli. Poiché, al suo [p. 799 modifica]apparire coloro s’eran guardati in viso, alzando la testa con un movimento, dal quale si scorgeva che tutti e due ad un tratto avevan detto: egli è desso: quegli che stava a cavalcioni tirò la sua gamba sulla strada e si alzò, l’altro si staccò dal muro; ed entrambi si avviarono incontro al curato. Questi tenendo sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiare le mosse di coloro; e veggendoli venir proprio alla sua volta, fu assalito in un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se tra i bravi e lui vi fosse qualche uscita di strada a dritta o a sinistra, e gli sovvenne tosto di no. Fece un rapido esame di coscienza per ricercare se avesse peccato contra qualche potente, contra qualche vendicativo, ma anche in quel turbamento il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto; i bravi però si avvicinavano. Si pose l’indice e il medio della sinistra mano nel collare, come per rassettarlo, e girandoli intorno al collo, volgeva intanto la faccia all’indietro, torcendo insieme la bocca, e guardava colla coda dell’occhio fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse, e non vide nessuno. Lanciò una occhiata, disopra del muricciolo, nei campi: nessuno; un’altra più modesta sulla via che gli era dinanzi: nessuno fuorché i bravi. Che fare? tornare indietro non era a tempo; darla a gambe, era lo stesso che dire: inseguitemi, o peggio. Non potendo schifare il pericolo, gli corse incontro; perché i momenti di quella incertezza erano allora così penosi per lui che non desiderava altro che di abbreviarli: affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta; compose la faccia a tutta quella quiete ed ilarità che potè, fece ogni sforzo per preparare un sorriso, e quando fu accostato dai due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò sui due piedi. Signor Curato: disse uno di quei due, piantandogli gli occhi in faccia.

— Chi mi comanda? rispose subito Don Abbondio, alzando gli occhi d’in sul libro, e tenendolo spalancato e sospeso con ambe le mani.

— Ella ha intenzione, prosegui l’altro col piglio minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore su l’intraprendere uan ribalderia, ella ha intenzione di sposare domani Fermo Tramaglino, e Lucia Mondella! [p. 800 modifica] — Cioè... rispose con voce tremola Don Abbondio, cioè. Loro signori sono uomini di mondo, e sanno benissimo come vadano queste faccende. Il povero curato è passivo: fannno i loro piastricci fra loro, e poi... e poi, vengono da noi come s’andrebbe ad un banco a riscuotere;... e noi siamo i servitori del comune, e...

— Or bene, disse il bravo con voce sommessa, ma in tuono solenne di comando; questo matrimonio non s’ha da fare, né domani, né mai.

— Ma signori miei, replicò don Abbondio, colla voce mansueta e gentile d’un uomo che vuol persuadere un impaziente, ma signori miei, si degnino di mettersi nei miei panni: se la cosa dipendesse da me;... vedono bene che a me non importa nulla...

— Orsù, interruppe il bravo, se la cosa avesse a decidersi a ciarle, ella ci metterrebbe in sacco. Noi non ne sappiamo né vogliamo sapere di più. Uomo avvertito... ella c’intende.

— Ma, codesti signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...

— Ma, interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fino allora, ma il matrimonio non si farà, o (qui una buona bestemmia) o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e... un’altra bestemmia.

— Zitto, zitto, ripigliò il primo oratore: il Signor curato sa il vivere del mondo, e noi siamo galantuomini e non vogliamo fargli del male, quando egli abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.

Questo nome fu nella mente di don Abbondio come nel forte d’un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e cresce il terrore. Fece egli, come per istinto, un grande inchino e disse: se mi sapessero suggerire... Oh! suggerire a lei che sa di latino! interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. A lei tocca e sopratutto non si lasci uscir parola su questo avviso, che le abbiam dato, per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol ella che si dica in suo nome all’illustrissimo signor don Rodrigo?

— Il mio rispetto ...

— Si spieghi, signor curato. [p. 801 modifica]

— Disposto ... disposto sempre all’ubbidienza.

— Benissimo; e buona notte signor curato.

Cosi dicendo si svilupparono da don Abbondio, il quale pochi momenti prima avrebbe dato qualche gran cosa per isfuggirli e allora avrebbe voluto prolungare la conversazione e le trattative; e avviandosi dalla parte donde egli era venuto, se ne andarono, cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio, rimase un momento colla bocca aperta, come incantato, poscia pigliò anch’egli quella delle due stradette che conduceva a casa sua mettendo ecc. Di qui segue come nel testo, fino a divorato. Poi con differenze:

La forza legale non proteggeva in alcun conto l’uomo tranquillo, inoffensivo e che non avesse atri mezzi da far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contra le violenze private. Le leggi anzi venivano giù a dirotta; i delitti erano annoverati e particolereggiati con minuta prolissità; le pene pazzamente esorbitanti, e se non basta aumentabili quasi per ogni caso ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d’impedimento a proferire una condanna.

Gli squarci che abbiamo riportato delle gride contra i bravi sono un picciolo e fedel saggio di tutta ia legislazione di quei tempi. Con tutto ciò, anzi in parte per tutto ciò, quelle gride ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l’impotenza di chi le faceva, o se producevano qualche effetto immediato, egli era principalmente di aggiungere molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli sofferivano dai perturbatori, e di crescere le violenze, e l’astuzia di questi. L’impunità era organizzata, e aveva molte etc. Segue come nel testo.

Note

  1. Dalla colonna sinistra, o rifacimento, cioè seconda stesura, di fogli nei quali la colonna destra è tormentata più di altre. Si veda a pagina 19, Cap. I