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UGO ANCONA Professore all'Istituto Tecnico Superiore di Milano

La galleria del Sempione Con illustrazioni.

MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1905. La Galleria del Sempione. Conferenza detta alla Società del Giardino di Milano, al teatro Goldoni a Venezia, ed al Politeama Rossetti a Trieste UGO ANCONA Professore all'Istituto Tecnico Superiore di Milano

La galleria del Sempione

MILANO FRATELLI TREVES, EDITORI 1905. La Galleria del Sempione

Signore e Signori, Nella storia nebulosa delle epoche passate, dove la luce della ragione non dissipa il fantasma dell'immaginazione, sorgono spesso leggende di santi e d'eroi che ci giungono cinte di gloria e cantate dai poeti. Talora la critica spietata dissolve il nembo che le avvolge mettendone a nudo la meschina realtà, ma nuove leggende nascono e s'infiorano, poichè il feticismo per pochi uomini scaltri, ingegnosi o fortunati, ha sempre sedotto ed innamorato le maggioranze, poichè la fantasia ha sempre servito con eguale disinvoltura tanto la verità quanto l'errore. Ond'è che nel giudicar gli uomini a distanza di secoli, a traverso il prisma della passione, noi siamo spesso tratti in in- ganno ; nè vale a distogliercene l'icerto bagliore che vi proietta lo studioso. Invece nell'esame oggettivo dei fatti, delle conquiste tangibili dell'uomo sull'arte, sullo spirito, sulla natura, noi siamo più sicuri ed equanimi. Queste conquiste dicono ciò che i popoli furono o sperano d'essere, tracciano la via dell'umanità, la quale pure ascendendo rotta ed insanguinata, pure seminando il cammino d'innumerevoli vittime, lascia dietro a sè tutta una fulgida serie di monumenti solenni, testimoni fedeli delle grandezze passate. Pensate alla civiltà Romana, che consideriamo come una gloria nostra, che per tanti secoli espresse nel mondo il suo pensiero vivace e verace, che fu, la più grandiosa estetica ed universale, e dico universale poichè i Romani legiferavano pel mondo intero, nel mondo intero volevano introdotte leggi e costumanze. Orbene di questa aspirazione continua al dominio dei popoli, così ricca di gesta e d'eroi, noi conosciamo e giudichiamo meglio i monumenti e le leggi anzichè gli uomini, anzichè Cesare, Augusto o Virgilio. D'altra parte fu nella materialità delle cose e della vita un progresso ora lento ora rapido, sempre continuo, che l'anima. umana non ha mai seguito, o ha seguito a sbalzi, a intermittenze, eternamente dilaniata e dibattuta fra errori ed orrori. E' perciò che la nostra vita materiale non ha alcun punto di contatto coll'antica, mentre la vita morale la rispecchia sotto tanti aspetti. È perciò che la storia registra a lunghi intervalli gli stessi fenomeni psichici tanto che, ad esempio, al principio del secolo scorso un tiranno geniale poteva ripetere le stesse gesta cruente compiute tremila anni prima dai tiranni egiziani. Gli indici più sicuri di ogni civiltà noi li troviamo adunque non negli uomini, ma nelle cose, nei monumenti che esse innalzano per la posterità più lontana. Così è della civiltà nostra. Essa è l'ultima : la civiltà del lavoro ! Ha trovato il lavoro relegato nei bassi strati sociali retaggio maledetto dei servi e degli schiavi, e lo ha innalzato, lo ha nobilitato, ne ha fatto il cardine massimo di tutta la vita sociale ; l'ingegno moderno sceso all'officina a traverso l'università vi ha. infuso un lievito scientifico purissimo che ne ha aumentata a dismisura l'efficacia e l'importanza. Dalle gallerie, dalle cattedrali, dagli archivi, dai monumenti, è uscita al contatto vivificante delle forze naturali, ha instaurato una nuova vita più gagliarda, più potente, ha raggiunto una intensità maestosa e complicata, ha inspirato un fervore di novità più intenso e soggiogante dei scomparsi fervori dell'arte e della religione. Senonchè questa nostra civiltà così fine e delicata dove pulsa il fremito delle più meravigliose audacie, è civiltà dinamica, di moto, ed il moto si produce si riproduce ma non si conserva; civiltà industriale che l'industria evolve non cristallizza; civiltà produttiva che il prodotto consuma non accumula. Onde la sua trionfante energia è in evoluzione incessante, ed i suoi fiori più belli, i suoi frutti più maturi, nascono vivono e muoiono in breve volger di tempo, per dar luogo a nuovi fiori sempre più belli, a nuovi frutti sempre più maturi. Noi lo vediamo, o signori, in tutto ed in tutti, ed io non so resistere alla tentazione di rammentare un caso occorso ad un mio amico alla recente esposizione di Saint-Louis. Un americano gli osservava con orgoglio, che la cupola del Salone delle feste, era maggiore della cupola di San Pietro in Roma. Rispose l'amico mio: E sia; però la marmorea cupola già vetusta di secoli rimarrà al suo posto per molti secoli ancora, trionfo suggestivo dell' arte italiana, mentre la vostra cupola di legno e di gesso sarà morta e sepolta fra pochi mesi. E l'americano di rimando : Tanto meglio, così dopo ne costruiremo un'altra più grande e più bella. La risposta americana sintetizza questo carattere precario delle nostre manifestazioni materiali, che sembra tanto più spiccato là dove la civiltà è più evoluta. Di questa civiltà, la sintesi più completa è la grande nave moderna che traiamo dai forni roventi dove ribolle l'acciaio. Ma questa nave che è vasta come un'isola,che è popolosa come una città è destinata ad una vita effimera. Dopo dieci o vent'anni — se fosse italiana dopo quarant'anni — sarà fatalmente distrutta e tornerà materia costitutiva al forno rovente a fondersi e ricomporsi in novello organismo. E l'industriale che erige l'opificio nuovo fiammante, forse che non anela il giorno in cui potrà raderlo al suolo affinchè dai ruderi sorga un nuovo opificio più perfetto ed efficace? Che cosa rimane, che cosa rimarrà nei secoli del fiume maestoso di prodotti e d'opere in- dustriali ogni giorno, ogni ora rigonfio dalle officine pazienti e diligenti? Ben poco o quasi nulla. Ed invero questa civiltà che ha reso la 'vita una combustione .continua, che è preda di una smania costruttrice ad un tempo onde non edifica che per abbattere, non ha tempo nè voglia nè attitudine (alle grandi e lente integrazioni dei monumenti granitici, che resistendo all'infaticata azione dei secoli testimonieranno di noi nel 'più lontano avvenire. Questi monumenti sono rari ed hanno tutti o quasi tutti un carattere comune : sono nuove vie aperte alla dinamica sociale, nuove arterie del flusso e riflusso intenso ed eterno di uomini, di idee, di cose fra popoli e continenti lontani ! La storia di questi pochi monumenti che innalziamo per l'eternità è una storia moderna. Comincia alla metà del secolo scorso con due opere insigni : il canale di Suez, la ferrovia del Pacifico; si completa nella fine del secolo con una serie breve ma gloriosa di trionfi, e si corona ,oggi coll'opera che ogni altra maestosamente soverchia, fra tutte forse la più efficace, certo la più difficile : la Galleria del Sempione. Le origini più lontane delle gallerie, le troviamo nella remota antichità. Dicono gli storici antichi di gallerie sotterranee costruite dagli Egizi, dagli Assiri, dagli Ebrei, ed. Erodoto narra di una galleria costruita da Nabucodonosor il fastoso imperatore Babilonese vissuto 600 anni prima di Cristo. La quale sottopassando il letto dell'Eufrate doveva congiungere il suo palazzo col tempio del Sole. Ma senza risalire a Messer Nabucodonosor, troviamo nei Romani esempi mirabili di gallerie, alcune delle quali oggi ancora in attività. Fra tutte notevole la galleria del Fucino, lunga 5 chilometri costruita dall' Imperatore Claudio sotto l'Appennino, per scaricare nel fiume Liri il lago di Fucino, un lago geologicamente chiuso, ossia senza uno sbocco onde scaricare la piena delle acque. Secondo Dione Cassio quest'opera arditissima fu diretta dall'architetto Narciso e compiuta in undici anni da trentamila lavoratori. L'emissario non funzionò mai regolarmente nonostante i restauri di Trajano, d' Adriano, d'!Alfonso I d' Aragona, e più tardi del principe Colonna, ma rimase la maggior galleria dell'antichità del medio evo e dell'evo moderno fino ai giorni nostri. Alla metà del secolo scorso un italiano ardito e possente, il principe Alessandro Torlonia di Roma, riprese lui solo l'opera d'un imperatore Romano, e ne fece l'apostolato della vita tanto che rimase celebre il suo motto : o io asciugo il Fucino, o il Fucino asciuga me. Torlonia compì l'opera nel 1869, vi spese quaranta milioni, e chi rimase all'asciutto fu il lago. Un'altra galleria Romana notevole è quella di Napoli — voi tutti la conoscete — che si trova sulla strada di Pozzuoli. Questa galleria lunga un chilometro, che attraversa il contrafforte di Posillipo, è! attribuita ad Augusto. Oggi ha una forma strana coi suoi portoni alti 25 metri per lasciar entrare liberamente la luce, e col frontone verso Napoli sorreggente la tomba o la pretesa tomba di Virgilio. Avanzi di gallerie Romane, testimoni fedeli di loro illuminata potenza, sono un po' dapertutto; così alcuni ingegneri francesi alcuni anni or sono trovarono presso Bougie nelle vicinanze di Algeri, i ruderi d'una galleria che fu poi attribuita ad Antonino Pio. Infine i tronchi di galleria degli acquedotti di Roma, di Lione, e di Nimes sono ,ben noti ed ammirati. La caduta dell'Impero segnò il principio di una secolare decadenza nella costruzione delle gallerie; ed in ,quel lungo periodo ove tutto spirava mollezza ed avversione allo spirito conquistatore imperiale, le gallerie furono ridotte a quelle oggi ancora esistenti fra chiese, chiostri e conventi. Solo alla fine del secolo decimosettimo quando un'ondata di modernità sembrò aleggiare in Europa, i lavori furono ripresi con rinnovata lena, agevolati dall'avere appreso l' uso della polvere esplosiva. L' esplosivo segna il principio di una rivoluzione nell'arte di costruire gallerie ; al lavoro di mazza e di scalpello lento e penoso fu sostituito il lavoro di mina, più facile, più sicuro e sovratutto più veloce. L'esplosivo il quale a traverso le sue successive forme di polvere nera, di cotone fulminante, di nitroglicerina e di dinamite, andò rapidamente diffondendosi, è la prima origine delle gallerie moderne, ne è la sorgente più intima. Senza esplosivi le nostre maggiori gallerie non sarebbero state immaginabili e tanto meno attuabili. Sempre alla fine del decimosettimo secolo si tentò la costruzione di gallerie a traverso terreni sabbiosi. È infatti a notarsi che le gallerie dell'antico sono tutte aperte in terreni compatti come il tufo, le roccie e simili, e che la galleria in terreni sabbiosi è molto più difficile così a costruirsi come a mantenersi. Nel ferro il buco si mantiene, nella sabbia tende ad ostruirsi; e se gli sovrasta una grave massa, la tendenza ,è tale, la spinta onde s'esercita così grande, che soltanto coi mezzi moderni, si può resistervi; le forze che il monte sprigiona si burlano delle rigide travi di ferro, e dei più robusti pali di legno, li ripiegano, li contorcono quali pagliuzze, e la galleria non può mantenersi che corazzandola, rivestendola cioè di uno strato spesso di materia resistente metallica o muraria. Al principio del secolo scorso si osò per la prima volta di scavare una galleria a traverso un colle sabbioso e quindi molto spingente. Fu pel canale di San Quintino presso Tronquoi; una galleria larga 8 metri, lunga più di un chilometro, e completamente rivestita. L'esito brillante della quale incoraggiò a costruirne altre, ed infatti in quel tempo, oltre alle gallerie in roccie compatte pei valichi carrozzabili dello Spluga, del San Bernardino, dello Stelvio, ecc., si costruirono molte gallerie in terreni teneri e frananti, il più delle volte per la condotta di canali. Fra tutte degna idi nota quella sotto il Tamigi a Londra, costruita da Brunel in 16 anni dal 1825 al '41, lunga 400 metri soltanto, ma che costò 10 milioni per le difficoltà, d'esecuzione, e per le molteplici irruzioni del Tamigi a danneggiare i lavori. E' questa la più antica delle tre gallerie che sottopassano il Tamigi a Londra; dal 1865 è adibita al servizio ferroviario, ed attraversata da 100 treni giornalmente. Poco dopo cominciava a diffondersi la ferrovia. La quale doveva dare un nuovo e formidabile impulso alla costruzione delle gallerie, rendendole necessarie in tutte le condizioni geologiche, in lunghezze dianzi neppur sognate, in dimensioni molto accresciute, e lo sviluppo tu così rapido, che le gallerie non furono più considerate come opere semi-miracolose ma passarono nel novero dei problemi tecnici arditi ma comuni. Le prime gallerie ferroviarie furono costruite dal 1826 al '30 da Stephenson per la linea Manchester-Liverpool; ad esse seguirono quelle di Germania nella linea di Colonia - Aquisgrana (Koln - Aachen) costruite nel '37 e quelle di Francia di Saint -'Germain e di Versailles del medesimo anno. Le prime gallerie ferroviarie italiane sono della linea Napoli - Capodimonte costruite nel 1810. Poi la diffusione è tale che non è più possibile seguirle. Aumentarono rapidamente la lunghezza, e sovratutto la facilità di costruzione e la sicurezza d'esercizio. Ed in quel progresso vertiginoso della tecnica che spunta fecondo e inesorabile alla metà del secolo scorso, già matura un ardimento eroico: il traforo del Cenisio, tunnel alpino lungo 12 chilometri. Il Cenisio è un punto luminoso nella storia delle gallerie : non solo perchè fu la prima galleria lunga più di 10 chilometri, ma perchè vi nacque la perforatrice meccanica, la quale integrandosi coll'esplosivo forma il carattere e l'origine vitale delle gallerie moderne. Il vantaggio della perforatrice meccanica risulta evidente a chi considera che la preparazione dei fori da mina richiede la massima parte del tempo e della spesa; meccanizzandola la si rende più economica, più sollecita, sollevando una volta per tutte l'operaio dal lavoro faticoso nella penosa angustia d'una fronte d'attacco. Le prime perforatrici efficaci le dobbiamo a due italiani Piatti e So mmelier, due traforatori del Cenisio, che la sperimentarono in quel monte. Non potrei qui nè spiegare l'azione delle perforatrici meccaniche, nè seguirle nel loro sviluppo ; a dimostrarne l'efficacia, anche nella loro forma primitiva, dirò che pel traforo del Cenisio si erano preventivati 25 anni di tempo; adottata regolarmente la perforazione meccanica, esso fu compiuto in 12 anni. Poi le perforatrici andarono anch'esse rapidamente perfezionandosi e divulgandosi, ed è notevole la coincidenza che nacquero e progredirono coi cannoni a retrocarica. Ma mentre il cannone, gingillo indispensabile ma strumento di morte, fu oggetto d'infinito amore e coprì di gloria i suoi inventori onde andarono celebri Krupp, Maxime, Hotchiss, la perforatrice, strumento di vita, passò quasi inosservata e lasciò nell'ombra i suoi artefici Piatti, Sommelier, Ferroux e Brandt. Eterno fatale destino delle cose umane, onde la maggiore somma di gloria e di luce non si raccoglie mai sulle più degne ! Armati d'esplosivi dilanianti la roccia, e di perforatrici dal ritmo veloce e gagliardo, il forar montagne divenne un lavoro comune. Le Alpi stesse dovevano cedere e cedettero; queste Alpi superbe ed inviolate poste in mezzo all'Europa ad inceppare la circolazione degli uomini proprio la dove è più intensa, furono trafitte al cuore, da molti valichi alpini. Seguirli tutti non è possibile, e non , offrirebbe interesse speciale, onde ho raccolto nella tabella seguente le dimensioni massime di quelli che superano i dieci chilometri, tutti forati nelle Alpi. Sono i tunnels del Cenisio e del Gottardo notissimi, e quello dell'Arlberg sulla linea ferroviaria che staccandosi da Innsbruck si dirige a Budlenz ed al lago di Costanza. Cenisio Gottardo Arlberg Sempione Lunghezza in metri 12.849 14.984 10.240 19.770 Altezza del culmine sul mare in metri 1294,7 1154,6 1310,6 704,2 Pendenza massima per mille 22 5,8 15 7 Altezza massima del monte sul tunnel, metri 1654 1706 720 2135 Altezza massima del monte, metri 2949 2861 2030 2840 Temperat. massima della roccia in gradi c° 29,5 30,8 18,5 55 Anno dell’inaugurazione 1870 1880 1884 1905

Il Cenisio, il Gottardo e l'Arlberg sono a doppio binario; il Sempione è — come vedremo — costituito da due tunnels a semplice binario. Queste gallerie massime sono seguite, in ordine di lunghezza, da quella ormai famosa dei Giovi lunga m. 8300 sulla Novi-Genova inaugurata nell'899, e dalla galleria americana di Hoosaac (Massachusett, S.U.) contemporanea del Cenisio, oggi ancora la maggiore galleria degli Stati Uniti. Dopo tali opere ci credemmo maturi pel Sempione ! Ma il Sempione riserbava tali e tante difficoltà che il suo compimento segua un radioso trionfo, non solo per la lunghezza della galleria, non solo poi suoi caratteri particolari, ma ancora e più di tutto per difficoltà a traverso le quali fu strappato alla natura. Le Alpi occidentali sono attualmente attraversate da due grandi valichi ferroviari: il Gottardo che è una comunicazione diretta fra l'Italia, la Svizzera e la Germania, ed il Cenisio che unisce l'Italia alla Francia. Ma queste vie non rappresentano nè l'una nè l'altra la minima distanza fra l'Italia ed il nord della Francia o l'Inghilterra. Se sopra una carta geografica si conduce una retta fra Calais e Milano — per essere più esatto dovrei dire, se sovra un mappamondo si conduce fra quei punti una geodetica — la retta o la curva attraversano la catena delle Alpi in prossimità del Sempione. L'importanza d'un valico alpino in quel punto, pei rapporti italo-francesi, fu sempre rito- nosciuta, e noi troviamo anche qui l'orma poderosa del genio e della potenza napoleonica, nella strada imperiale del Sempione fra Iselle e Briga, che l'Imperatore faceva costruire dal 1800 al 1805. Le distanze fra Parigi e Milano secondo le linee del Cenisio, del Gottardo, e del Sempione di prossima apertura sono: Via Torino-Cenisio km. 1040 con valico a m. 1295 Via Gottardo-Lucerna km 995 con valico a m. 1157 Via Sempion-LosannaLos km 885 con valico a m. 700 (1014) La nuova linea raccorcia il cammino di 100 chilometri circa ; ad essa corrispondono però due valichi l'uno a 700 metri a traverso il Sempione é quindi molto basso; l'altro (in parentesi) a 1011 metri a traverso il Jura, troppo alto ed in condizioni sfavorevoli come vedremo poi. Quando nel 1857 fu cominciato il traforo del Cenisio, si pensò subito al Sempione, ed attorno all'ardita iniziativa germogliarono molti progetti nessuno dei quali doveva giungere a maturità, all'infuori di uno che ebbe anzi un principio d'attuazione per parte d'una Compagnia francese fallita prima del 1870. Chi percorre la linea ferroviaria da Gravellona a Domodossola scorge nella valle del Toce degli avanzi abban- donati che sembrano ruderi d'un acquedotto Romano; sono avanzi della prima linea di raccordo al Sempione cominciata dalla Compagnia francese. Il progetto che vincendo gravi difficoltà e diffidenze doveva raggiungere la meta, fu studiato dalla ferrovia Svizzera Jura-Sempione ed eseguito dalla Società Brandt-Brandau e C.°, con sede in Winterthur della quale facevano parte l'amburghese Ing. Brandt, morto nel 1899 alla direzione dei lavori nel cantiere d'Iselle, i fratelli Sulzer di Winterthur, notissimi fabbricanti di motrici a vapore, e la Banca di Winterthur. Ed era il progetto inspirato a concetti moderni e grandiosi, espressi dalla bassezza del tunnel che attraversava le Alpi a soli 700 metri, ed. è quindi molto lungo, e dalla sua doppia, sezione. L'altezza di un valico alpino ne determina il carattere e le attitudini; si noti infatti che la forma d'una montagna essendo all'incirca quella d'un cono, un foro nel cono, ossia un tunnel, è tanto più lungo quant'è più basso o più lontano dal vertici,; parrebbe quindi conveniente di tenere il tunnel alto onde divenga corto ed economico. Ma non è. Poichè il tunnel alto richiede rampe d'accesso pendenti che le gran- di arterie internazionali non consentono; le rampe pendenti sono per queste arterie come un microbo roditore clic senza ucciderle, ne impedisce l'espansione e l'efficacia, e le condanna ad una vita rachitica. Per combattere questo microbo il Sempione è basso, è anzi l'unico valico che attraversa le Alpi a soli 700 metri mentre gli altri le attraversano a più di mille, ed è qui che s'origina la sua, grande lunghezza. Oltre pila quale esso ha una sezione affatto nuova e caratteristica. E' costituito da due tunnels ad un binario; è un tunnel doppio. Il vantaggio di questa disposizione sta nel poter cominciare e completare nn solo tunnel: dell'altro si fora soltanto il cunicolo d'avanzata, che durante i lavori è adibito ai servizi ausiliari, alcuni dei quali proseguono anche durante l'esercizio. Quando il primo tunnel sarà insufficente all'aumentato traffico — il che si verifica a breve scadenza poichè nei valichi alpini la realtà supera ogni più rosea previsione — allora si completa anche il secondo senza interrompere il traffico. D'onde maggior comodità nella costruzione, e maggior sicurezza nell'esercizio, poichè invero i tunnels sono due, tra loro raccordati da gallerie trasversali. Si chiamano semplicemente il N.1 ed il N.2; il primo sarà totalmente finito; il secondo sarà forato in sezione ridotta di metri 3,20 per metri 2,50. Quanto al profilo longitudinale, è a doppia inclinazione come nella maggior parte dei tunnels; da entrambi gli imbocchi sale leggermente verso il centro onde forare in salita, il che facilita. lo scolo delle acque ed il trasporto dei materiali di scavo. Le pendenze sono piccole: il 2 per mille verso Briga, il 7 verso Iselle che è un po' più bassa di Briga. Nel culmine v'ha un tratto orizzontale di 5 0 0 metri che sarà completato sin d'ora anche nel tunnel 2.0 e servirà all'incrocio dei treni. Stabiliti questi concetti che facevano del Sempione un'audacia storica, nel 1893 la Compagnia Jura-Sempione firmava un contratto preliminare colla società costruttrice che si impegnava a costruire completamente il tunnel N° 1 per la somma di 55 milioni di franchi, ed in 6 anni di tempo, forando del secondo il solo cunicolo d'avanzata. Si impegnava altresì a finire il 2° tunnel per l'importo di 15 milioni, quando ne avesse l'incarico entro quattro anni dal compimento del primo. Notiamo a confronto che il traforo del Gottardo che si sperava di compiere in 8 anni ne richiese a con una spesa di 50 milioni. Il Cenisio — assai più corto come appare dalla tabella — richiese 13 anni e 75 milioni. Il tempo così corto fissato al Sempione era giustificato dai più perfetti e potenti mezzi di perforazione, dalle più sagaci ed efficaci installazioni ausiliarie, e dal-la speranza di non trovare difficoltà eccessive. Una commissione internazionale aveva infatti dichiarato che il traforo non avrebbe presentato difficoltà eccessive — nonostante l'insolita e pericolosa lunghezza — nè per terreni. frananti, nè per acque infiltranti, nè per temperature eccessive. Il monte s'incaricò di smentirla, poichè in nessun tunnel s'ebbero difficoltà così gravi e numerose come nel Sempione. Ignari della loro gravità, nel settembre 1898 si dava fidenti il primo colpo di piccone; ed il piccone era affidato a mani salde e coraggiose !.

Il traforo di un monte si prepara come l'assedio d'una fortezza. L'esercito dei lavoratori si accampa alle falde ed attacca il nemico ai due lati; qualche volta con un movimento aggirante lo attacca anche ai fianchi, ma nelle grandi gallerie ciò è ben raro. Prima di cominciare le ostilità si preparano. le armi, le perforatrici, agili e robusti fioretti d'acciaio che nella roccia scaveranno il nido. micidiale dell'esplosivo. Per dar vita e moto e luce al campo d'assedio, occorre una intensa energia che la montagna offre spesso colle cadute d'acqua. Così tanto a Briga come ad Iselle, le turbine idrauliche animate là dal Rodano e qua dalla ,Diveria, illuminano la galleria, muovono uomini, perforatrici, materiali, affilano le punte dei fioretti, danno insomma ovunque e sempre l'infaticata forza materiale. La mente direttiva, la guida del tarlo roditore che a poco a poco roderà tutto un filo del monte sta fuori;, è lo stato maggiore dell'esercito sul quale stende l'ala protettrice onde s'inoltri fidente, ed. ordinato, contro l'ignoto, contro il pericolo sempre latente, spesso idrizzantesi minaccioso. Il lavoro non s'interrompe mai; nelle viscere del monte tutti i giorni, tutte le ore sono eguali, è sempre ora di lavoro, di vita intensa e febbrile; l'ora del riposo non esiste. Così il tarlo roditore prosegue l'opera sua per anni ed anni, nè l'interrompe che forzato, da difficoltà novelle, vinte le quali lo riprende con rinnovata iena. Gli operai sono divisi in squadre. L'avanguardia è al posto d'onore, alla fronte d'attacco come la chiamano, e lavora colle perforatrici e cogli esplosivi. Essa è esposta ai pericoli ed alle sorprese, s'avanza verso i capricci talvolta crudeli della natura; conquista, progredisce, e completa il cunicolo d'avanzata che è l'embrione del tunnel. A qualche distanza segue la squadra degli allargatori, che riprende il lavoro allarga il cunicolo, con pozzi e camini, con cunicoli di testa e lo porta alla sezione definitiva. Infine un'ultima squadra, la retroguardia, completa le opere accessorie, il rivestimento, lo scolo delle acque, ed arma il tunnel con un binario provvisorio che entra subito in servizio. Per ben comprendere le difficoltà dell'organismo a pulsazioni così complicate, bisogna pensare che per l'unico imbocco debbono entrare e condursi all'attacco in fondo in fondo, a parecchi chilometri, uomini, attrezzi refrigeranti, aria, acqua, e che sulla stessa via debbono muoversi contro corrente altri uomini, altri attrezzi ed il materiale scavato. Il servizio logistico va studiato con esattezza, e si svolge con treni obbedienti ad un orario inflessibile, muoventisi con esattezza spesso ignota alle nostre ferrovie, trainati da piccole locomotive ad aria compressa dove l'aria dopo aver funzionato si scarica e contribuisce alla ventilazione del tunnel. Ritardi non esistono, nè potrebbero verificarsi senza grave incaglio. Vincere la complicazione del servizio, provvedere e prevedere a tutto, affilare nuove armi, curare la salute e l'igiene dell'operaio, soddisfarne e contenerne le aspirazioni, rinfrancare lo spirito abbattuto dalle lunghe tetre giornate flagellate dalla pioggia, sollevarlo nei ritorni stanchi e dolorosi, confortarlo nei tentativi falliti, imprimere all'immane meccanismo un moto regolare e tranquillo, con unità di vedute, con cuore imperterrito e con mano che non trema, tutto ciò è un complesso spaventoso di difficoltà, un numero infinito di problemi da risolvere, è un'ansia continua che assorbe l'animo, e si mescola ad. ogni pensiero, e turba ogni piacere ed attraversa ogni sogno. Se poi avvengono incidenti o disgrazie, allora le difficoltà si trasformano minacciose in disastri latenti ed imminenti, allora il traforo diventa una lotta titanica, una guerra spietata, senza tregua, a traverso pericoli che passano a un filo dal ca po, allora è nei lavoratori il sentimento d'una, lontananza immensa del mondo, dell'impossibilità d'ogni umano soccorso, e nei capi l'ardua impresa di combatterlo colla forza d'una coscienza sicura, con 'quella fiducia irresistibile che fora le montagne, che divide i mari, che crea l'avvenire ! Così si svolse il traforo del Sempione. Le grandi difficoltà incontrate si riassumono nelle sorgenti d'acqua, nelle elevate temperature, e nelle terre spingenti o frane. I geologi aveano predetto che data la natura, delle roccie, non si sarebbero trovate abbondanti polle d'acqua, ma, che tuttavia per misura prudenziale il tunnel N.° 2 doveva predisporsi a canale di scolo. Senonchè la natura, non rispettò la geologia ufficiale, anzi dopo il 4.° chilometro — dalla parte italiana — la smentì sfacciatamente. Parve che il monte ritirasse le sue acque per concentrarle e gettarle irruenti sull'audace aggressore; da 20 polle vomitò il monte circa mille litri al secondo — un fiume — un fiume d'acqua in pressione, un getto d'acciaio liquido. Si parlò di 100, di 150 e persino di 200 atmosfere di pressione, ed il pericolo e la difficoltà furono grandi quando si dovettero convogliare queste acque nel secondo tunnel che invasero in tutta la larghezza. Dal settembre del 1902 l'acqua non cessò, non subì vere magre, variando la puntata da 600 a 1000 litri; sembra che si scarichi un mare, ma il più strano si è che la provenienza di quest'acqua non è ancora nota, onde l'Impresa dovette costruire un canale sussidiario lungo quattro chilometri, destinato stabilmente a convogliare queste acque all'imbocco Sud, e per quest'opera straordinaria ha convenuto un compenso speciale che si aggirerà sulle L. 800 000. La seconda difficoltà, non nuova, ma in condizioni ed in misura nuova e spaventevole, provenne dalle temperature. E' noto che scendendo nelle viscere della terra la temperatura aumenta; la legge dell'aumento dipende dalla natura del terreno che s'incontra, dalle condizioni geologiche, ed è ignota; una media empirica molto grossolana è che l'aumento sia di un grado con- tigrado ogni 35 o 40 metri di profondità naturale quindi che nei trafori dei tunnel, si trovino delle temperature tanto più elevate quanto. maggiore è l'altezza della sovrastante montagna, e la legge empirica indicata darebbe ad esempio una temperatura di circa 50 gradi centigradi con un'altezza sovrastante di 2000 metri. Ripeto, nulla di sicuro; di sicuro non v'è che l'aumento quindi la prospettiva di alta temperatura, donde la necessità di efficaci mezzi refrigeranti. I geologi calcolavano che al Sempione la temperatura non dovesse oltrepassare i 44 centigradi, invece dalla parte Svizzera, sotto il punto culminante si giunse a 52 centigradi. Simili temperature costituiscono uno scoglio terribile. Esse abbassano l'energia fisica e morale di ogni più ,ardita e resistente fibra, la volontà. s'infrange, la forza svanisce in una prostrazione dei sensi e dello spirito, che rende il lavoro impossibile o almeno inefficace. Non si può, resistere che poche ore, talvolta due ore, un'ora. forse, d'onde un ricambio continuo d'operai altrettanto difficile quanto dispendioso. Condizioni così gravi si riscontrano a bordo dei piroscafi dove i fuochisti lavorano a 40 talvolta anche a 45 centigradi. Ma la facilità del ri- cambio, l'idea della frescura sulla tolda vicina, la maggiore comodità dei movimenti ed il minore pericolo, conforta il fuochista nella rude alimentazione del mostro marino. Non così il minatore. Anch'esso ha la frescura, anzi le nevi perenni ed il ghiaccio sul capo, ma tra il capo ed il ghiaccio vi sono due chilometri di roccia.... Contro il calore non c'è che un mezzo; bisogna asportarlo mediante refrigeranti che sono aria fredda ed acqua fredda iniettate, spruzzate nell'ambiente; vengono di lontano dalle pompe e dai compressori e debbono circolare rapidamente poichè la sosta le riscalda e ne diminuisce l'efficacia. Al Sempione la perforatrice usata è del tipo Brandt. Essa funziona ad acqua, compressa e l'acqua che ne esce dopo avere agito contribuisce al raffreddamento, assieme all'aria fredda, ed all'acqua fredda spinta dalle pompe ; non solo ma con un dispositivo molto ingegnoso si riuscì a spruzzare nell'aria la stessa acqua delle perforatrici a bassa temperatura. Ciò non ostante, quando nell'ottobre scorso, dalla parte di Briga dopo aver superato il culmine si cominciò a forare in discesa, le nuove polle d'acqua furono sì calde ed abbondanti, che si dovette abbandonare lo scavo proseguendo soltanto dal lato italiano. La terza difficoltà caratteristica dei tunnel, e che anch'essa doveva presentarsi col più truce aspetto, è la pressione delle rocce. Anch'essa dipende dallo spessore degli strati sovrastanti, e dalle forze interne che vi agiscono altrettanto ignote quanto variabili. Alla grande pressione si resiste con un vero imboscamento del cunicolo d'avanzata, onde poi costruire murature robuste, archi rovesci dello spessore di uno o più metri, dimensioni queste degne dei maggiori monumenti romani. Ma la difficoltà diventa minacciosa se il terreno frana. Allora la montagna cede, si ribella; non vuoi saperne della' puntura di spillo, ne chiede il solco. Allora i robusti pali di legno posti a sorreggere e sorreggersi sono contorti e travolti e spezzati. Così fu al Sempione. Visto che nella roccia, dura e compatta l'acciaio forava e la dinamite lacerava, il monte cercò la forza nella debolezza, si fece polveroso, franoso, e cercò di seppellire il nemico. Furono specialmente 40 metri in quelle condizioni, sempre dal lato italiano, ma trattennero gli invasori, che dovettero ricorrere al gran metallo : l' acciaio. Si fecero dei grandi quadri d'acciaio, enormi, della sezione del cunicolo d'avanzamento, si monta- rono rigidamente l'uno ben stretto all'altro, e tra essi si fuse del calcestruzzo, del cemento; insomma il cunicolo fu corazzato a prova di bomba, con una corazza di cinquanta centimetri. Ed in tal modo si avanzò, ed il tunnel fu completo con muri da fortezza dello spessore di due ,metri, con archi rovesci, e gran colate di calcestruzzo. Questi quaranta metri costarono in danaro un milione, ed in tempo sei mesi. A traverso questo calvario il lavoro procedette regolarmente; cominciato nel settembre del 1898 fu compiuto il 24 febbraio 1905, dopo aver strappato alla montagna un milione di metri cubi di roccia,, ed avere esplose quasi mille e cinquecento tonnellate di dinamite. Le due squadre avanzanti nel monte l'una contro l'altra, sembravano guidate da un genio preciso e sicuro, ad un incontro perfetto e prestabilito. Fu il genio la mirabile triangolazione del prof. Rosemund di Zurigo, che compì le misurazioni indirette, e determinò la lunghezza e l'asse di direzione del tunnel. Misurare indirettamente la distanza di due punti fra essi invisibili significa ottenerla dalle loro distanze da altri punti fra essi visibili; è un metodo comune di misure geodetiche ed astronomiche, perfezionato così da ottenere sicurezza e precisione mirabili. La lunghezza del tunnel forato, fu trovata maggiore di un metro e sessanta centimetri di quella calcolata dal Bosemund, ed i due assi di avanzamento ebbero al momento d'incontro, uno spostamento verticale di 25 centimetri. Ma la gioia del momento agognato, il giusto trionfo di un risultato così mirabile, l'esplosione di un'ansia fatta più intensa dalla lunga attesa, tutto ciò fu contristato, poichò la vecchia montagna domata anch'essa dalla vecchia stirpe, in un ultimo guizzo della verginità e della potenza perduta volle due vittime di più; caddero due ingegneri sul trionfo di loro arte.

E la spesa? Di fronte a tante difficoltà all'interesse ed all'ammirazione di tutto il mondo tecnico, si vide un fatto nuovo. Il Governo svizzero succeduto alla Jura-Sempione nell'esercizio della ferrovia, accordava durante il lavoro un aumento di circa 5 milioni sulla somma pattuita. Caso ben raro, se non unico, nella storia di grandi lavori, e nei rapporti finanziari fra Governi e costruttori. La società costruttrice avrà : Per le installazioni ausiliarie agli imbocchi del tunnel ad Iselle ed a Briga L. 8 400 000 Pel tunnel N. 1 completo e rivestito, e pel tunnel N. 2 forato in sezione ridotta L. 48 723 000 Per un canale stabile di scarico d'acqua dalla parte italiana onde convogliare ad Iselle le acque sgorganti al chilometro 4.° L. 700 000 Pel completamento del tunnel N. 2 L. 19 500 000 Totale L. 77 323 000

Con alcune opere accessorie la somma salirà ad ottanta milioni. Non molto, o signori, per un'opera grandiosa cd efficace come questa, opera mondiale fra le più feconde e vitali che abbia partorito la poderosa attività umana, destinata ad accrescere sempre più la somma delle ricchezze c dei soddisfatti bisogni. Ottanta milioni? E' all'incirca il costo di tre corazzate russe torpedinate dai Giapponesi! E sino ad ora ne hanno torpedinate sette !... Finito il gran tunnel l'arteria non sarà matura ai suoi alti destini, se non si risolverà con larghezza di vedute la grave questione dei raccordi. Il valico è un anello ; l'anello d'oro della grande catena al quale vanno ribaditi altri anelli onde l'influsso benefico giunga senza intoppi nei centri ricchi e popolosi che l'attendono ansiosamente. I raccordi dell'imbocco sud, sono nostri, tutti nostri, e li abbiamo già costruiti ed in tempo. Questa volta siamo giunti bene e senza ritardi ; sarà strano sin che si vuole ma è così Il raccordo principale con Milano, ossia la linea, Arona-Stresa-Domodossola-Iselle, una linea che sta ormai salda, superba e conscia del suo brillante e fecondo avvenire, funziona regolarmente. Vi si allaccia ad Arona il raccordo piemontese Arona-Borgomanero-Santhià che non sembra destinato a grande traffico, perchè il grosso filone si dirigerà certamente a Milano, l'invidiata calamita delle più intense correnti di moto e di lavoro. La questione può quindi considerarsi come risolta. Più grave e complicata è quella dei raccordi nord, poiché il tunnel sbocca a Briga, nella Svizzera, lo stato tampone ove s'intrecciano le cupidigie degli stati maggiori d'Europa. Come si aprirà la linea del Sempione? Colla linea Briga - San Maurizio - Losanna - Pontarlier - Digione. La quale non dà una, soluzione definitiva, poichè nel tronco ,da Losanna a Franes è inadatta a divenire mia via a traffico intenso. Quel tronco nei suoi più rosei sogni non sperava certo di trovarsi in pieno secolo ventesimo parte integrante di un'arteria internazionale come la linea Milano-Parigi; ha un vizio d' origine che non è possibile mutare ; attraversa la catena del Jura ad altezza troppo elevata (metri 1014) ed ha pendenze troppo forti ; ha ingenito il microbo che impedisce alla linea di espandersi, di irrobustirsi. Una reti ifica tra Franes e Wallorbes, ossia nel tronco che attraversa il Jura, sarà in breve eseguita ma non basterà. E' una soluzione radicale che s'impone, ed ecco scendere in campo, l'un contro l' altro armato, due cantoni Svizzeri: quello di Berna e quello di Ginevra, ognuno propugnando il proprio progetto, e pronto a di-ìfenderlo a colpi di milioni, giacche i cantoni Svizzeri — beati loro — possono combattere con quest'arma moderna che conquista il mondo. Berna vuole una linea a traverso le Alpi Bernesi che la unisca direttamente con Briga; Ginevra vuoi congiungersi a Lons-le-Saunier a traverso la Faucille onde la linea del Sempione sboccando a Briga si diriga su Ginevra — per la strada sinistra del Lago — e si congiunga a Le Saunier e quindi a Digione. Entrambi progetti grandiosi ! Quello di Berna si sdoppia anzi in due ; il primo è un gran tunnel a traverso il Lótschberg che unirebbe Briga a Thun, onde approfittare del tronco esistente Thun-Berna; il secondo il più radicale e sembra anche il preferito — con un gran tunnel sotto il Wildstrubel unirebbe direttamente Briga e Berna senza toccare Thun, con una linea nuova, tutta nuova, con pendenze minime, che dovrebbe nascere come arteria internazionale. Se il cantone di Berna sarà vittorioso, il Sempione farà capo a Basilea, ed allora da Basilea partiranno i due più importanti valichi alpini; il Sempione e il Gottardo. E si vedrà una nuova mirabile concorrenza dei valichi alpini! Anche per essi l'ora fatale è suonata, anche per essi comincia la lotta per l'esistenza e per l'ascesa, la lotta che monda l'organismo da ogni tara e lo fa più fresco e gagliardo. A questa lotta il Sempione — ultimo arrivato e meglio corazzato — è più pronto e sicuro, poichè è più basso, e del Gottardo non ha le affaticate pendenze. Non ha del ,Gottardo le ansanti salite, ed i tunnels elicoidali, che voi tutti rammentate, ond'è raggiunto il valico alto, le salite dove il mostro d'acciaio fremente, sudante e sbuffante si trascina avvolto da una nebbia in cui la forza par che dilegui. Comunque, gloria a voi, lotte solenni, nei culmini più elevati dell'accessibile, gloria a voi sapienti cumuli di ferro, fumidi e neri lanciatori di faville che siete gli strumenti più fecondi della vita moderna, gloria a queste sante, ed umane battaglie del progresso, donde rintrona il mare e la terra ed i combattenti escono non stanchi e stremati, ma rinvigoriti e sicuri!

Ed ora, giunto al termine di questa conferenza io sento vivissimo un desiderio. Il desiderio d'esprimere ogni più larga ammirazio- ne ai traforatori del monte, ai generali della grande battaglia che colla virtù del proposito mantennero viva la fiamma della fede a tra-verso pericoli ed insidie continue. Vi sono, o Signori, nella vita dei momenti, dei luoghi, delle circostanze nelle quali l'urto del fato infrange il menzognero involucro dell'anima umana, e la scopre qual'è, quale l'hanno plasmata l'eredità, e la natura, buona o malvagia, nobile o vile, nelle quali la maschera eterna del convenzionalismo si strappa o si dilegua. Così nella tempesta dell'oceano se il pericolo incalza, nel fragore della battaglia se la morte aleggia d'intorno, sulle candide vette alpine dove non sale l'ipocrisia della pianura, così nei grandi cimenti dell'uomo colla natura. Come il chimico giudica ed analizza i corpi scrutandone il contegno nel provino di vetro dei reagenti, così il filosofo giudica ed analizza gli uomini scrutandone il contegno in queste circostanze che sono il provino psicologico dei caratteri. Ed il filosofo registra una mirabile vittoria nel traforo del Sempione. Pensate. Da un lato l'uomo, microbo intelligente, frutto intellettuale d'ansie, di studi, di tentativi infiniti nati e maturati nei secoli; Sig- frido temperante l'acciaio nelle finezze della scienza e del lavoro. ,Dall'altro, una montabgna che avventa al cielo la smisurata superbia, piramide dorata dai riflessi bianchi e soavi che affascina lo spirito, rinvigorisce il corpo; piramide imperiale, dominatrice non doma, tremenda, feroce, inesorabile contro chi ne intacca la granitica compagine ! Il campo di battaglia è in fondo in fondo, nelle viscere del monte; in quel buio d'inferno e di notte privata d'ogni pianeta sotto povero ciel le mine scoppiano menando orribile strazio nelle viscere del colosso, ed il colosso ferito si sveglia dal secolare letargo, scuote l'amorfa massa, risponde e si difende gettando sugli assalitori ora un torrente d'acqua che li travolga ed anneghi, ora un getto bollente che li bruci od ustioni, ora una enorme frana che li atterri e seppellisca. Ma gli assalitori son pronti alla riscossa; non vacillano, non tremano, poichè li investe il sentimento della sicurezza, poichè sanno che fuori del monte v'ha chi veglia su loro, ed affila nuove armi, e prepara nuove insidie, poichè li attende un padre amoroso che asciuga ogni lacrima e conforta ogni dubbioso. Tale l'opera nobilissima dei traforatori del Sempione, capitani generosi, lieti nel sagrifizio che in una battaglia combattuta giorno per giorno, ora per ora durante sei anni consecutivi lasciarono 'sul terreno nove cadaveri, nove morti soltanto, là dove il Gottardo volle quasi cento vittime ! Tale la gloria purissima del Sempione; non effimera gloria di bagliori splendenti su laghi di pianto e di sangue, ma gloria umana, santa e secolare! Carlo Brandan e compagni sono esempio suggestivo della massima Lessoniana volere è potere. Ma la volontà è una leva, e come tutte le leve ha bisogno di un punto d'appoggio, dell' ubi consistam d'Archimede, senza di che non varrebbe a sollevare neppure un moscerino. Brandau ha cercato ed ha trovato il punto d'appoggio negli affetti umani, poichè mosse e proseguì impassibile e sicuro, colla fronte illuminata dal raggio dell'ideale, coll'animo compreso dal sentimento del dovere, col cuore rigonfio di quella religione dell'amore che è più durevole del dogma, più sacra del culto, che è divina come Iddio ! Signore e Signori, Un poeta popolare in un sonetto assai noto, ammonisce una giovane sposa di ricordarsi dei morenti e dei malati nel gaudio di una festa. Così vorrei io finire ammonendovi di ricordarvi dei traforatori del Sempione. Quando, o gentili signore, quando attraverserete il gran passo in un comodo e lussuoso vagone inebbriante di luce, ripensate a questi lavoratori. Per lunghi anni essi hanno drizzato ogni arte, ogni parola, ogni consiglio a scavarvi un cammino nelle viscere della montagna; per lunghi anni vissero fra grandiose tristezze di febbri e di lagrime, combatterono non per delirante divampar di passioni, ma per sentimento abitudinario del dovere, affinchè gli agi vostri fossero accresciuti. Voi, signori, che qui m'ascoltate, pensate che se l'intelligenza dà un certo senso di maggiori diritti, essa dà ancora maggiori doveri. Pensate che se l'intelligenza è una forza universale, v'ha un'altra forza universale non meno degna seppur più rude e grossolana, la forza perenne in- corruttibile del lavoro, l'artefice trionfante di questi monumenti che sono il suggello più nobile della nostra civiltà. Pensate che se l'intelligenza strappa ogni giorno una provincia all'ignoranza ed all'oscurantismo, è l'esercito dei lavoratori che ne traduce in atto ogni efficace risultamento. Inchiniamoci a questo esercito, che troppo spesso chiede indarno alla vita il lampo d'un sorriso, inchiniamoci non con sentimento di beneficenza, ma con sentimento di compiuto dovere, assegniamogli un posto d'onore nella festa del Sempione! Allora l'infaticata lancetta del tempo segnerà una data gloriosa sul quadrante dei secoli, e brillerà su di essa quel sole radioso della giustizia che rafforza e vivifica le anime come il sole del cielo rafforza e vivifica il seme !

Milano, marzo 1905. L'ingegnere Brandau. Imbocco verso Iselle Portale della galleria a Briga, sul versante svizzero. Il cantiere a Iselle. Il cantiere d'Iselle il giorno dell'inaugurazione. La colonna d'acqua termale presso l'imbocco d'Iselle. La squadra dell' "avanzata" che abbattè l'ultimo diaframma. La breccia del Sempione. Come una perforatrice Brandt prepara i buchi per le mine. Briga La nuova stazione a Briga. Balmanolesca, il villaggio dei minatori. I bagni dei minatori. Entrata del trenino inaugurale all'imboccatura d'Iselle. Uscita del treno dall'imbocco di Briga. La medaglia pel compimento del traforo.