Vite dei filosofi/Libro Sesto/Vita di Menippo
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CAPO VII.
Menippo.
I. Menippo, cinico pur esso, era originariamente fenicio; schiavo, come afferma Acaico ne’ Morali. Anzi aggiugne Diocle, che il padrone di lui era pontico, e si chiamava Batone. Nondimeno, per amor di danaro; chiedendo con importunità, potè Menippo riuscire ad esser tebano.
II. Non ci reca dunque nulla di buono; e i suoi libri sono pieni di molto ridicolo, e un po’ simili a que’ di Meleagro, del quale fu contemporaneo. — Narra Ermippo che e’ faceva il prestatore giornale (ἡμεροδανειστήν), e che lo chiamavano con questo nome; poichè dava coll’interesse marittimo e col pegno; e che perciò aveva accumulati danari assai.
III. Finalmente che essendogli perciò tesi aguati, fu di tutto spogliato, e per dolore tramutò la vita col lacio. — E noi abbiamo scherzato sopra di lui:
Razza fenicia, ma cane di Creta,
Usurario giornale — chè era detto
Così — Menippo forse hai conosciuto.
Costui, da che forato in Tebe un muro
Gli fu una volta, e tutto perse — vedi
Di can natura — sè medesmo impese.
IV. Altri afferma che quei libri non fossero suoi, ma di Dionisio e di Zopiro cefalonii, i quali scrivendoli per giuoco, li dessero a lui, come ad uno ch’era ben atto a venderli.
V. Furono sei Menippi. Il primo che scrisse le cose de’ Lidii, e compendiò Xanto. — Il secondo quest’esso. — Il terzo un sofista stratonicese, originario di Caria. — Il quarto, statuario. — Il quinto e il sesto, pittori. D’ambedue fa menzione Apollodoro.
VI. I libri del cinico sono tredici. Dei morti — I testamenti — Le lettere, piacevoli invenzioni, in persona degli iddii — Contro i fisici, e i matematici; e i grammatici — La nascita di Epicuro — E i giorni ventesimi dagli Epicurei osservati; ed altri.