Vite di illustri Numismatici Italiani - Bartolomeo Borghesi
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VITE
DI
ILLUSTRI NUMISMATICI ITALIANI
A Savignano presso Cesena, nella provincia di Forlì, spetta la gloria d’aver dato i natali all’insigne epigrafista e numismatico Bartolomeo Borghesi. Questo illustre archeologo, figlio di Pietro, ivi nacque l’11 luglio 1781. A lui, come ad Ennio Quirino Visconti, toccò la fortuna d’avere avuto un padre assai colto, valente nelle scienze esatte, che nella numismatica si era conquistato un posto distinto, e cui appartiene altresì il vanto di aver dettato pel primo l’opera importante De nummis aliquot æris uncialibus conosciuta sotto il nome del cardinale De Zelada. Come il Visconti, Bartolomeo ricevette i primi ammaestramenti letterarî direttamente dal padre, il quale accortosi della grande e precoce intelligenza del figlio, l’indirizzò prestissimo allo studio severo delle lingue classiche di Grecia e di Roma. Scorta poi nel fanciullo una spiccata tendenza agli studî dell’antichità, il padre mise tosto a sua disposizione la ricca collezione d’oggetti antichi, e specialmente di antiche monete, che già da tempo, con grandi cure aveva raccolto nel suo domestico museo. Il figlio pertanto stimolato dall’esempio, e guidato dal sapiente magistero paterno, aiutato anche dalla vista de’ monumenti che aveva continuamente sotto i suoi occhi, sviluppava rapidamente la sua intelligenza, arricchendola di tante cognizioni, da poter mettersi in grado, in età di appena undici anni, di pubblicare una Dissertazione sopra una medaglia Ravignana in bronzo dell’imperatore Eraclio (Cesena, 1792). Tre anni dopo gli morì il padre, e mancatogli così la guida paterna, Bartolomeo provvide da sè a perfezionare la sua educazione scientifica nei più riputati collegi, prima in quello de’ Nobili, poi in quello di S. Luigi di Bologna (1798-1800). Erede del prezioso medagliere paterno, da quel momento non cessò mai di ampliarlo ed arricchirlo in tutto il corso della sua vita. Terminati i suoi studî, e rimpatriato, chiamò intorno a sè i più colti ed eruditi de’ suoi compagni fondando in Savignano l’Accademia de’ Simpemeni. In essa passando dagli scritti di amena letteratura e dalle dissertazioni accademiche alle più ardue disquisizioni dell’epigrafia e della numismatica antica, rendeva ogni giorno più conosciuto il suo nome, creando a poco a poco intorno a sè quella fama, che in breve volgere di anni doveva tanto espandersi fino alle più lontane regioni del mondo colto e civile. Ad approfondire sempre più i suoi studî prediletti si trasferì qualche tempo a Roma per assistere quale fervente discepolo agli insegnamenti del celebre epigrafista Gaetano Marini, che nelle dottrine archeologiche godeva presso i dotti italiani e presso gli stranieri un’autorità grande e incontestata. Nè Roma solo fu la meta de’ suoi viaggi e della sua dimora; ma altre città importanti della penisola, e fra queste, Milano e Torino, e in tutte visitava biblioteche e musei pubblici e privati per esaminare coi proprî occhi monumenti, manoscritti, libri, monete e medaglie, prendendo dappertutto note ed appunti per accrescere sempre più il tesoro delle sue molteplici cognizioni. Ritornato Pio VII alla sede pontificia, diede l’incarico al Borghesi di riordinare e descrivere le grandi collezioni vaticane, concedendogli in attestato di benemerenza l’indulto per sè e per i suoi dall’osservanza dei digiuni. Nel 1821 in causa dei moti politici che conturbarono la penisola, egli d’animo mite, e a null’altro inteso che ai suoi studî, in cerca di quiete si ritrasse sopra un’alta e quasi inaccessa cima dell’Appennino romano portando con sè l’immenso tesoro di dottrina raccolto in quarant’anni di studî e di ricerche, ed ivi, come ben disse un suo entusiasta
contemporaneo, quasi aquila sublime annidato, visse il rimanente della sua vita, producendo opere giudicate dagli scienziati d’ogni paese per dottrina e per erudizione, perfette. Su quei monti, nella pace della minuscola ed ospitale repubblica, coordinò i preziosi materiali raccolti, pubblicando di mano in mano quelle sapienti dissertazioni, che il mondo erudito leggeva avidamente ed ammirava. Fin dalla prima giovinezza il Borghesi aveva fatto oggetto speciale de’ suoi studî le più minute particolarità della vita politica e militare degli antichi romani, della loro amministrazione, della genealogia delle loro grandi famiglie, e de’ loro personaggi più eminenti e celebrati. L’alta sua mente, coadjuvata dall’immensa erudizione acquisita concepì il vasto disegno d’un’opera per comprendere il frutto di quelle sue innumerevoli indagini e delle scoperte da lui fatte intorno a quel popolo maraviglioso. A quest’opera insigne fece concorrere tutti i rami della classica archeologia, e più specialmente la cronologia, l’epigrafia e la numismatica. A rendere sempre più perfetta l’opera sua, non risparmiò cure, nè viaggi per risalire alle fonti primitive e genuine, tutto analizzando sottilmente, e sottoponendo alla critica più assennata e scrupolosa. Tale si fu l’origine del suo capolavoro, cioè de’ Nuovi frammenti dei fasti Capitolini illustrati (Milano, 1818-1820, in due parti), opera di erudizione colossale contenente la storia compiuta del consolato e dei singoli Consoli di Roma. — Dopo questo lavoro immortale, tennero dietro altre importanti pubblicazioni. Il Giornale arcadico, le Memorie, il Bollettino e gli Annali dell’Istituto di corrispondenza archeologica di Roma; gli Atti dell’Accademia pontificia; le Memorie dell’Accademia di Torino, dell’Ercolanese di Napoli ed altri giornali e periodici scientifici accolsero più di cento dissertazioni, trattati e memorie preziose del Borghesi sulle istituzioni militari, sacerdotali, municipali e politiche de’ Romani; fra queste andarono famose le Deche numismatiche (1821-1840). Non è nostro scopo di dare qui la lista di tutte queste produzioni che riscossero il plauso universale dei dotti ed acquistarono al Borghesi un’autorità decisiva nelle più svariate e difficili questioni aroheologiche. Solo diremo, che a lui si rivolgevano per attingere come a fonte inesauribile di erudizione e di critica sapiente tutti gli uomini più colti d’Europa. Talchè non parrà esagerazione l’asserire che immensa fu la sua corrispondenza epistolare con tutti i più celebrati Istituti scientifici sì nazionali che esteri, e coi personaggi più eminenti nella scienza delle antichità. A differenza del Visconti, il Borghesi non usci mai d’Italia; fu sempre schivo d’ogni pubblica carica, e nella sua inalterabile modestia non acconsentì mai ad accettare neppure le cariche onorifiche che Istituti ed Accademie facevano a gara di offerirgli. Così «quando le Accademie di Berlino e di Monaco gli offersero la Direzione del Corpus Universale inscriptionum latinarum, e quando Abele Francesco Villemain, ministro dell’Istruzione pubblica in Francia, tentò alla sua volta incarnare questo gigantesco disegno, che avrebbe sì degnamente inaugurato la raccolta compiuta dei monumenti epigrafici del mondo romano, si rivolse di bel nuovo al Borghesi, il quale rifiutò la Direzione offertagli allegando la congerie dei proprî lavori, non senza promettere però di far raccogliere le iscrizioni della Romagna. La gran raccolta delle iscrizioni romane intrapresa dall’illustre storico tedesco Teodoro Mommsen originò somigliantemente per consiglio del Borghesi»1. — Pontificando Pio IX, il Borghesi fu pure officiato dal Governo Romano ad accettare la cattedra di archeologia all’Università di Bologna, ma egli tutto intento, come fu sempre, agli amati suoi studî, e felice della tranquillità offertagli dalla Repubblica che l’aveva tanto benevolmente fin allora ospitato, non volle abbandonare il suo nido romito, e fece a quel posto nominare un altro savignanese e suo degno allievo, Gino Rocchi. «Sullo scorcio del viver suo Borghesi sentì affievolirsi la vista, e venir manco, sotto il pondo degli anni e delle diuturne fatiche, le sue forze corporee, nel mentre rimaneansi illese le facoltà della mente, come testimoniano i suoi ultimi lavori pubblicati nel Bollettino napoletano di Minervini. Una leggiera operazione erniaria, perfettamente riuscita, lo teneva a letto nella speranza d’una prossima guarigione, quando il 16 aprile 1860, mentre stava leggendo, un nodo di tosse improvvisamente lo spense»2. Come al Visconti, vivo, era toccata l’invidiabile compiacenza di vedere la sua Iconografia greca e romana pubblicata in edizione sfarzosa per ordine di Napoleone I, anche al Borghesi, due anni dopo la sua morte, fu riservato un eguale sebbene postumo, altissimo onore; le sue opere, edite ed inedite, amorosamente raccolte e ordinate col concorso universale dei dotti suoi ammiratori, furono con isplendidezza pubblicate a Parigi per ordine e a spese dell’imperatore Napoleone III, e dopo, continuate e compiute non meno splendidamente dalla generosità della Repubblica francese.
Il famoso medagliere del Borghesi, oggetto della sua predilezione e di tante sue cure, fu dall’erede venduto al pubblico incanto a Boma e a Milano negli anni 1879-1881.
Questi cenni biografici furono tratti dai seguenti libri:
Giambattista De Rossi, Delle lodi di Bartolomeo Borghesi, discorso recitato all’insigne pontificia Accademia Romana di San Luca il 16 luglio 1860. Roma, stesso anno. — Gerolamo Boccardo, Nuova enciclopedia italiana, Torino, 1877, vol. IV, pag. 33. — Bartolomeo Borghesi, Oeuvres complètes, publiées par les ordres et aux frais de S. M. l’Empereur Napoléon III. Paris, Imprimarie impériale MDCCCLXII. — Angelo Fava, Dizionario universale storico-mitologico-geografico. Torino, 1856. — Revue de la numismatique belge; 4° série, Tome I. Bruxelles, 1863, pag. 460. — Publication des Oeuvres de Bartolomeo Borghesi; Rapport adressé a S. M. l’Empereur, arrêté ministériel. — Rapport a S. Exc. le Ministre d’État. Paris, 1860. — Troisième rapport du Secrétaire de la Commission. Paris, 1864, ecc.
Stampati.
- Dissertazione su di una medaglia Ravignana in bronzo dell’imperatore Eraclio, Cesena, 1792.
- Dodici sesterzi inediti, pubblicati ed illustrati. (Giornale numismatico di Avellino). Napoli, 1811.
- Lettera all’abbate Luigi Nardi sopra due medaglie d’Augusto rappresentanti l’arco di Rimino. (Nell’opera del Nardi: Descrizione antiquario architettonica dell’Arco di Augusto, ponte di Tiberio, e tempio Malatestiano di Rimino). Rimini, 1813; pag. 63-81.
- Della gente Arria Romana e di un nuovo denaro di Marco Arrio Secondo. (Memoria con una prefazione di Labus). Milano, 1817.
- Osservazioni numismatiche. (Diciassette Decadi inserte nel Giornale Arcadico negli anni 1821-25, 1827-28, 1835 e 1840).
- Sulle medaglie di Augusto rappresentanti l’arco di Rimini (Nell’opera di Brighenti: Illustrazione dell’arco di Augusto in Rimini), Rimini, 1825.
- Di una medaglia dissotterrata nella Romagna. (Bullett. dell’Inst.), 1830; pag. 212-214.
- Sopra due medaglioni rappresentanti Marc’Aurelio e Lucio Vero dell’I. R. Gabinetto di Milano, e Settimio Severo della numoteca Borghesi. (Annali dell’Inst., t. X), 1838; pag. 54-64.
- Le monete delle antiche famiglie romane, dette altrimente consolari: opera del giudice Gennaro Riccio. (Bullett. dell’Inst.), 1839; pag. 77-79.
- Lettera al sig. Antonio Bianchi sopra le monete librali di Rimino. (Nell’opera de’ Padri Marchi e Tessieri: L'aes grave del Museo Kirckeriano). Roma, 1839.
- Lettera a M. Celestino Cavedoni (Nell’opera intitolata: Osservazioni sopra le monete antiche della Cirenaica), Modena, 1843; pag. 61-75, e 82-83.
- Lettera al Dottor Gennarelli, inserta nell’opera di questo, intitolata: La moneta primitiva e i monumenti dell’Italia messi in rapporto. (Atti dell’Accademia Romana di archeologia), 1843; tomo XI, pag. 37-38, e 48-51.
- Osservazioni intorno una medaglia di Carausio e due lapidi poste in onore di Tetrico. (Bullett. dell’Inst.), 1843; pagina 167-169.
- Lettera a D. Celestino Cavedoni sulle medaglie di Valerio Acisculo (Bullett. dell’Inst.) 1845; pag. 189-192.
- Estratto d’una lettera al sig. Henzen sopra una medaglia di Pessinunte. (Bullett. dell’Inst.) 1849; pag. 24-25.
- Delle variazioni sofferte dal bronzo monetario romano sotto l’Impero. (Lettera inserta nell’opera di Cavedoni: Numismatica biblica, o sia dichiarazione delle monete antiche memorate nelle Sante Scritture). Modena, 1849; pag. 111-136.
- Del controverso denaro col tipo del colloquio di Silla con Mitridate. Lettera a Monsig. Cavedoni. (Bullett. dell’Inst.), 1851; pag. 61-63.
- Medaglia di L. Mussidio proconsole di Sicilia, battuta a Tindari. (Estratto dalle Memorie numismatiche di Demetrio Diamilla). Paris, 1853; pag. 91-96.
- Parecchie lettere a Monsig. Cavedoni riportate per estratto nell’opera di questo autore: Ragguaglio storico-archeologico de’ precipui ripostigli antichi di medaglie consolari e di famiglie romane, d’argento. Modena, 1854.
- Di alcune medaglie sicule (Numismatic chronicle, vol. XIV, pag. 123 e vol. XVIII, pag. 218). 1857.
- Lettera a Monsig. Cavedoni sulle monete coll’epigrafe eracλio consυλi. (Nelle Osservazioni sopra alcune monete bizantine di Cavedoni, (1857), pag. 10-14).
- Di alcune medaglie sicule, da lettera al ch. Riccio. (Bullett. nap. n. s. Anno VI, (1857), pag. 31-32).
Manoscritti.
- Dissertazione sopra una medaglia inedita della Gente Arria. (Archivio dell’Acc. Simpemenica).
- Dissertazione sulla qualità e valuta della moneta data a Giuda in prezzo della vita del Salvatore. (Archiv. cit.)
- Lettera dissertatoria in risposta a dieci quesiti numismatici sulla qualità della moneta ch’ebbe corso in Boma mentre fu governata dai Re e dai Consoli. (Al Deposito della Sorbona).
- Dissertazione sopra una medaglia del proprio medagliere appartenente alla gente Vargunteia.
- Memoria sull’inconveniente d’includere le medaglie delle colonie nella serie delle famiglie. (Archiv. dell’Acc. Simpemenica).
- Dissertazione sopra due medaglie nelle quali si rappresenta l’arco di Rimini.
- Dissertazione sopra una medaglia della famiglia Comnena imperiale a Costantinopoli portante l’immagine di Maria Vergine. (Tra le sue carte).
L’epistolario abbonda di lettere aventi per oggetto la numismatica (Vedi: Troisième rapport du Secrétaire de la Commission pour la publication des Oeuvres complétes de Bartolomeo Borghesi del 15 giugno 1864, pag. 48-61).