Cristoforo Colombo (de Lorgues)/Libro III/Capitolo II

Capitolo II

../Capitolo I ../Capitolo III IncludiIntestazione 12 gennaio 2019 75% Da definire

Libro III - Capitolo I Libro III - Capitolo III

[p. 18 modifica]


CAPITOLO SECONDO.

Presentimenti di Colombo sul carattere dei luoghi esplorati. — Sua scoperta del gonfiamento equatoriale. — Suo concetto della forma della Terra. — Sue idee sul sito del paradiso terrestre. — Per le sue induzioni Colombo giunge alla certezza di aver trovato un nuovo Continente. — Sua scoperta del fiume Oceanico, o gran corrente equatoriale. — Conquiste scientifiche risultanti da questo terzo viaggio. — Arrivo dell’Ammiraglio alla picciola isola Beata, davanti la Spagnuola. — Suo fratello l’Adelantado gli va incontro con una caravella.

§ I.


In nessuna delle sue tante esplorazioni Cristoforo Colombo aveva riscontrato aspetti così strani come quelli di cui il suo spirito si sforzava a que’ giorni di penetrare le cagioni. Superando le convulsive contrazioni delle sue palpebre infiammate da oftalmia, non temendo lo splendore del giorno: superando la gravezza della veglia, e le fitte della gotta, aveva egli tentato d’interrogare con rapidi sguardi questa natura grandiosa: le qualità del suolo, la gagliardia della vegetazione, il colore degli indigeni, che non erano negri come in Africa sotto il medesimo parallelo, la dolcezza della temperatura, la vivezza del cielo, il mutamento delle costellazioni, il movimento de’ flutti, la direzione delle correnti, l’abbondanza dell’acqua dolce in mezzo al mare, sollevavano nel suo spirito un gran cumulo di dubbiezze, e di idee.

A certi tratti di fisonomia cosmica, non riconoscibili da qualsiasi altro osservatore, egli aveva riconosciuto la faccia d’una delle grandi divisioni geografiche del globo, e la parte opima d’uno de’ principali continenti. Guidato da percezioni spontanee, e da impressioni confuse, che mal avrebbe potuto definire, egli andava conscio che la parte della terra, ove si trovava allora, era più elevata di quella d’ond’era partito: parevagli di avere salito il mare come una montagna: assicurava di aver aggiunto alla parte più alta del mondo. [p. 19 modifica]

Questa semplice asserzione oltrepassava già, di quanto è alto il genio, gl’insegnamenti della scienza contemporanea. Colombo era sulla via di una grande scoperta cosmografica, il rigonfiamento equatoriale.

Nel rapido scritto che diresse ai Re cattolici con titolo di relazione, l’Ammiraglio dice chiaramente di credere che la terra sia rotonda, ma che da quello che ha veduto, congettura ch’essa non sia perfettamente sferica, ed abbia piuttosto forma di una pera assai rotonda1, la cui parte, che si rappicca al peduncolo, è più allungata, onde questa parte trovasi più vicina al cielo. Di fatto, il rigonfiamento equatoriale aggiugne ad un’altezza di circa ventun chilometri, o cinque leghe di posta2; presso a poco cinque volte l’altezza del Monte Bianco. Questa parte del globo s’immerge più profondamente nell’etere.

Colombo dice che Aristotele collocava il punto più culminante della terra sotto il polo antartico; che altri dotti lo avevano combattuto, e volevano, per lo contrario, che tal maggior elevazione esistesse sotto il polo artico; quanto a lui, trova che il rigonfiamento del globo giace situato verso l’equatore: conosce e scusa l’errore de’ predecessori, poichè non potevano aver conoscenza delle regioni da lui allora scoperte: dichiara di non portar giudizio della costituzione geodetica dell’altro emisfero del globo, poiché non l’ha visitata; ma quanto alla Terra, certifica che non è rotonda come palla, come si crede; ma che è formata a modo di pera assai rotonda, eccetto l’estremità dove si rappicca al peduncolo. Egli ricorre ad un’altra imagine più sensibile, e più esatta di questo rigonfiamento, e del poco mutamento ch’esso deve apportare al tutto insieme della fisonomia del globo3 [p. 20 modifica]

Il signor Humboldt, le tante volte ripetuto dai biografi di Colombo, ha censurato con assai leggerezza l’opinione di questo grande Uomo sulla figura della terra; ed ha preteso che egli la concepiva sotto forma di una pera, la qual forma sarebbe capricciosa e bislacca. Quest’asserzione, per mala ventura cotanto accreditata, è compiutamente falsa. Non potendo l’Ammiraglio disegnare, per esprimere esattamente la sua idea, un oggetto perfettamente sferico, non doveva parlare nè di un arancio nè di una palla: ha dunque scelto l’imagine di una pera: osserviamo che non si tratta di una pera oblunga od ovale, ma di una pera totalmente rotonda, «toda muy redonda,» eccettuato nella parte aderente al peduncolo «salvo alli donde tiene el pezon.» L’idea del rigonfiamento equatoriale è così chiara nello spirito di Colombo, che determina il tratto geodetico della sua formazione: dice che questa elevazione non è prodotta da un rialzo improvviso della terra in quella regione, nè vuolsi credere casuale, ma deriva da lungi, procurata e derivata da una progressione insensibile, lo che suona perfettamente esatto.

Dalla scoperta del rigonfiamento equatoriale, Colombo procede più innanzi nella scienza: si sforza di riconoscere il carattere storico di quella regione. Come se avesse ammesso questo principio della filosofia alemanna «la terra è la profezia della storia,» cerca quale può essere la destinazione di una plaga così differente da quelle che ha percorse, o che hanno descritto i viaggiatori. Essendo quel paese il più vicino al cielo, per conseguenza stato rischiarito e scaldato prima d’ogni altro dai raggi del sole, Colombo domanda a sè stesso se quella sublime elevazione, se quell’amenità di temperatura non indicano l’antico soggiorno del primo uomo, il paradiso terrestre? non dice di aver trovato il luogo di questo soggiorno di delizie, ma suppone che, al punto culminante del rigonfiamento equatoriale, deve trovarsi quel luogo, a cui nessun uomo potrebbe, dice, aggiugnere senza il permesso divino4. E ciò che [p. 21 modifica]ne lo persuade è quel fiume gigante il cui immenso volume d’acqua non può essere paragonato ad alcuno de’ sin allora conosciuti. Egli presume che questo fiume sì potente da addolcir l’acqua del mare ad una tanta distanza dalla riva, è uno dei quattro fiumi che sgorgano dal paradiso terrestre, e di cui è parlato nella Scrittura.


§ II.


Due membri dell’accademia delle scienze, uno a Parigi, l’altro a Berlino, hanno ingratamente scherzato sulla credenza di Colombo al paradiso terrestre. Noi non crediamo che vi sia ragione d’avvilire questo grand’Uomo per tale congettura, allora ragionevole, e motivata. Lorchè rimanevano tuttavia da scoprire quasi due terzi del globo nulla indicava che non si troverebbe il paradiso terrestre. Colombo non apparteneva alla scuola razionalista e naturalista della moderna filosofia: credeva con fede viva e implicita ciò che insegna la Chiesa cattolica; non dubitava punto dell’esistenza del paradiso terrestre. Collocando la regione equatoriale al di sopra dell’abitato dalle razze umane, era cosa naturale pensare ch’ella non fosse stata, come il dominio dell’uomo, posta a soqquadro dalle acque del diluvio, rimanendo intatta dopo il trascorrer de’ secoli come a’ primi giorni. I teologi, i dotti del medio evo supponevano, secondo l’espressioni della versione dei Settanta, il paradiso terrestre situato nella parte più orientale dell’Asia: ora, essendo la terraferma agli occhi di Colombo il principio dell’Oriente, egli poteva molto ragionevolmente pensare di aver rinvenute le regioni vicine al paradiso terrestre. L’induzione di Colombo, trovasi essere più ragionevole della opinione generalmente ammessa allora sul paradiso terrestre: egli ricorda che gli uni lo avevano collocato alle sorgenti del Nilo in Etiopia, altri alle isole Fortunate; che sant’Isidoro, Beda, Strabone, sant’Ambrogio, ecc., si accordano a dirlo in Oriente5; quanto a lui confessa di non [p. 22 modifica]aver mai trovato negli scrittori greci e latini indicazioni precise a questo risguardo; mentre i nuovi influssi de’ cieli, delle acque, della terra, e quella elevazione, e quel fiume senza pari gli parevano corrispondere meglio all’opinione di un siffatto luogo di delizie.

Dopo Colombo, un viaggiatore famoso, Amerigo Vespucci, pensava anch’esso che il paradiso terrestre fosse posto in quella regione: disse che deve trovarsi in cosiffatti dintorni, «se nel mondo è alcun paradiso terrestre.» Nessuno degli storici spagnuoli ha trovato argomento di beffe e facezie nella dotta congettura di Cristoforo Colombo. Gomara, Herrera, Delrius, Acosta, Casaneus, Maluenda discussero molto seriamente questa idea. Il gran giureconsulto delle Indie, Solorzano, trova, che, considerando la serenità di quella regione, la sua dolce temperatura, la sua perpetua primavera, se non le si dà nome di paradiso terrestre, le si deve dare almeno quello di giardino di delizie, di Valle di Tempe, di campi elisei, e via via6. Washington Irving si è qui mostrato più giusto di Humboldt. «I dotti, dic’egli, nel silenzio e nella tranquillità del gabinetto, sopra tutto adesso che la scienza non avventura nulla, e si appoggia a fatti positivi, possono sorridere di queste imaginazioni; ma esse erano confermate dalle congetture dei filosofi più eruditi di quella età7

Qualunque fosse l’errore di Colombo intorno al paradiso terrestre, la perspicacia delle sue induzioni compensa largamente l’arrischiato de’ suoi supposti. Non si potevano cavare da quanto aveva scoperto deduzioni più larghe delle sue. I suoi giudizi [p. 23 modifica]sulle cose presenti o apparenti, quantunque ancora sconosciute, sono sempre appoggiati a fatti cosmografici ed a considerazioni profonde.

Vedendo quell’immensa massa d’acqua dolce scaricata da un fiume, Colombo giudica che se questo fiume non discende dal paradiso terrestre, esso deve avere necessariamente un corso lunghissimo, quindi procedere da una terra immensa, situata al mezzogiorno, e sulla quale mancavano sin allora le notizie. Navarrete è costretto di convenirne: «questa riflessione dice, persuase l’Ammiraglio che quella era la terraferma.» Come al raddolcimento dell’acqua del mare aveva riconosciuto il fiume che non vedeva, così dalla potenza del fiume aveva dedotta la sua lunghezza, da questa la estensione della terra, e dall’estensione della terra il carattere geografico del suolo: non poteva essere un’isola, dunque era un continente.

Da quel punto il rivelatore del globo sentì di avere toccato una terra, della quale l’Europa non aveva per anco avuta contezza8: dunque egli non credeva più di essere in Asia, ma sopra un continente sconosciuto.

Colombo aveva additato il nuovo mondo.

Come alla qualità dell’acqua aveva indovinato il carattere della terra, così al movimento de’ flutti aveva indovinato una delle leggi generali del globo, il gran fiume dell’Oceano, la corrente equatoriale. Egli affermava che le acque del mare si muovono come i cieli, d’Oriente ad Occidente9; ciò ch’è l’opposto del movimento della terra, da Occidente in Oriente. Egli affermava altresì che in quelle regioni meridionali il procedimento del fiume oceanico trovavasi accelerato; perocchè il giorno stesso della Madonna d’agosto, festa della patrona dei mari, fra l’ora della Messa e quella di Compieta, si erano fatte con fiacco vento [p. 24 modifica]sessantaquattro leghe marine. Egli attribuiva a questo rapido movimento, la dislocazione dell’isola della Trinità, la quale aveva dovuto dianzi far parte del continente; e lo stato attuale di numerose isole. In appoggio della sua opinione additava la configurazione generale delle isole del mar Caraiba; tutte orientate nel medesimo senso; tutte ad un modo allargantisi da ponente a levante, e dal nord-ovest al sud-est; per lo contrario restringentisi dal nord al sud-est, dov’era riconoiliabile la corrosione prodotta dalla corrente oceanica10.


§ III.


Durante questo viaggio in cui l’Ammiraglio aveva scoperto tante cose in sì breve tempo, dal primo al diciotto agosto, il suo ingegno si rivelò superiore alle sue scoperte, e vide infinitamente più coll’intelletto che collo sguardo. Ciò che abbracciò collo sguardo è un nulla a raffrontarlo colla ampiezza delle sue intuizioni. Quest’uomo, oppresso da’ patimenti, quasi cieco, ha veduto e osservato ogni cosa obbiettivamente e subbiettivamente; la terra, le sue produzioni, la sua verzura; l’aria, la sua qualità, le sue influenze, la sua temperatura, la sua freschezza. Così, dunque, com’egli pensava prima di partire, questo viaggio intrapreso in nome della Santissima Trinità non era riuscito meno importante della sua prima spedizione. Egli riedeva avendo fatto la pacifica conquista di tre grandi verità, di tre fatti cosmografici per sempre utili alle scienze:

L’esistenza del Nuovo Continente;

ll rigonfiamento equatoriale;

La gran corrente oceanica.

La minore di queste tre scoperte avrebbe assicurata l’immortalità di qualsia uomo. A siffate rivelazioni delle grandi leggi [p. 25 modifica]del globo, si erano congiunti, moltiplicati dal suo genio, trovati strani, e preziosi per la scienza.

Colombo possedeva sin d’allora una certezza scientifica, non convalidata peranco da testimonianze nè da veruna osservazione, ma che non era per questo men sodamente stabilita nel suo spirito, che al di là della gran terra, donde scorreva cotesto immenso fiume, si estendeva nuovamente l’Oceano: lo sapeva; noi lo proveremo più innanzi; lo sapeva e lo aveva affermato.

Attraverso le infermità che gli sopraggiungevano, colpivanlo certe chiarezza improvvise, fecondate dalla potenza di Lui donde scende ogni lume ed ogni dono perfetto; sicchè intravvedeva molto più di quello che diceva.

L’importanza di questo terzo viaggio era già tale da intercludere la possibilità ad ulteriori grandi scoperte: il messaggero della croce non lasciava che poco da fare alle seguenti generazioni: la merce di lui, il mondo intero era oggimai aperto all’investigazione dell’uomo.

Si vuol notare che la relazione di Colombo sopra il suo terzo viaggio, cotanto comentata e censurata da certuni, non era stata studiata tranquillamente nel silenzio del gabinetto; sibbene improvvisata da rapida penna durante la navigazione: l’Ammiraglìo, giacente ammalato nella sua cabina, l’aveva dettata ad uno de’ suoi due segretari, Diego de Alvarado, o Bernardo di Ibarra. Questo documento scaturì di getto sotto la pressione di grandi pensamenti: la grande erudizione di Colombo vi spiccherebbe11, se il sapere non iscomparisse interamente dinanzi la grandezza della sintesi, la profondità delle rivelazioni, la novità degli aspetti offerti alla riflessione de’ contemporanei. Questo documento contiene prove che lo chiariscono composto durante il tragitto dalla Margherita all’isola Spagnuola. [p. 26 modifica]

§ IV.


L’Ammiraglio navigava direttamente alla volta di San Domingo , città che don Bartolomeo doveva aver fatto costruire durante la sua assenza. Ma le correnti e i venti dell’est lo trascinarono molto al dissotto; e quando credeva di entrar il porto nell’imboccatura dell’Ozama, si trovò dinanzi alla piccola isola Beata. Sulle prime l’Ammiraglio stupì di questo errore di calcolo; tuttavia la sua riflessione vi trovò in breve la prova e la conferma della sua scoperta della corrente oceanica. Temendo di essere per troppo lungo tempo ritardato dal vento contrario e dalla forza della corrente, mandò una scialuppa alla riva per trovare un indiano che s’incaricasse di portare attraverso i monti un messaggio all’Adelantado, e continuò a far vela verso il porto. Pochi giorni dopo vide una caravella che manovrava per raggiungerlo: era don Bartolomeo che accorreva con affettuosa impazienza: e, per verità, il suo attaccamento era più che mai necessario a Cristoforo. Dopo la sua partenza dalle isole del Capo Verde, l’Ammiraglio, divorato dalla febbre, travagliato dalla gotta, e preso dalla più dolorosa oftalmia, non aveva provato tregua a’ suoi lunghi patimenti: egli arrivava pallido, dimagrato, quasi cieco, bisognoso più che mai di dare riposo al corpo, e calma allo spirito; nondimeno, l’ingratitudine e il delitto, non dovevano permettergli un’ora di posa, e di quiete ristoratrice.

Già lo attorniavano triste notizie, nunzie di disinganni, presagi delle tribolazioni e delle prove che il gioielliere di Burgos aveva predette all’araldo della Croce.




  1. «Y fallé que no era redondo en la forma que escriben; salvo que es de la forma de una pera que sea toda muy redonda salvo alli donde tiene el pezon.» — Tercer viage de Cristobal Colon. — Coleccion de los viages y descubrimientos, etc., t. I.
  2. Humboldt, Cosmos, Saggio di una descrizione fisica dei Mondo, t. I, pag. 189.
  3. «O como quien tiene una pelota muy redonda, y en un lugar della fuese come una teta de muger alli puesta, y que esta parte deste pezon sea la mar alta é mas propinca al cielo,» — Tercer viage de Cristobal Colon.
  4. «Adonde no puede llegar nadie, salvo por voluntad divina.» — Tercer viage de Cristobal Colon.
  5. Algunos le ponian alli donde son las fuentes del Nilo en Etiopia...algunos gentiles quisieron decir por argumentos, que el era en as islas fortunatas que son las Canarias, etc. San Isidoro y Beda y Strabo, y el maestro de la historia escolástica y san Ambrosio y Scoto, y todos los sanos téologos conciertan quel Paraiso terrenal es en el Oriente.» — Tercer viage de Cristóbal Colon. — Ibid.
  6. «Todavia no se puede negar que considerada la templanza, y casi perpetua primavera de las mas estas provincias, merezcan sino el nombre de Paraiso, el de huerto de deleite ó las alabanzas del Tempe, Campos Eliseos, etc....» — Solorzano y Pereyra, Politica indiana, lib. I, cap. iv, § 4.
  7. Washington Irving, Storia della vita e dei viaggi di Cristoforo Colombo, lib. X, cap. iv.
  8. «Y creo esta tierra que agora mandaron descubrir Vuestras Altezas sea grandissima; y haya otras muchas en el Austro de que jamais se hoho noticia.»
  9. «Muy conoscido tengo que las aguas de la mar llevan su curso de Oriente á Occidente con los cielos.» — Tercer viage de Cristóbal Colon.
  10. «Y por esto han comido tanta parte de la tierra porque por eso son acá tantas islàs, y ellas mismas hacen desto testimonio, porque todas á una mano son largas de Ponionte á Levante, etc....» — Tercer víage de Cristóbal Colon.
  11. In questo dettato Colombo cita occasionalmente e senza neppur pensare all’erudizione di cui dà saggio: le Sacre Scritture, la Storia Romana, Tolomeo, Strabone, Sant’Ambrogio, Beda, Sant’Isidoro, Scott, Nicola di Lira, Averroe, Aristotele, Seneca, il cardinal Pietro d’Ailly, Sant’Agostino, il libro d’Esdra, Francesco di Mairones, ecc.