Wikisource:Collaborazioni/SBM/testi/Biblioteca del Parco

BIBLIOTECA DEL PARCO COMUNE DI MILANO COMUNE DI MILANO BIBLIOTECA DEL PARCO A CURA DELLA BIBLIOTECA COMUNALE MONTETORDO Quando la beata età del triciclo e dei pattini a rotelle, condusse la nostra candida ignoranza alla scoperta del Parco e della sua montagna, il « Montetordo », nemmeno l'ombra del dubbio ci sfiorò: viale Alemagna era un latineggiante omaggio alla nazione tedesca, così come il vicino viale Elvezia era un latineggiante omaggio alla Confederazione Svizzera. E « Montetordo », per noi, non aveva padre: un povero orfano. Del resto, nell'errore induceva anche il fatto che il gemello, il « Montemerlo » dei Giardini Pubblici, si era fatto premura di ostentare il suo stato civile, con una lapide all'ingegner Balzaretti. Fu soltanto tornando al Parco in età più matura che mi avvidi dell'errore: la nostra Alemagna si chiamava Emilio, architetto milanese, elegante costruttore, critico d'arte e consigliere dell'Accademia di Brera. Egli presentò il suo progetto definitivo per il Parco nel 1888, soprattutto preoccupandosi di creare un buon colpo d'occhio, con un opportuno avvallamento, tra il Castello e l'Arco della Pace, e di movimentare la distesa di prati con una collinetta, appunto il « Montetordo », e un laghetto, fonte di notevoli polemiche per le sue acque non profumate. « Montetordo » ha compiuto, due anni or sono, il sessantesimo compleanno; festeggerà nel 1956 il settantesimo anniversario del suo concepimento. Anche in una città scarsa di riferimenti archeologici come Milano, questa giovinezza meraviglia. Una giovinezza tranquillissima, adatta alla sua natura, nel sonno pigro dei pensionati, nell'urlettare giocondo dei ragazzini. Ma i prenatali no: furono burrascosi molto. Quando, la sera dell' 8 gennaio 1886, l'ingegner G. B. Pirelli si alzò in Consiglio comunale per riferire i giudizi espressi dalla commissione, di cui era relatore, sul nuovo Piano Regolatore di Milano, si concludeva quasi un secolo, per non voler risalir oltre, di drammatici av- venimenti sul suolo che avrebbe ospitato il Parco Sempione e, con esso, « Montetordo ». La relazione dell'ingegner Pirelli era semplice e chiara, espressa in termini di estrema modestia, come tutto, del resto, in quel Milanin che si dismilanizzava con prudenza, più che con orgoglio. La conclusione del relatore « ... doversi accettare il progetto di creare una nuova piazza d'Armi al di là della stazione di smistamento, riducendo l'attuale, insieme con l'area del Foro Bonaparte, a giardino e a fabbricati », segnò l'atto di concepimento del Parco Sempione. Ma l'opposizione frattanto tentò di far prevalere la propria tesi, suscitando una vivacissima polemica, col dichiarare utopistiche « le idee di coloro che pensano e sperano potersi col tempo ridurre le aree delle piazze Castello e d'Armi a vasto giardino ». Essa sosteneva che la piazza d'Armi dovesse venir adibita a quartiere residenziale, spargendo il verde, che vi si voleva concentrare, nelle varie zone della città. Un serio pericolo di morire prima di essere nato, « Montetordo » lo corre nel 1796: cacciato dal Despinois, non senza fatica, il presidio austriaco comandato dal colonnello Lamy, il 29 giugno una deputazione milanese domandò al Bonaparte la demolizione del Castello « ultimo avanzo dell'antica tirannide ». Essi non tanto erano animati da rancori politici - nota Luca Beltrame in una delle sue molte « Storie del Castello » - quanto dal timore di essere nuovamente chiamati a pagarne le spese di ricostruzione. Tornato Napoleone in veste imperiale diede l'ordine invocato: « La cittadella di Milano sia demolita », ma i milanesi ci ripensarono, e saltò fuori Giovanni Antolini a progettare il « Foro Bonaparte ». Altro grosso pericolo, questo, per il nostro « Montetordo » la cui storia è ovviamente legata con ferreo filo al Castello Sforzesco. Si trattava di costruire una piazza rotonda, di 540 metri di diametro, avente al centro il Castello, opportunamente rifatto, e tutt'intorno edifici in stile classico, destinati a ospitare la Borsa, i Musei, Teatro, Terme. Si posò anche la prima pietra, il 30 aprile 1801, ma non si andò oltre. Nonostante l'entusiasmo del Governo Cisalpino, il Bonaparte non mostrò di gradire il progetto, pensando ai quattrini che si dovevano cavare. E l'economia salvò un'altra volta il nostro « Montetordo », che vide valorizzata la futura nascita col sorgere dell'Arco al Sempione e dell'Arena. La costruzione dell'Arena condusse accanto al futuro « Montetordo », la cui terra era ancora calcata a cadenza dagli stivali di queste o quelle truppe in esercitazione, uno dei maggiori centri di diverti- mento della città. Ascensioni in pallone, colossali banchetti, battaglie navali, fuochi d'artificio, corse delle bighe: il popolo gradiva e applaudiva. Il Parco era ormai finito (47 ettari, un milione e settecentomila lirette di spesa) quando il 6 maggio 1894 i sovrani arrivarono per l'inaugurazione delle Esposizioni Riunite, accolti dal coro di duecento fanciulle che eseguivano l' « Inno dell'Industria » scritto dal maestro Perelli. Proprio di fronte al « Montetordo » furoreggiava il « Water-Toboggan » battezzato « Cascata del Niagara »; tra Arena e Arco della Pace correva la ferrovia aerea e poco lungi si drizzava la Torre Stigler che l'Esposizione internazionale lasciò in eredità al Parco e che una guida del 1905 indica come « una specie di belvedere di ferro dall'alto del quale può godersi una splendida vista ». Del 1931-32 è la costruzione del Palazzo della Triennale, trasferita da Monza: e anche le Triennali continueranno l'uso dei lasciti, il più notevole dei quali è certamente la torre detta, dai tempi, littoria. Essa suscitò, nel 1933, una sotterranea polemica perchè, nonostante l'imperativo: « l'umano non deve superare il divino », rivelò a un'attenta misurazione di essere alta cinquantanove centimetri più della guglia della Madonnina. Altra polemica, su « Montetordo », aprì il monumento a Napoleone III: fu nel lontano dicembre del 1887 che il Consiglio comunale accettò l'offerta di un monumento all'imperatore e all'esercito francese « da collocare presso l'Arco della Pace ». Eseguito da Francesco Barzaghi, quando fu pronto il bel cavallone spaventò i partiti, che sulla collaborazione del Napoleon piccolo con Vittorio Emanuele II avevano opinioni discordanti. Il monumento rimase lungamente negletto: dal cortile del palazzo del Senato arrivò a coronare l'altura di « Montetordo » nel 1927. Per il resto, la storia di « Montetordo » è una storia, tutta lieta, di bambini, un ritmo di gioia. Nel quale si inserì, per qualche tempo, un ritmo di danza: quando la Ruskaja portò sulla collinetta la sua scuola, e fu come sottolineare, con la mano leggera dell'arte, la naturale grazia dell'infanzia. LE BIBLIOTECHE POPOLARI MILANESI Nel 1903 la Società Umanitaria, col concorso degli Enti Milanesi più direttamente interessati alla diffusione della cultura del popolo, fondò il Consorzio delle Biblioteche popolari, con contributi del Comune, della Cassa di Risparmio e della Camera di Commercio. Le prime quattro biblioteche si aprirono al pubblico nell'aprile del 1904, con un patrimonio librario di 15.000 volumi, saliti a 20.000 l'anno successivo. I lettori iscritti furono, in quel primo anno, 4950 con un totale complessivo di 60.000 prestiti in dodici mesi, di cui il 72 per cento a domicilio e il rimanente in sede, nella sala di lettura della Biblioteca centrale di via Ugo Foscolo, 5. Allo scoppio della prima guerra mondiale (1914) le sezioni erano otto, ma i successivi eventi bellici arrestarono il diffondersi e l'affermarsi delle biblioteche e solo a stento, dal 1915 al 1920, potè essere arginato il loro decadimento. Negli anni difficili che seguirono la cessazione delle ostilità, pure le Biblioteche popolari risentirono del disorientamento della Nazione; tuttavia, nel 1927, esse erano cresciute notevolmente di numero e soprattutto aveva aumentato la sua attività la « Sezione Centrale » anche a motivo della felice ubicazione. Nel 1932, in seguito alla istituzione dell'Ente Nazionale per le Biblioteche popolari e scolastiche al quale erano stati assegnati precisi compiti, il Consorzio fu purtroppo disciolto e le biblioteche, con gli uffici ed i servizi, passarono alle dipendenze della Civica amministrazione milanese che provvide, nel miglior modo consentito, perchè potessero svolgere una azione di cultura fra le varie categorie di cittadini: convenientemente arredate, ampliate e accresciute di numero, esse, fino al 1940, ebbero in media 15-16 mila prestiti mensili. Durante la seconda guerra mondiale parte di queste biblioteche andarono distrutte o disperse, mentre le sopravvissute, nel 1945, non erano più in condizioni di svolgere azione efficace fra i lettori perchè invecchiate, superate e deteriorate. Fu quindi necessario, limitatamente ai modesti fondi disponibili, riprenderne la ricostituzione, orientata verso la riattivazione delle vecchie sedi e più tardi verso formule più rispondenti alle accresciute necessità. Le biblioteche per tutti ripresero così il loro compito di cultura come prima e più di prima. Una biblioteca nuova nel 1946 fu aperta a Baggio nell'edificio scolastico, dopo che la popolazione aveva dimostrato di volerne fare un centro di cultura intellettuale e il luogo di convegno di tutta la borgata. Ma il vero rinnovamento delle biblioteche rionali incominciò nel 1950, non appena cioè la Civica amministrazione, sanate le più gravi ferite della guerra, potè impostare a bilancio le somme occorrenti; da allora, l'una dopo l'altra, le sedici biblioteche esistenti furono rinnovate nelle attrezzature e nei libri, e dove la ristrettezza della sede non permise di riservare ai fanciulli locali esclusivamente per essi (indipendenti cioè da quelli degli adulti), furono allestiti appositi cantucci con molti libri adatti alla preparazione o al diletto dell'adolescente perchè gli fosse consentito di continuare la bella abitudine alla lettura contratta a scuola, e di avvicinarsi gradatamente a quelle pubblicazioni che negli anni più avanti formeranno il suo viatico di giovane e d'uomo. Queste nostre biblioteche - è necessario dirlo - da qualche tempo sono oggetto di particolare considerazione da parte della Civica Amministrazione: l'ampiezza dei locali, l'arredamento, il prestito a domicilio e la lettura in sede, la preparazione dei bibliotecari, l'importanza della funzione, i risultati da conseguire, sono tutti problemi che hanno già trovato o stanno trovando una soluzione. La biblioteca vecchio tipo non è più gradita; il desiderio di una sala di lettura accanto al servizio prestiti a domicilio è divenuto necessità, e questo anche in dipendenza delle accresciute esigenze della popolazione dei rioni che aspirano tutti a una biblioteca propria dotata d'opere adatte alla generalità degli abitanti (alunni delle scuole medie, artigiani, operai specializzati, piccoli commercianti, apprendisti, impiegati, pensionati), cosicchè per studi o ricerche di poco conto gli abitanti dei quartieri non saranno più obbligati a raggiungere le grandi biblioteche di conservazione al centro della Città, con notevole risparmio di tempo. Anzi l'Amministrazione civica, appunto in vista di questo decentramento, ha fatto di più: ha approvato la divisione della città in settori di 30.000 abitanti, destinando a ciascuno una bibliote- ca in piccoli stabili appositamente costruiti e comprendenti, fra l'altro, un'ampia sala di lettura trasformabile all'occorrenza in sala di riunioni e conferenze. Questa del Parco, realizzata con grande gusto, ha tutte le caratteristiche di una Biblioteca Giardino, luogo di attrazione di parecchie categorie di cittadini e dei molti stranieri di passaggio per Milano. Per questi sono a disposizione, oltrechè il verde ed il sole, numerose pubblicazioni italiane tradotte in francese, inglese, tedesco e spagnolo, e soprattutto notiziari e guide artistiche di musei e gallerie, di mostre documentali e d'arte, di luoghi di soggiorno e cura, di rassegne industriali, artigiane e casalinghe, di competizioni sportive, di bellezze naturali e attrezzature alberghiere, di luoghi di passatempo e di divertimento. La Biblioteca del Parco è una realizzazione che onora Milano. Funzionale e artisticamente curata in ogni sua parte, essa costituisce un centro culturale di attrazione, sia per quelli che si soffermano nell'interno del Padiglione, sia per coloro che prendono posto all'esterno sulle panchine lungo le aiuole bordate di fiori, o all'ombra degli alberi annosi o sotto gli ombrelloni variopinti. IL PROGETTO ICO PARISI SILVIO LONGHI ARCHITETTI LUIGI ANTONIETTI INGEGNERE PROSPETTO SUL PIAZZALE RAPPORTO 1:200 PIANTA DELLA COPERTURA RAPPORTO 1 : 200 PIANTA DELLE ZONE DI SOGGIORNO RAPPORTO 1: 200 PIANTA DEI SERVIZI RAPPORTO 1: 200

SEZIONE TRASVERSALE RAPPORTO 1: 200 Il programma della X Triennale di Milano prevedeva nel Parco la presentazione di architetture contemporanee, che integrassero le esemplificazioni destinate all'interno del Palazzo dell'arte. Queste esemplificazioni dovevano uniformarsi ai due punti che erano a base del programma: 1° Il nuovo rapporto di collaborazione determinatosi tra il mondo dell'arte e quello della produzione industriale. 2° Confermare l'unità d'intenti e le possibilità di collaborazione fra l'architettura e le altre due arti plastiche. In conformità a questi concetti è stato scelto, fra numerosi altri temi proposti, anche quello solitamente chiamato « Community Center »; tema attuale, che si prestava meglio di ogni altro ad essere svolto nel Parco. Era evidente l'utilità e quasi la necessità, in questa zona verde, di un Padiglione di soggiorno aperto gratuitamente al pubblico. La Giunta Tecnica Esecutiva decise la costruzione di questo edificio con carattere permanente, scegliendo, come sua ubicazione, il Monte Tordo, località dominante il giardino e dove in passato sorgeva il « Trocadero » con funzioni pressochè analoghe. In queste opere di carattere permanente, come già avvenne per la V Triennale del 1933 quando fu costruita la Torre del Parco, il lavoro degli architetti, dei pittori, degli scultori, quello degli artigiani e il contributo degli enti industriali non viene disperso, come accade per le architetture effimere fondate quasi unicamente sui valori espositivi. La realizzazione del Padiglione di soggiorno venne proposta alla Cementeria di Merone, che aveva espresso il desiderio di partecipare alla X Triennale con un importante esempio delle attuali possibilità del cemente armato. La Cementeria di Merone accettò di costruire l'intera struttura del Padiglione e concordò con la Presidenza della X Triennale di offrirlo al Comune di Milano alla chiusura della manifestazione. Assieme all'incarico di progettazione, la Giunta Tecnica Esecutiva precisò le necessità funzionali ed ambientali dell'edificio: un ampio locale di soggiorno-lettura con biblioteca, un bar adiacente ma separato ed i servizi relativi. La costruzione avrebbe dovuto avere la massima trasparenza per non interrompere la continuità del verde, non avrebbe dovuto essere cioè di ostacolo visivo; avrebbe dovuto inoltre permettere dall'interno la completa veduta del giardino. Essenzialmente il problema architettonico era il seguente: tetto di cemento armato e pareti di vetro. La pianta venne determinata in funzione dell'estensione e della configurazione dell'area assegnata, secondo l'orientamento e la posizione rispetto al piazzale antistante ed in funzione della necessità di ottenere in minima superfice locali adiacenti fra loro, proporzionali alla prevedibile distribuzione del pubblico. La forma a settore di chiocciola, limitata all'esterno da un arco di circonferenza e all'interno da un tratto di spirale, risultò la più idonea: l'arco di circonferenza si adegua alla configurazione del muro di sostegno del Monte Tordo, orientato da levante a ponente; il tratto di spirale è rivolto a Nord, verso il piazzale; i segmenti terminali sono rispettivamente gli ingressi al soggiorno e al bar e risultano in corrispondenza delle due scalinate di accesso al piazzale. La distribuzione planimetrica è la seguente: zona periferica di transito, zona centrale di soggiorno-lettura e biblioteca, e, in prosecuzione di queste, la zona del bar che occupa la porzione minore terminale dell'area coperta. Il distacco fra zona di transito e zona di soggiorno è ottenuto con la sopraelevazione di quest'ultima, sopraelevazione che contiene, nel seminterrato, i servizi. La separazione fra soggiorno e bar è realizzata con una quinta di cemento armato, che è anche sostegno delle scale che portano ai sottostanti servizi. Tenuto presente il problema architettonico e considerate le esigenze alle quali l'edificio doveva corrispondere, si pensò ad una copertura inclinata, che presentasse l'altezza maggiore verso nord e l'altezza minore rivolta al corso del sole. Tale genere di copertura è idoneo a risolvere nel modo più semplice possibile i due problemi dell'illuminazione naturale e della visibilità dall'interno: infatti la zona di lettura, raccolta a nord attorno alla spirale interna, viene a trovarsi in corrispondenza dell'altezza maggiore della copertura, e riceve quindi luce sufficiente, senza avere il disturbo del sole; la zona periferica di transito, che è maggiormente esposta al sole, si trova invece in corrispondenza della parte più bassa della copertura. Questa diversità di altezza trova conferma nella diversità degli angoli visivi, dovuta al dislivello di quota tra il piazzale di Monte Tordo ed il resto del Parco. Una struttura tradizionale non sembrava corrispondere alle qualità statiche e tecniche del cemento armato. Venne quindi presa in considerazione una soluzione con struttura a superficie resistente, le cui capacità statiche fossero conseguenza della forma: si pensò ad una struttura a membrana corrugata, autoportante, e si concluse per una copertura a lastra continua con piegature radiali a stella, terminante in peduncoli che la distanziassero dal terreno: una struttura cioè staticamente sincera e tecnicamente efficiente. Tale forma spaziale, non sviluppabile nel piano, venne precisata sperimentalmente nei suoi elementi e nel suo insieme con successivi tentativi; dapprima con l'ausilio di fogli di carta opportunamente tagliati e ripiegati, poi con modelli in legno di balsa, finchè si raggiunse l'aspetto voluto. Ne risultò una struttura monolitica « resistente per forma », e nello stesso tempo una forma corrispondente alla funzione. Più tardi il calcolo confermò la possibilità e la stabilità di tale struttura. La copertura progettata appoggia sul terreno unicamente in dodici punti dell'arco di circonferenza, in corrispondenza del quale conserva una quota costante. La configurazione a spirale della zona centrale determina una variazione progressiva della lunghezza degli elementi radiali di copertura: l'aver conservato loro una pendenza costante ha permesso il proporzionamento volumetrico del padiglione, cioè a larghezza maggiore corrisponde altezza maggiore e viceversa; ed ha inoltre permesso una unificazione e semplificazione costruttiva. La pendenza costante ha pure determinato una analogia tra forma in pianta e forma nello spazio: al tratto di spirale corrisponde l'andamento elicoidale del bordo terminale superiore della copertura. Il cemento armato è stato mantenuto nel suo caratteristico aspetto così come è uscito dai casseri al disarmo. Qualunque rivestimento sarebbe stato superfluo come un'inutile, anzi dannosa, maschera ed avrebbe travisato il carattere dell'architettura. Del resto rimane ancora da dimostrare che il mattone o, ad esempio, la pietra siano esteticamente più efficienti del cemento. Per il completamento del Padiglione, tenuto presente il suo carattere popolare, si è seguito il criterio di adottare materie ed elementi che offrissero i vantaggi della robustezza e della semplicità massime e non richiedessero una manutenzione troppo onerosa. I serramenti, eseguiti con profilati di alluminio di serie, hanno scomparti di modeste dimensioni per facilitare l'eventuale sostituzio- ne dei cristalli in caso di rottura; i medesimi profilati hanno sezioni tali da offrire una sufficiente garanzia di durata e di robustezza: nell'alta vetrata in curva della zona centrale il serramento dispone di costolature idonee a sopportare l'azione del vento. Le porte d'ingresso sono in cristallo temperato. Il pavimento è di materia plastica su due toni di grigio. L'illuminazione artificiale è indiretta: dodici sorgenti luminose, scelte fra le apparecchiature di serie, sono situate nella parte cava dei peduncoli; le condutture elettriche sono in vista dove era possibile lasciarle; nella zona biblioteca sono sistemati apparecchi di serie per l'illuminazione diretta dei posti di lettura. Il riscaldamento e la ventilazione sono assicurati da apposito impianto. I servizi, nel seminterrato, comprendono la centrale termica, un locale deposito per il bar, guardaroba e servizi igienici per il pubblico, e un magazzino. L'arredamento del padiglione è costituito, per la maggior parte, di mobili di serie. Nella zona di lettura gli elementi sono: poltrone e sedie standard con rivestimento di materia plastica e lastex; tavoli per consultazione e scrittura con piani di noce e sostegni tubolari di ferro; banchi per la distribuzione di libri e riviste; scaffali con supporti rotanti per la biblioteca; un sedile in materia plastica con sostegni di alluminio corre lungo il perimetro sopraelevato, con funzione anche di parapetto. L'arredamento della zona di transito è costituito esclusivamente da gruppi di sedili mobili con minimo ingombro, realizzati in materia plastica con sostegni tubolari di ferro. L'arredamento della zona bar corrisponde agli stessi criteri di semplicità e praticità mantenuti in tutto l'edificio. Le materie usate sono: laminato plastico, cristallo, ferro e acciaio inossidabile. L'esterno del Padiglione è sistemato a verde; due viali di accesso, ortogonali agli ingressi, e una zona a disposizione del bar, sono lastricati in pietra. Questa architettura è il risultato della collaborazione fra architetti ed ingegneri, a cui si unirono, secondo il programma della X Triennale, pittori e scultori. Tale collaborazione è stata attuata con identità di vedute e di aspirazioni. Le decorazioni sono state eseguite dai pittori Bruno Munari e Mauro Reggiani e dallo scultore Francesco Somaini. La forma di questo Padiglione, nell'intento dei progettisti, non doveva essere altro - tenute presenti le attuali possibiltà del cemento armato - che lo specchio sincero della funzione alla quale l'edificio stesso era destinato: un « Centro comunitario » in un parco pubblico. LA REALIZZAZIONE [immagine] [immagine] [IMMAGINE] VEDUTA NOTTURNA DEL PADIGLIONE [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [IMMAGINE] INTERNO - ZONA SOGGIORNO-LETTURA BASSORILIEVO DELLO SCULTORE U. MILANI DECORAZIONI PITTORI MAURO REGGIANI BRUNO MUNARI SCULTORE FRANCESCO SOMAINI LA VITA [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] [immagine] Il Padiglione di Soggiorno, donato al Comune di Milano in occasione della X Triennale, è stato offerto dalla: S. p. A. CEMENTERIA DI MERONE Hanno contribuito con offerte di materiali: Soc. MONTECATINI - Milano profilati di alluminio Soc. SAINT GOBAIN - Pisa cristalli Soc. VIS - Milano porte in securit Soc. PAVIL di Ponte Lambro pavimenti in plastica AEROTECNICA MARELLI impianto di riscaldamento e ventilazione RICHARD GINORI - Milano rivestimenti in ceramica CERAMICA PICCINELLI - Mozzate pavimenti in greificato IDEAL STANDARD - Milano apparecchi sanitari Soc. MATERIALI REFRATTARI, Milano apparecchi sanitari Figli di AMEDEO CASSINA - Meda poltrone e sedie F.11i RIZZI - Cantù tavoli e biblioteche SPARTACO BRUGNOLI Cantù banco distribuzione libri EVERFLEX - Ponte Lambro tessuto in materia plastica Impresa Costruttrice del Padiglione Ingg. CASSI e LUPIERI - Milano Ditta Costruttrice dei serramenti S. C. O. V. I. - Milano INDICE 3 PRESENTAZIONE 5 MONTETORDO 9 LE BIBLIOTECHE POPOLARI MILANESI 13 IL PROGETTO 21 LA REALIZZAZIONE 37 LA VITA 0001.txt***********************************************

BIBLIOTECA DEL PARCO

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COMUNE DI MILANO


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COMUNE DI MILANO BIBLIOTECA DEL PARCO A CURA DELLA BIBLIOTECA COMUNALE


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MONTETORDO Quando la beata età del triciclo e dei pattini a rotelle, condusse la nostra candida ignoranza alla scoperta del Parco e della sua montagna, il « Montetordo », nemmeno l'ombra del dubbio ci sfiorò: viale Alemagna era un latineggiante omaggio alla nazione tedesca, così come il vicino viale Elvezia era un latineggiante omaggio alla Confederazione Svizzera. E « Montetordo », per noi, non aveva padre: un povero orfano. Del resto, nell'errore induceva anche il fatto che il gemello, il « Montemerlo » dei Giardini Pubblici, si era fatto premura di ostentare il suo stato civile, con una lapide all'ingegner Balzaretti. Fu soltanto tornando al Parco in età più matura che mi avvidi dell'errore: la nostra Alemagna si chiamava Emilio, architetto milanese, elegante costruttore, critico d'arte e consigliere dell'Accademia di Brera. Egli presentò il suo progetto definitivo per il Parco nel 1888, soprattutto preoccupandosi di creare un buon colpo d'occhio, con un opportuno avvallamento, tra il Castello e l'Arco della Pace, e di movimentare la distesa di prati con una collinetta, appunto il « Montetordo », e un laghetto, fonte di notevoli polemiche per le sue acque non profumate. « Montetordo » ha compiuto, due anni or sono, il sessantesimo compleanno; festeggerà nel 1956 il settantesimo anniversario del suo concepimento. Anche in una città scarsa di riferimenti archeologici come Milano, questa giovinezza meraviglia. Una giovinezza tranquillissima, adatta alla sua natura, nel sonno pigro dei pensionati, nell'urlettare giocondo dei ragazzini. Ma i prenatali no: furono burrascosi molto. Quando, la sera dell' 8 gennaio 1886, l'ingegner G. B. Pirelli si alzò in Consiglio comunale per riferire i giudizi espressi dalla commissione, di cui era relatore, sul nuovo Piano Regolatore di Milano, si concludeva quasi un secolo, per non voler risalir oltre, di drammatici av-


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venimenti sul suolo che avrebbe ospitato il Parco Sempione e, con esso, « Montetordo ». La relazione dell'ingegner Pirelli era semplice e chiara, espressa in termini di estrema modestia, come tutto, del resto, in quel Milanin che si dismilanizzava con prudenza, più che con orgoglio. La conclusione del relatore « ... doversi accettare il progetto di creare una nuova piazza d'Armi al di là della stazione di smistamento, riducendo l'attuale, insieme con l'area del Foro Bonaparte, a giardino e a fabbricati », segnò l'atto di concepimento del Parco Sempione. Ma l'opposizione frattanto tentò di far prevalere la propria tesi, suscitando una vivacissima polemica, col dichiarare utopistiche « le idee di coloro che pensano e sperano potersi col tempo ridurre le aree delle piazze Castello e d'Armi a vasto giardino ». Essa sosteneva che la piazza d'Armi dovesse venir adibita a quartiere residenziale, spargendo il verde, che vi si voleva concentrare, nelle varie zone della città. Un serio pericolo di morire prima di essere nato, « Montetordo » lo corre nel 1796: cacciato dal Despinois, non senza fatica, il presidio austriaco comandato dal colonnello Lamy, il 29 giugno una deputazione milanese domandò al Bonaparte la demolizione del Castello « ultimo avanzo dell'antica tirannide ». Essi non tanto erano animati da rancori politici - nota Luca Beltrame in una delle sue molte « Storie del Castello » - quanto dal timore di essere nuovamente chiamati a pagarne le spese di ricostruzione. Tornato Napoleone in veste imperiale diede l'ordine invocato: « La cittadella di Milano sia demolita », ma i milanesi ci ripensarono, e saltò fuori Giovanni Antolini a progettare il « Foro Bonaparte ». Altro grosso pericolo, questo, per il nostro « Montetordo » la cui storia è ovviamente legata con ferreo filo al Castello Sforzesco. Si trattava di costruire una piazza rotonda, di 540 metri di diametro, avente al centro il Castello, opportunamente rifatto, e tutt'intorno edifici in stile classico, destinati a ospitare la Borsa, i Musei, Teatro, Terme. Si posò anche la prima pietra, il 30 aprile 1801, ma non si andò oltre. Nonostante l'entusiasmo del Governo Cisalpino, il Bonaparte non mostrò di gradire il progetto, pensando ai quattrini che si dovevano cavare. E l'economia salvò un'altra volta il nostro « Montetordo », che vide valorizzata la futura nascita col sorgere dell'Arco al Sempione e dell'Arena. La costruzione dell'Arena condusse accanto al futuro « Montetordo », la cui terra era ancora calcata a cadenza dagli stivali di queste o quelle truppe in esercitazione, uno dei maggiori centri di diverti-


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mento della città. Ascensioni in pallone, colossali banchetti, battaglie navali, fuochi d'artificio, corse delle bighe: il popolo gradiva e applaudiva. Il Parco era ormai finito (47 ettari, un milione e settecentomila lirette di spesa) quando il 6 maggio 1894 i sovrani arrivarono per l'inaugurazione delle Esposizioni Riunite, accolti dal coro di duecento fanciulle che eseguivano l' « Inno dell'Industria » scritto dal maestro Perelli. Proprio di fronte al « Montetordo » furoreggiava il « Water-Toboggan » battezzato « Cascata del Niagara »; tra Arena e Arco della Pace correva la ferrovia aerea e poco lungi si drizzava la Torre Stigler che l'Esposizione internazionale lasciò in eredità al Parco e che una guida del 1905 indica come « una specie di belvedere di ferro dall'alto del quale può godersi una splendida vista ». Del 1931-32 è la costruzione del Palazzo della Triennale, trasferita da Monza: e anche le Triennali continueranno l'uso dei lasciti, il più notevole dei quali è certamente la torre detta, dai tempi, littoria. Essa suscitò, nel 1933, una sotterranea polemica perchè, nonostante l'imperativo: « l'umano non deve superare il divino », rivelò a un'attenta misurazione di essere alta cinquantanove centimetri più della guglia della Madonnina. Altra polemica, su « Montetordo », aprì il monumento a Napoleone III: fu nel lontano dicembre del 1887 che il Consiglio comunale accettò l'offerta di un monumento all'imperatore e all'esercito francese « da collocare presso l'Arco della Pace ». Eseguito da Francesco Barzaghi, quando fu pronto il bel cavallone spaventò i partiti, che sulla collaborazione del Napoleon piccolo con Vittorio Emanuele II avevano opinioni discordanti. Il monumento rimase lungamente negletto: dal cortile del palazzo del Senato arrivò a coronare l'altura di « Montetordo » nel 1927. Per il resto, la storia di « Montetordo » è una storia, tutta lieta, di bambini, un ritmo di gioia. Nel quale si inserì, per qualche tempo, un ritmo di danza: quando la Ruskaja portò sulla collinetta la sua scuola, e fu come sottolineare, con la mano leggera dell'arte, la naturale grazia dell'infanzia.


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LE BIBLIOTECHE POPOLARI MILANESI Nel 1903 la Società Umanitaria, col concorso degli Enti Milanesi più direttamente interessati alla diffusione della cultura del popolo, fondò il Consorzio delle Biblioteche popolari, con contributi del Comune, della Cassa di Risparmio e della Camera di Commercio. Le prime quattro biblioteche si aprirono al pubblico nell'aprile del 1904, con un patrimonio librario di 15.000 volumi, saliti a 20.000 l'anno successivo. I lettori iscritti furono, in quel primo anno, 4950 con un totale complessivo di 60.000 prestiti in dodici mesi, di cui il 72 per cento a domicilio e il rimanente in sede, nella sala di lettura della Biblioteca centrale di via Ugo Foscolo, 5. Allo scoppio della prima guerra mondiale (1914) le sezioni erano otto, ma i successivi eventi bellici arrestarono il diffondersi e l'affermarsi delle biblioteche e solo a stento, dal 1915 al 1920, potè essere arginato il loro decadimento. Negli anni difficili che seguirono la cessazione delle ostilità, pure le Biblioteche popolari risentirono del disorientamento della Nazione; tuttavia, nel 1927, esse erano cresciute notevolmente di numero e soprattutto aveva aumentato la sua attività la « Sezione Centrale » anche a motivo della felice ubicazione. Nel 1932, in seguito alla istituzione dell'Ente Nazionale per le Biblioteche popolari e scolastiche al quale erano stati assegnati precisi compiti, il Consorzio fu purtroppo disciolto e le biblioteche, con gli uffici ed i servizi, passarono alle dipendenze della Civica amministrazione milanese che provvide, nel miglior modo consentito, perchè potessero svolgere una azione di cultura fra le varie categorie di cittadini: convenientemente arredate, ampliate e accresciute di numero, esse, fino al 1940, ebbero in media 15-16 mila prestiti mensili. Durante la seconda guerra mondiale parte di queste biblioteche


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andarono distrutte o disperse, mentre le sopravvissute, nel 1945, non erano più in condizioni di svolgere azione efficace fra i lettori perchè invecchiate, superate e deteriorate. Fu quindi necessario, limitatamente ai modesti fondi disponibili, riprenderne la ricostituzione, orientata verso la riattivazione delle vecchie sedi e più tardi verso formule più rispondenti alle accresciute necessità. Le biblioteche per tutti ripresero così il loro compito di cultura come prima e più di prima. Una biblioteca nuova nel 1946 fu aperta a Baggio nell'edificio scolastico, dopo che la popolazione aveva dimostrato di volerne fare un centro di cultura intellettuale e il luogo di convegno di tutta la borgata. Ma il vero rinnovamento delle biblioteche rionali incominciò nel 1950, non appena cioè la Civica amministrazione, sanate le più gravi ferite della guerra, potè impostare a bilancio le somme occorrenti; da allora, l'una dopo l'altra, le sedici biblioteche esistenti furono rinnovate nelle attrezzature e nei libri, e dove la ristrettezza della sede non permise di riservare ai fanciulli locali esclusivamente per essi (indipendenti cioè da quelli degli adulti), furono allestiti appositi cantucci con molti libri adatti alla preparazione o al diletto dell'adolescente perchè gli fosse consentito di continuare la bella abitudine alla lettura contratta a scuola, e di avvicinarsi gradatamente a quelle pubblicazioni che negli anni più avanti formeranno il suo viatico di giovane e d'uomo. Queste nostre biblioteche - è necessario dirlo - da qualche tempo sono oggetto di particolare considerazione da parte della Civica Amministrazione: l'ampiezza dei locali, l'arredamento, il prestito a domicilio e la lettura in sede, la preparazione dei bibliotecari, l'importanza della funzione, i risultati da conseguire, sono tutti problemi che hanno già trovato o stanno trovando una soluzione. La biblioteca vecchio tipo non è più gradita; il desiderio di una sala di lettura accanto al servizio prestiti a domicilio è divenuto necessità, e questo anche in dipendenza delle accresciute esigenze della popolazione dei rioni che aspirano tutti a una biblioteca propria dotata d'opere adatte alla generalità degli abitanti (alunni delle scuole medie, artigiani, operai specializzati, piccoli commercianti, apprendisti, impiegati, pensionati), cosicchè per studi o ricerche di poco conto gli abitanti dei quartieri non saranno più obbligati a raggiungere le grandi biblioteche di conservazione al centro della Città, con notevole risparmio di tempo. Anzi l'Amministrazione civica, appunto in vista di questo decentramento, ha fatto di più: ha approvato la divisione della città in settori di 30.000 abitanti, destinando a ciascuno una bibliote-


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ca in piccoli stabili appositamente costruiti e comprendenti, fra l'altro, un'ampia sala di lettura trasformabile all'occorrenza in sala di riunioni e conferenze. Questa del Parco, realizzata con grande gusto, ha tutte le caratteristiche di una Biblioteca Giardino, luogo di attrazione di parecchie categorie di cittadini e dei molti stranieri di passaggio per Milano. Per questi sono a disposizione, oltrechè il verde ed il sole, numerose pubblicazioni italiane tradotte in francese, inglese, tedesco e spagnolo, e soprattutto notiziari e guide artistiche di musei e gallerie, di mostre documentali e d'arte, di luoghi di soggiorno e cura, di rassegne industriali, artigiane e casalinghe, di competizioni sportive, di bellezze naturali e attrezzature alberghiere, di luoghi di passatempo e di divertimento. La Biblioteca del Parco è una realizzazione che onora Milano. Funzionale e artisticamente curata in ogni sua parte, essa costituisce un centro culturale di attrazione, sia per quelli che si soffermano nell'interno del Padiglione, sia per coloro che prendono posto all'esterno sulle panchine lungo le aiuole bordate di fiori, o all'ombra degli alberi annosi o sotto gli ombrelloni variopinti.


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IL PROGETTO ICO PARISI SILVTO LONGHI ARCHITETTI LUIGI ANTONIETTI INGEGNERE


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PROSPETTO SUL PIAZZALE RAPPORTO 1:200


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PIANTA DELLA COPERTURA RAPPORTO 1 : 200


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PIANTA DELLE ZONE DI SOGGIORNO RAPPORTO 1: 200


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PIANTA DEI SERVIZI RAPPORTO 1: 200

SEZIONE TRASVERSALE RAPPORTO 1: 200


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Il programma della X Triennale di Milano prevedeva nel Parco la presentazione di architetture contemporanee, che integrassero le esemplificazioni destinate all'interno del Palazzo dell'arte. Queste esemplificazioni dovevano uniformarsi ai due punti che erano a base del programma: 1° Il nuovo rapporto di collaborazione determinatosi tra il mondo dell'arte e quello della produzione industriale. 2° Confermare l'unità d'intenti e le possibilità di collaborazione fra l'architettura e le altre due arti plastiche. In conformità a questi concetti è stato scelto, fra numerosi altri temi proposti, anche quello solitamente chiamato « Community Center »; tema attuale, che si prestava meglio di ogni altro ad essere svolto nel Parco. Era evidente l'utilità e quasi la necessità, in questa zona verde, di un Padiglione di soggiorno aperto gratuitamente al pubblico. La Giunta Tecnica Esecutiva decise la costruzione di questo edificio con carattere permanente, scegliendo, come sua ubicazione, il Monte Tordo, località dominante il giardino e dove in passato sorgeva il « Trocadero » con funzioni pressochè analoghe. In queste opere di carattere permanente, come già avvenne per la V Triennale del 1933 quando fu costruita la Torre del Parco, il lavoro degli architetti, dei pittori, degli scultori, quello degli artigiani e il contributo degli enti industriali non viene disperso, come accade per le architetture effimere fondate quasi unicamente sui valori espositivi. La realizzazione del Padiglione di soggiorno venne proposta alla Cementeria di Merone, che aveva espresso il desiderio di partecipare alla X Triennale con un importante esempio delle attuali possibilità del cemente armato. La Cementeria di Merone accettò di costruire l'intera struttura del Padiglione e concordò con la Presidenza della X Triennale di offrirlo al Comune di Milano alla chiusura della manifestazione. Assieme all'incarico di progettazione, la Giunta Tecnica Esecutiva precisò le necessità funzionali ed ambientali dell'edificio: un ampio locale di soggiorno-lettura con biblioteca, un bar adiacente ma separato ed i servizi relativi. La costruzione avrebbe dovuto avere la massima trasparenza per non interrompere la continuità del verde, non avrebbe dovuto essere cioè di ostacolo visivo; avrebbe dovuto inoltre permettere dall'interno la completa veduta del giardino. Essenzialmente il problema architettonico era il seguente: tetto di cemento armato e pareti di vetro. La pianta venne determinata in funzione dell'estensione e della configurazione dell'area assegnata, secondo l'orientamento e la posizione rispetto al piazzale antistante ed in funzione della necessità di ottenere in minima superfice locali adiacenti fra loro, proporzionali alla prevedibile distribuzione del pubblico.


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La forma a settore di chiocciola, limitata all'esterno da un arco di circonferenza e all'interno da un tratto di spirale, risultò la più idonea: l'arco di circonferenza si adegua alla configurazione del muro di sostegno del Monte Tordo, orientato da levante a ponente; il tratto di spirale è rivolto a Nord, verso il piazzale; i segmenti terminali sono rispettivamente gli ingressi al soggiorno e al bar e risultano in corrispondenza delle due scalinate di accesso al piazzale. La distribuzione planimetrica è la seguente: zona periferica di transito, zona centrale di soggiorno-lettura e biblioteca, e, in prosecuzione di queste, la zona del bar che occupa la porzione minore terminale dell'area coperta.


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Il distacco fra zona di transito e zona di soggiorno è ottenuto con la sopraelevazione di quest'ultima, sopraelevazione che contiene, nel seminterrato, i servizi. La separazione fra soggiorno e bar è realizzata con una quinta di cemento armato, che è anche sostegno delle scale che portano ai sottostanti servizi. Tenuto presente il problema architettonico e considerate le esigenze alle quali l'edificio doveva corrispondere, si pensò ad una copertura inclinata, che presentasse l'altezza maggiore verso nord e l'altezza minore rivolta al corso del sole. Tale genere di copertura è idoneo a risolvere nel modo più semplice possibile i due problemi dell'illuminazione naturale e della visibilità dall'interno: infatti la zona di lettura, raccolta a nord attorno alla spirale interna, viene a trovarsi in corrispondenza dell'altezza maggiore della copertura, e riceve quindi luce sufficiente, senza avere il disturbo del sole; la zona periferica di transito, che è maggiormente esposta al sole, si trova invece in corrispondenza della parte più bassa della copertura. Questa diversità di altezza trova conferma nella diversità degli angoli visivi, dovuta al dislivello di quota tra il piazzale di Monte Tordo ed il resto del Parco. Una struttura tradizionale non sembrava corrispondere alle qualità statiche e tecniche del cemento armato. Venne quindi presa in considerazione una soluzione con struttura a superficie resistente, le cui capacità statiche fossero conseguenza della forma: si pensò ad una struttura a membrana corrugata, autoportante, e si concluse per una copertura a lastra continua con piegature radiali a stella, terminante in peduncoli che la distanziassero dal terreno: una struttura cioè staticamente sincera e tecnicamente efficiente. Tale forma spaziale, non sviluppabile nel piano, venne precisata sperimentalmente nei suoi elementi e nel suo insieme con successivi tentativi; dapprima con l'ausilio di fogli di carta opportunamente tagliati e ripiegati, poi con modelli in legno di balsa, finchè si raggiunse l'aspetto voluto. Ne risultò una struttura monolitica « resistente per forma », e nello stesso tempo una forma corrispondente alla funzione. Più tardi il calcolo confermò la possibilità e la stabilità di tale struttura.


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La copertura progettata appoggia sul terreno unicamente in dodici punti dell'arco di circonferenza, in corrispondenza del quale conserva una quota costante. La configurazione a spirale della zona centrale determina una variazione progressiva della lunghezza degli elementi radiali di copertura: l'aver conservato loro una pendenza costante ha permesso il proporzionamento volumetrico del padiglione, cioè a larghezza maggiore corrisponde altezza maggiore e viceversa; ed ha inoltre permesso una unificazione e semplificazione costruttiva. La pendenza costante ha pure determinato una analogia tra forma in pianta e forma nello spozio: al tratto di spirale corrisponde l'andamento elicoidale del bordo terminale superiore della copertura. Il cemento armato è stato mantenuto nel suo caratteristico aspetto così come è uscito dai casseri al disarmo. Qualunque rivestimento sarebbe stato superfluo come un'inutile, anzi dannosa, maschera ed avrebbe travisato il carattere dell'architettura. Del resto rimane ancora da dimostrare che il mattone o, ad esempio, la pietra siano esteticamente più efficienti del cemento. Per il completamento del Padiglione, tenuto presente il suo carattere popolare, si è seguito il criterio di adottare materie ed elementi che offrissero i vantaggi della robustezza e della semplicità massime e non richiedessero una manutenzione troppo onerosa. I serramenti, eseguiti con profilati di alluminio di serie, hanno scomparti di modeste dimensioni per facilitare l'eventuale sostituzio-


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ne dei cristalli in caso di rottura; i medesimi profilati hanno sezioni tali da offrire una sufficiente garanzia di durata e di robustezza: nell'alta vetrata in curva della zona centrale il serramento dispone di costolature idonee a sopportare l'azione del vento. Le porte d'ingresso sono in cristallo temperato. Il pavimento è di materia plastica su due toni di grigio. L'illuminazione artificiale è indiretta: dodici sorgenti luminose, scelte fra le apparecchiature di serie, sono situate nella parte cava dei peduncoli; le condutture elettriche sono in vista dove era possibile lasciarle; nella zona biblioteca sono sistemati apparecchi di serie per l'illuminazione diretta dei posti di lettura. Il riscaldamento e la ventilazione sono assicurati da apposito impianto. I servizi, nel seminterrato, comprendono la centrale termica, un locale deposito per il bar, guardaroba e servizi igienici per il pubblico, e un magazzino. L'arredamento del padiglione è costituito, per la maggior parte, di mobili di serie. Nella zona di lettura gli elementi sono: poltrone e sedie standard con rivestimento di materia plastica e lastex; tavoli per consultazione e scrittura con piani di noce e sostegni tubolari di ferro; banchi per la distribuzione di libri e riviste; scaffali con supporti rotanti per la biblioteca; un sedile in materia plastica con sostegni di alluminio corre lungo il perimetro sopraelevato, con funzione anche di parapetto. L'arredamento della zona di transito è costituito esclusivamente da gruppi di sedili mobili con minimo ingombro, realizzati in materia plastica con sostegni tubolari di ferro. L'arredamento della zona bar corrisponde agli stessi criteri di semplicità e praticità mantenuti in tutto l'edificio. Le materie usate sono: laminato plastico, cristallo, ferro e acciaio inossidabile. L'esterno del Padiglione è sistemato a verde; due viali di accesso, ortogonali agli ingressi, e una zona a disposizione del bar, sono lastricati in pietra. Questa architettura è il risultato della collaborazione fra architetti ed ingegneri, a cui si unirono, secondo il programma della X Triennale, pittori e scultori. Tale collaborazione è stata attuata con identità di vedute e di aspirazioni. Le decorazioni sono state eseguite dai pittori Bruno Munari e Mauro Reggiani e dallo scultore Francesco Somaini. La forma di questo Padiglione, nell'intento dei progettisti, non doveva essere altro - tenute presenti le attuali possibiltà del cemento armato - che lo specchio sincero della funzione alla quale l'edificio stesso era destinato: un « Centro comunitario » in un parco pubblico.


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LA REALIZZAZIONE


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VEDUTA NOTTURNA DEL PADIGLIONE


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INTERNO - ZONA SOGGIORNO-LETTURA


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BASSORILIEVO DELLO SCULTORE U. MILANI DECORAZIONI PITTORI MAURO REGGIANI BRUNO MUNARI SCULTORE FRANCESCO SOMAINI


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LA VITA


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Il Padiglione di Soggiorno, donato al Comune di Milano in occasione della X Triennale, è stato offerto dalla: S. p. A. CEMENTERIA DI MERONE Hanno contribuito con offerte di materiali: Soc. MONTECATINI - Milano profilati di alluminio Soc. SAINT GOBAIN - Pisa cristalli Soc. VIS - Milano porte in securit Soc. PAVIL di Ponte Lambro pavimenti in plastica AEROTECNICA MARELLI impianto di riscaldamento e ventilazione RICHARD GINORI - Milano rivestimenti in ceramica CERAMICA PICCINELLI - Mozzate pavimenti in greificato IDEAL STANDARD - Milano apparecchi sanitari Soc. MATERIALI REFRATTARI, Milano apparecchi sanitari Figli di AMEDEO CASSINA - Meda poltrone e sedie F.11i RIZZI - Cantù tavoli e biblioteche SPARTACO BRUGNOLI Cantù banco distribuzione libri EVERFLEX - Ponte Lambro tessuto in materia plastica Impresa Costruttrice del Padiglione Ingg. CASSI e LUPIERI - Milano Ditta Costruttrice dei serramenti S. C. O. V. I. - Milano


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INDICE 3 PRESENTAZIONE 5 MONTETORDO 9 LE BIBLIOTECHE POPOLARI MILANESI 13 IL PROGETTO 21 LA REALIZZAZIONE 37 LA VITA


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