Vita di Ascanio Sforza

Roberto Rusca

XVI secolo Storia/Biografie Vita di Ascanio Sforza Intestazione 11 settembre 2008 75% letteratura

Nacque Ascanio Maria l’anno 1454, da Francesco I Sforza duca di Mlilano, naturale di Sforza e di Bianca Visconti, figliuola naturale di Filippo Maria Visconti, ed ebbe cinque fratelli tutti da un padre e da una madre nati. Galeazzo che fu primogenito e che nacque prima che Francesco Sforza avesse in possesso il ducato di Milano; Sforza, che fu duca di Bari e secondogenito, e Lodovico terzogenito; Ascanio quarto ed Ottaviano. Galeazzo successe nel ducato di Milano al padre, ma per una congiura fu in S. Stefano in Broglio ammazzato proprio il Giorno di S. Stefano da congiurati l’anno 1476; e restando Bona, duchessa, tutrice de’ piccoli figliuoli e reggente del ducato, Ascanio coi fratelli congiurarono contra la duchessa Bona. Il perché per acquetare questi fratelli fu ordinato dar a loro ogni anno diecimila e cinquecento scudi per uno sopra all’entrata della città di Cremona, dote della madre loro, e vi furono deputati i palazzi fuori di corte per abitare. A Sforza venne dato il palazzo che fu di Tomaso Arieto, contiguo a Porta Tosa; a Lodovico quello di Giulia Bonizo cremonese, a S. Giovanni alla Conca, dove già fu la corte di Barnabò Visconti; ad Ascanio Maria il palazzo che già fu di Leonardo Vicemala e nella strada dei Fagnani; ad Ottaviano quello di Francesco Preminuto, sopra il corso di Porta Nuova. Questa congiura fu scoperta dagli oratori genovesi e da Lodovico Gonzaga, che s’interposero ancora ad accomodare le cose nel modo che abbiamo scritto. Ma avendo la duchessa fatto prendere Donato, capitano valoroso, e i fratelli non istando contenti, pigliarono le armi e presero Porta Tosa, e posero Santino Reina con buon presidio alla guardia di quella porta. Si interposero gli amici, ed Ascanio coi fratelli e zii del duca deposero le armi, e restituirono Porta Tosa a persuasione degli oratori genovesi, e Roberto Sanseverino e suoi che teneva con Ascanio fratelli, fuggì armato da Milano in Francia. Fuggì ancora Ottaviano Sforza, pigliando il cammino verso Adda; al qual fiume essendo arrivato vicino alla terra di Spino, per paura de’ villani che per commissione della duchessa e del Senato lo seguitavano, si pose a volerlo passare a guazzo, e dal torrente fu scavalcato e si sommerse in età d’anni 18, e dopo tre dì ritrovato il cadavere, fu portato a Milano e nella chiesa màggiore sepolto 1. Ascanio e Lodovico Sforza per commissione del Senato andarono a Chiaravalle 2, fuori di Milano circa tre miglia., dov’era commendatario Ascanio fino dall’anno 1466, e dimorando essi quivi, il primo di giugno 1477, si congregò il Senato dentro il castello; per commissione della duchessa Bona, di Cecco Simonetta e degli amministratori dello Stato, dove fu letto un processo contro Ascanio, fratelli, e Roberto Sanseverino come perturbatori dello Stato, e si mandò a tutti i potentati d’Italia.
Sforza, duca di Bari, fu relegato al suo ducato nel regno di Napoli: Lodovico a Pisa, e Ascanio a Perugia. Ma l’anno 1478, Antonio da Trezzo oratore di Ferdinando, re di Napoli, appresso al duca Giovanni Galeazzo, richiese al duca fanciullo da parte del suo re che lasciasse l’amicizia de’ Veneziani, e concedesse ad Ascanio e Lodovico il ritorno alla patria. Ma non essendo ammessa la domanda, Sforza duca di Bari e Lodovico, persuasi da Ferdinando re di Napoli, ruppero i confini di dove erano relegati e andarono con Roberto Sanseverino, ritornato da; Francia, nel Genovese a rompere la guerra al duca di Milano. Il perché il primo di marzo furono per ribelli pubblicati, e fu loro tolta la solita provvisione ed entrata che per la dote materna avevano sopra la città di Cremona, morendo Sforza in Varese3 del Genovese, chi dice di veleno e chi per esser lui troppo grasso; e Lodovico fu da Ferdinando, re di Napoli, investito del ducato di Bari per dargli animo a seguir la guerra contro il duca, al quale tolse Tortona essendo capitano Roberto Sanseverino. E sebbene in quella guerra fosse destinato dal Senato Gian Giacomo Trivulzio per capitano, fu fatto Lodovico riconciliare colla duchessa Bona, col mezzo di Giovan Borromeo, Pietro da Pusterla, Antonio Marliano, Elena moglie di Gio. Giorgio Maino, ed Antonio Trassino mercante ferrarese, che per cameriere e trinciante fu dato da Galeazzo, duca, a Bona sua moglie, e dopo la morte del duca favoritissimo dalla duchessa, la quale contro al volere di Cecco Simonetta, suo secretario, accettò in grazia Lodovico, il qual disse alla duchessa Bona ch’ella gli avrebbe lasciato lo stato, ed egli la vita, come successe. l’anno 1480, e delegato apostolico a latere nel ducato di Milano, e conte della Val Lugano 4, che da Lodovico fu levata a Sanseverino, e dai Milanesi, mentre si reggevano in repubblica l’anno 1449 5, tolta per forza d’armi al conte Franchino Rusca, partigiano di Francesco Sforza, primo duca di Milano, il quale non essendo troppo amico di Lodovico suo fratello, favoriva la fazione Ghibellina. onde tutti quelli ch’erano da Lodovico disgustati ricorrevano ad Ascanio, e fra gli altri Gian Giacomo Trivulzio, che sempre fu nemico di Lodovico, Pietro Birago e Luigi Terzago; il che partecipato da Lodovico con Roberto Sanseverino, Ascanio andando dalla corte dell’arengo 6 Vedi la nota a pag. 150 delle Vite de’ Visconti.
in castello, fu detenuto insieme con Gaspare Toscano, Cavalchino Guidobono da Tortona e Giovanni Lonato pavese: uomini di grand’animo e valorosi. Poteva far questo Lodovico, perché si era fatto cedere dalla duchessa la tutela del duca fanciullo. Confinò ancora Lodovico Giovanni Borromeo a Mantova, a Ferrara Pietro Pusterla, e il Marliano in un altro luogo, siccome quelli che procurato aveano di rivocarlo dal bando, furono dal beneficato mandati in esilio 7.
Ascanio per commissione del duca, procurandolo Lodovico, fu fatto montare in una nave appresso al castello, e fatto condurre a Ferrara, dove fu relegato. Ma al primo di ottobre, Ascanio coi banditi furono rivocati a Milano. Non fidandosi però Ascanio del fratello, si fermò a Ferrara sino all’anno 1482, ritornando tutti i banditi, e da qui partendosi senza licenza, andò a Roma da papa Sisto IV, e poi in abito secolare a Venezia, dove da quel Senato gli fu proferto uno stendardo colla biscia, e gente, ed armi; acciocché a Cremona, come dote materna, movesse la guerra. Ascanio avute queste proferte dal Senato non le accettò, né le rifiutò; ma diede loro qualche speranza.
Partì Ascanio da Venezia e venne a Brescia: il che intendendo Vercellino Visconti castellano di Trezzo, per interrompere il disegno de’ Veneziani, operò che Ascanio venisse a Trezzo, dandogli la fede di accomodare le cose sue col fratello o di ritornarlo in sicuro, e al duca e a Lodovico diede avviso d’ogni sua pratica. Il perché, fu mandato ad Ascanio il vescovo di Como, Branda Castiglioni, Pietro di Pusterla, Pietro Gallarate, Gio. Angelo Talenti e Pietro Landriano, uomini tutti primati e senatori del duca, e sotto la loro fede e quella del castellano venne Ascanio a Milano, dove dal nipote Gio. Galeazzo e dal fratello fu umanissimamente ricevuto e alle primiere dignità restituito, l’anno 1485 ai 12 aprile.

Si suscitò una ribellione nel parmigiano dai Rossi, e fu mandato con molti soldati Alberto Visconti con Ascanio e Lodovico contro i Rossi, che presero Torchiara, Roccabianca Felino e Torricella, che fu data al Trivulzio Gian Giacomo, e ritornò Ascanio a Milano, al 20 giugno, con Galeazzo figliuolo di Roberto Sanseverino, che da’ Veneziani Brasi fuggito, essendo essi stati da papa Sisto IV interdetti. Però Ascanio con Lodovico da buon esercito accompagnati andarono sopra il Bresciano, ai quali si resero i castelli, mettendo grande spavento nella città.

Fatta questa scorreria e mossa nel Bresciano l’anno 1484, fu fatto nuova lega contro i Veneziani nel castello di Milano, ritrovandosi Gian Francesco da Tolentino, capitano generale di papa Sisto IV, Alfonso duca di Calabria, figliuolo di Ferdinando re di Napoli, Lodovico Sforza e Ascanio per Gian Galeazzo duca di Milano; Ercole duca di Ferrara, Lodovico marchese di Saluzzo, gli ambasciatori Fiorentini, del marchese di Monferrato, Francesco Secco capitano di Federico, marchese di Mantova, Giovanni Bentivoglio pei Bolognesi e gli altri confederati che conchiusero il modo di far la guerra a’ Veneziani questo anno. Nel mese di marzo, procurando Ferdinando re di Napoli e Lodovico Sforza, Ascanio fu fatto Diacono cardinale di Santa Chiesa da Sisto IV, col titolo di S. Vito e signore della Valtellina dal fratello, e ai 24 aprile, di nuovo Alfonso duca di Calabria, ed Ascanio con Lodovico ed altri primati milanesi, radunati nel castello di Milano, fecero deliberazione di seguitare la guerra contro i Veneziani, sebbene poi fosse fatta la pace ai 24 agosto del suddetto anno; il perché Ascanio si trasferì a Roma.
Ma sentendo che Lodovico Sforza suo fratello, era in grave infermità caduto l’anno 1486, e che si dubitava della vita, si partì da Roma con ve cavalli soli in posta, venne a Milano dove si erano levati rumori per le discordie civili, ed usando ogni industria, riconciliò ognuno e Galeazzo Sanseverino si riconciliò con Ascanio e colla parte Ghibellina.
Riavuto Lodovico dall’infermità sua, maritò il nipote duca con Isabella d’Aragona figliuola di Alfonso, duca di Calabria, ed Ascanio ritornò a Boma. e venendo a morte papa Innocenzo VIII ai 26 luglio, Ascanio aspirava al papato e concorreva con pari voci col Borgia cardinale e vce cancelliere e nipote di papa Calisto, uomo astuto, il quale fece poferire ad Ascanio Maria suo concorrente gran somma di denaro, e 1m. =e le sue suppellettili che erano ricchissime e di molto prezzo colla vicencancelleria . Queste offerte parendo ad Ascanio gran cosa, cominciò a pensare che ad esser lui pontefice non gli potrebbe sortire, ed era dubbiosa, ma certe erano le ricchezze esibite, e la vicecancelleria promessa, oltre a molti beneficj che avrebbe avuto, coi quali si sarebbe fatto benevoli molti cardinali che alla prima mozione l’avrebbero poi fatto papa. Dall’altra parte pensava che fatto papa il Borgia, uomo astuto, poteva levargli il tutto; di più, che non si doveva lasciar andare il sommo pontificato in gente straniera, per il che molti cardinali premevano in questo che fosse fatto un cardinale italiano papa. Ma tanta fu la sollecitudine del Borgia, che una sera si condusse ad Ascanio, e andò fino alla cadrega, dove faceva i suoi bisogni del corpo, e inclinandosi, e pregando con molte promesse il dispose a concorrere co’ suoi voti che fosse papa, e così fu creato pontefice il cardinale Borgia, dopo essere vacata la sedia 30 giorni che fu chiamato Alessandro VI, facendo gran festa Ascanio di quello che doveva essergli rovina; perché essendo venuto Ferdinando re di Napoli in disdetta con Lodovico Sforza, che occupava il ducato del nipote, deliberò mover guerra l’anno 1493 allo stato di Milano, e ottener per forza d’armi quello che per ragione non si poteva e mettere in libertà Gian Galeazzo, che lo zio teneva come prigione nel castello di Pavia 8. Lodovico, intendendo quanto contro di lui si preparava pensò d’ajutarsi non solamente colle proprie forze, ma colle francesi ancora, e mandò Carlo Balbiano conte di Belgiojoso da Carlo VIII re di Francia, dandogli lettere credenziali acciò venisse in Italia alla presa del regno di Napoli, facendogli la cosa facile e promettendogli ajuto; ché il re cupido di gloria, non rifiutò il consiglio dello Sforza, e mettendosi all’ordine con potentissimo esercito dispose passar l’Alpi, commosso ancora dal cardinale della Rovere 9, nemico di papa Alessandro; il che intendendo il papa fece concistoro dimandando consiglio ai cardinali, e rispondendo il cardinal di Siena che si doveva procedere contro ai Francesi coll’armi e censure, e collegarsi col re di Napoli, al quale rispose Ascanio Maria che meglio era accostarsi al re Carlo, collegato col re di Spagna e l’imperatore, il quale prendendo il regno di Napoli avrebbe pagato alla chiesa il dovuto censo, e liberata dalla servitù dei re di Napoli, che tenevano i papi a modo di lor ministri. Con tutto ciò il papa inclinava a Ferdinando, e l’oratore suo pregava Ascanio che volesse persuadere Lodovico suo fratello ad estinguere questa guerra. Ma non sortendo il fatto. Ferdinando morì di dolore, e successegli nel regno Alfonso duca di Calabria suo figliuolo, che capitolò col papa. Il perché il cardinale Giuliano della Rovere fuggì in Francia, ed Ascanio Maria si condusse a Senezano, luogo dei Colonnesi, col cardinal Savello e Colonna finché fossero venuti gli avvisi del re di Francia, che Lodovico Sforza non mancava sollecitare col cardinal della Rovere, inviandogli di nuovo Galeazzo Sanseverino suo capitano generale, che dal re fu fatto cavaliere. Ritornò in Italia colla certezza della venuta di Carlo, che in Asti giunse l’anno 1494 agli 11 settembre, al quale Lodovico Sforza andò colla moglie e bellissime donne milanesi, e con alcune avendo avuto piacere amoroso, le presentò di piccoli anelli d’oro. Si ammalò quivi Carlo di vajuolo, e riavuta la sanità venne a Pavia e visitò il duca Gian Galeazzo ammalato a morte, che lasciò la vita mentre Carlo re era in Piacenza con Lodovico, il quale si partì subito per Milano, e si fece gridar duca, sebbene il morto lasciasse figliuoli, avendo già avuto l’investitura dall’imperatore ancora ne’ suoi discendenti bastardi, dice il Giovio, vivendo il nipote come vacante il ducato, dicendo egli che il fratello Galeazzo non era legittimo duca, perché era nato prima che il padre fosse duca 10.
Il re Carlo seguitò il suo viaggio ed ebbe Fiorenza nelle mani senza combattere, Pisa e così Roma, e finalmenle prese il regno di Napoli. 11 perché pose tanto spavento e timore nei principi d’Italia, che fecero lega, tutti uniti contro il re Carlo da loro chiamato, e nel ritorno che faceva per Francia pacificamente, a Fornovo nel Parmigiano, ritrovandosi l’esercito della lega, vennero a giornata col re pari di forza, ma non già di valore, il quale avendo valorosamente combattuto, passò guidato dal valore di Gian Giacomo Trivulzio in Francia, ma prima fece prendere Novara dal duca d’Orleans, che fu Lodovico XII re di Francia, e fece pace con Lodovico Sforza con capitoli onorati pel re 11.

Ma nascendo discordia fra i potentati d’Italia, per causa della città di Pisa, che i Fiorentini volevano, ed essa non consentendo, si esibì a Lodovico Sforza che rifiutandola per avviso di Ascanio per non concitarsi l’odio, quella diedesi ai Veneziani. Onde Lodovico Sforza mandò il marchesino Stanga suo secretario, a cui donò Bellaggio, dall’imperatore Massimiliano per farlo venire in Italia, onde abbassare i Veneziani, e poi andò egli colla moglie sua Beatrice, ed Ascanio a Bormio l’anno 1497, accompagnato da Cesare Rusca, dove ebbe secreti ragionamenti coll’imperatore, che dispose a venire per la Valtellina a Como, dove fu incontrato ed accarezzato da quei cittadini ed accompagnato a Meda, dove Lodovico l’incontrò colla moglie sua e il fecero andare a Pisa, ricevuto onorevolmente dai cittadini e Veneziani, dove restò il presidio Veneziano, e partendo esso senza far nulla e ritornando in Alemagna per la stessa strada per la quale era venuto in Italia.

Quest’anno stesso essendo commendatario Ascanio Maria di S. Ambrogio maggiore di Milano, succedette a Gio. Angelo Arcimboldo arcivescovo di Milano l’anno 1489, ed ancora nell’arcivescovado datogli dal papa. Ma non consentendo il fratello Lodovico, se non rinunziava il vescovado di Novara o di Pavia a Guido Antonio Arcimboldo, fratello del suddetto Gio. Angelo, il che non volendo fare Ascanio il papa diede l’arcivescovado a Guido Antonio e la commenda lasciò ad Ascanio Maria. Ma avvisato da sua madre e da altri che nessun commendatario suo an.tecessore in tal dignità era lungo tempo vissuto senza traversie e gravi infermità, ottenne dal sacro concistoro che dal capitolo del monastero di Chiaravalle in Milano, del quale era ancora commendatario, si eleggesse un abate di S. Ambrogio maggiore di Milano, il quale fosse unito cogli altri abati della congregazione con 32 monaci, concedendogli tutta la commenda e ragioni che sopra alla chiesa e monastero di S. Ambrogio aveva, con carichi: di far elemosine, maritar zitelle e vestir poveri il giorno di Sant’Ambrogio, le zitelle nella dormizione del santo, i poveri nella sua ordinazione, e pel primo abate fu eletto D. Gio. Tussignano dottore nell’una e l’altra legge che già per vicario del cardinale Ascanio era stato ad Elimonte e Civena 12.

Morì Carlo VIII re di Francia l’anno 1498, e successegli nel regno Lodovico duca d’Orléans, al quale i Veneziani mandarono ambasciatori per farlo venire in Italia, dicendogli che il ducato di Milano perveniva ad esso, per esser nato di Carlo figliuolo di Lodovico e di Valentina Visconti, figliuola di Gio. Galeazzo Visconti duca di Milano, esibendosi essi alla ricuperazione di detto ducato. Accettò il re la proferta e mandò Gian Giacomo Trivulzio per far la guerra; il quale giunto in Asti l’anno 1499 prese Alessandria della Paglia, che fu causa di far partire da Roma Ascanio, sì per l’inimicizia che aveva col papa, quanto per soccorrere alle cose del fratello, e giunse a Genova colla sua famiglia sopra tre galere del re di Napoli, e poi a Milano ai 7 agosto del suddetto anno, insieme col cardinale Federico Sanseverino ed Ippolito d’Este cardinale ed arcivescovo di Milano, ai quali uniti tutti insieme nel castello di Milano, nella camera detta della Torre, Lodovico disse che questa guerra gli veniva addosso per aver dato ajuto ai Fiorentini onde ricuperar Pisa dalle mani dei Veneziani, che presero Gera d’Adda.

Il perché Lodovico Sforza con Ascanio, Sanseverino ed Este cardinali, pensarono alla fuga. Ma prima Lodovico a persuasione d’Ascanio ai 7 settembre del suddetto anno concedette ad Isabella, moglie che fu di Gio. Galeazzo, il ducato di Bari; ai conti Borromei restituì Angera e la fortezza di Arona con Vogogna; ad Alessandro Crivelli diede Gagliate; a Francesco Bernardino Visconti donò la villa Sforzesca, contigua a Vigevano; a Gio. Francesco Marliano, Mortara; ad Ambrogio del Maino, Piopera; ad Antonio Trivulzio, Sartirana, che fu di Cecco Simonetta; a Battista Visconti, Villanuova, e ad altri altre cose. Poi inviò a Como per Germania i suoi figliuoli; uno chiamato Ercole Massimiliano d’anni 9, e l’altro Francesco d’anni 7, con 240 mila scudi, insieme con Ascanio suo fratello e i cardinali Sanseverino ed Estense; di poi si partì anch’egli per Como, dove entrato alloggiò nel vescovado, e pubblicamente ragionò ai Comaschi, prima ringraziandoli della fedeltà, e poi disse loro che quando avessero a cedere per ragion di guerra, dovessero piuttosto accettare i Francesi mortali, che la repubblica Veneziana immortale. E dimandandogli i Comaschi la rocca e la esenzione13 per 10 anni, ottennero e l’una e l’altra consegnando le chiavi a Cesare Rusca, che già l’aveva accompagnato a Bormio dall’imperatore a nome della città. Si partì poi presto per Bellaggio, che donato aveva al marchesino Stanga 14, con Ascanio Maria e gli altri due cardinali, dove facendo dieta con questi ed altri principali che seco aveva, esagerò l’ingratitudine de’ suoi servitori e il tradimento di chi aveva beneficato. E dimandandogli Ascanio Maria a chi avesse dato in custodia il castello di Milano, rispondendo esso a Bernardino Corte pavese, soggiunse subito, Ascanio: E voi del ducato di Milano siete privato•, perché il cardinale Ascanio si era esibito a pigliarne la cura. Partì da Bellagio Lodovico con Ascanio e l’altra compagnia, e pervennero addolorati a Morbegno, a Sondrio, a Tirano e a Bormio con 500 uomini che lo accompagnavano, e poi in Alemagna, ed ultimamente all’imperatore Massimiliano che in Inspruch andò a visitare, dolendosi delle sue disgrazie e promettendogli, rendendosi il Corte, castellano di Milano, al re di Francia, ajuto colla propria persona. Si rese, senza aspettare un colpo d’artiglieria, il traditore Corte ai Francesi pel prezzo di 250 libbre d’oro. Ma infastiditi i Milanesi del governo de’ Francesi, sollecitarono spesso Lodovico ed Ascanio a ritornare a Milano. Però si risolsero far gente da loro, e assoldando Svizzeri, presto passarono i monti e giunsero vicino a Como, ed accostandosi, i Francesi si ritirarono, per aver conosciuto la disposizione de’ Comaschi buona verso gli Sforzeschi, che subito ricevettero nella città.

La perdita della città di Como significata a Milano, generò tal sollevazione nel popolo, che fece tumulto, il perché i Francesi lasciarono la citta, riducendosi a Novara; ed Ascanio Maria entrò in Milano il quinto mese dopo che era partito ai 5 febbrajo, e poi entrò Lodovico, avendo, dal castello in fuori, ricuperato colla medesima facilità colla quale l’aveva perduto, richiamando Pavia e Parma e l’altre città il nome di Lodovico. Ascanio Maria mandò a Venezia il vescovo di Cremona ad offrire la volontà pronta del fratello ad accettare qualunque condizione avessero desiderato; ma il Senato non si volle spartire dalle confederazioni fatte col re di Francia. Il perché Lodovico lasciando Ascanio all’assedio del castello di Milano, passò il Ticino con 1500 uomini d’arme e fanteria Svizzera e prese Vigevano, e pose il campo a Novara, che a patti ebbe, per essere l’esercito reale disunito. Ma unitosi al 21 aprile del 1500 in Mortara, si appressò a Novara, che veduto da ducali ed essendo intelligenza cogli Svizzeri, si resero subito a patti, per danari tradendo Lodovico, che nell’uscire dalla città, travestito da fantaccino svizzero, ai quali s’era raccomandato, il mostrarono ai Francesi che lo presero il 26 aprile, conducendolo prigione a Pontestura, e dissipato l’esercito, e non vi essendo più alcuno ostacolo, e piena ogni cosa di fuga e di terrore. Il cardinale Ascanio il quale già aveva inviate le genti raccolte a Milano verso il campo, sentito tanta rovina, si partì subito da Milano per ridursi in luogo sicuro, seguendolo molti della nobiltà ghibellina, che essendosi scoperti immoderatamente per Lodovico Sforza, disperavano ottener venia dai Francesi.
Ma essendo destino che nella calamità de’ due fratelli si mescolasse colla mala fortuna la frode, si fermò la notte prossima per ricrearsi alquanto dalla fatica ricevuta per la celerità del cammino a Rivolta del Piacentino di qua da Trebbia, quasi di contro al Monastero di Quartazola, castello di Corrado Landi gentiluomo Piacentino, congiuntogli di parentado e di lunga amicizia; il quale mutato l’animo colla fortuna mandò subito a Piacenza a chiamare Carlo Orsini e Soncino Benzoni, soldati e capitani Veneziani, e lo dettero loro nelle mani ed insieme Ermes Sforza fratello del duca Gian Galeazzo morto, ed una parte dei gentiluomini venuti con lui perché gli altri con più utile consiglio, non essendovi voluti fermare la notte, erano passati più avanti.
Fu condotto subito Ascanio prigione a Venezia; ma il re stimando per la sicurtà dello stato di Milano quanto fosse conveniente l’averlo in sua potestà, lo dimandò al Senato, che lo diede in potestà del re. Essendo stato Lodovico condotto prigione a Pontestura (come detto abbiamo di sopra), avendo un solo ragazzo alla servitù, quegli che a tanta gente comandava, e poi a Lione condotto dove allora era il re Lodovico, e introdotto in quella città sul mezzodì concorrendo infinita moltitudine a vedere un principe, poco innanzi di tanta grandezza e maestà, e per la sua felicità invidiato da molti com’era il fratello cardinale Ascanio, ora caduto in tanta miseria. Non ottenne grazia di essere come sommamente desiderava intromesso al cospetto del re; ma dopo due giorni fu menato nella torre di Loches , nella quale stette circa dieci anni senza aver libri da poter leggere, né chi gli tagliasse i capelli, e vi morì.
Seguitollo con molto poi il cardinale Ascanio, il quale ricevuto con maggiore umanità ed onore, e visitato benignamente dal cardinale di Roano, fu mandato in carcere più onorato perché fu messo nella torre di Borges 15, stata già prigione due anni del medesimo re che ora lo incarcerava: tanto è varia e miserabile la sorte umana e tanto incerto ad ognuno quali abbiano ad essere ne’ futuri tempi le proprie condizioni.
Nescia mens hominum fati, sortis futurae: dice Virgilio, e soleva aver in proverbio papa Paolo II 16 ne’ suoi travagli 17.
Il cardinale Roano, essendo morto papa Alessandro VI l’anno 1503 al 18 agosto, si partì di Francia per Roma per l’elezione del nuovo pontefice18, menando seco il cardinale d’Aragona ed il cardinale Ascanio, il quale cavato di prigione della torre di Borges, era poi stato trattenuto onoratamente nella corte ed accarezzato molto dal Roano, sperando che nella prima vacazione del pontificato gli avesse a giovar molto l’antica riputazione, e l’amicizia e dipendenze grandi ch’egli soleva avere nella corte romana: fondamenti non molto saldi; perché né il Valentino poteva disporre totalmente de’ cardinali Spagnuoli intenti più, secondo l’uso degli uomini, all’utilità propria che alla rimunerazione dei beneficj ricevuti dal padre e da lui; e perché molti di loro avevano rispetto a non offendere l’animo de’ proprj re, non sarebbero trascorsi ad eleggere in pontefice un cardinale Francese, né Ascanio se avesse potuto avrebbe consentito che Roano conseguisse il pontificato a perpetua depressione ed estinzione d’ogni speranza che avanzava a sé e alla casa sua. Però fu eletto Francesco Piccolomini ai 22 settembre 1503 consentendo il cardinale Roano, e si chiamò Pio III per rinovare la memoria di Pio li suo zio. Morì questo papa ai 18 ottobre del medesimo anno; il perché Giuliano della Rovere fu eletto papa prima che i cardinali entrassero in conclave e si chiamò Giulio II.
Assentì a questa elezione il cardinale Roano, perché disperato di poter ottenere il pontificato per sé, sperò che per le dipendenze passate avesse ad esser amico del suo re, il quale gli aveva conferito tutti i beneficj che furono di Ascanio quando fu preso il vescovado di Pavia, di Novara, la Commenda del monastero di Chiaravalle, di Civate, di Lodi vecchio ed altri. Assentì il cardinale Ascanio riconciliato prima con lui, deposta la memoria delle antiche contenzioni che furono cause del papato di Alessandro VI; perché conoscendo meglio che non aveva fatto il cardinale Roano la sua natura, sperò che diventato pontefice, avesse ad avere l’ingratitudine medesima o maggiore di quella che aveva avuto in minor fortuna e concetti tali, che gli potrebbero aprire la via a ricuperare il ducato di Milano. Sebbene il giudizio fatto da Ascanio del pontefice fosse vero, la speranza di conseguire il ducato fu vana: perché Ascanio morì in Roma all’improvviso di peste l’anno 1505 ai 20 maggio, in età di 51 anni, dice il Guicciardini nel VI libro della sua Storia, e il Bonacossi col Ciacone nelle Vite de’ Cardinali, e fu sepolto in S. Maria del popolo. Ma il Giovio tiene che morisse di veleno in Roma. Il Bembo, a tutti contrario, afferma nel libro V delle sue Storie che morì prigione insieme col fratello. In questo modo terminò la vita il grande cardinale Ascanio: esempio della instabilità (come si suol dire) della fortuna nel principio, nel mezzo e nel fine 19

Note

  1. Vale a dire nel Duomo che a’ primi tempi dicevasi Chiesa Maggiore.
  2. Cioè all’abbazia di Chiaravalle
  3. Notevole borgo sull’Appennino in vicinanza della frontiera Parmense nella provincia di Chiavari.
  4. Il contado di Lugano.
  5. Essendo Ascanio vescovo di Pavia fece innalzare il bellissimo Duomo di quella città.
  6. L’attuale palazzo di corte.
  7. In questo tempo venne eziandio esiliato il Trivulzio, il quale disperando della patria, si mise sotto gli ordini di Francia.
  8. Vedi la nota a pag. 99 in cui è riportata la lagrimevole lettera d’Isabella, moglie di Gian Galeazzo.
  9. Costui fu assunto poi al papato; ed è quel Giulio II che fu il terrore delle armate straniere in Italia, e che guidava egli stesso gli eserciti agli assalti delle città.
  10. Questo detto è ripetuto eziandio nella Vita di Lodovico il Moro, scritta dal Barbuò.
  11. Vedi le Memorie Storiche di Filippo di Comines, ove parla a lungo della discesa di Carlo VIII in Italia. Consultinsi pure i due primi libri della Storia d’Italia del Guicciardini e i primi libri della Storia de’ suoi tempi, di Paolo Giovio.
  12. Cioè: Limonta e Civenna; due terre del Comasco, già feudi del Monastero di S. Ambrogio.
  13. Vuolsi dire l’esenzione delle gabelle.
  14. Sia in questo luogo che altrove devesi intendere Stampa.
  15. Cioè: Bourges.
  16. Il famoso Enea Piccolomini, del quale abbiamo alle stampe molte storie.
  17. Questo verso è tolto dal libro X dell’Eneide: ma per completare la massima che racchiude bisogna aggiungervi il susseguente che dice: Et seruare modum rebus sublata secundis. Cioè:
    O cieche umane menti,
    Come siete de’ fatti, e del futuro
    Poco avvedute: e come oltra ogni modo
    Ne’ felici successi insuperbite.
    ANNIBAL CARO, trad. dell’Eneide.
  18. Cioè: Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro vi, il quale si diede ogni cura alla morte del padre di avere un successore a sè favorevole ma non vi riuscì.
  19. Nella chiesa di S. Maria del Popolo in Roma, dal quale ricavasi che visse 50 anni, e che morì nel 1505, vedesi un grandissimo monumento, fatto da Andrea Sansovino, per ordine di Giulio II. Si può vedere il disegno nelle Famiglie celebri italiane del Litta. Vedi eziandio la Vita del cardinale Ascanio Sforza nel Ciaconio: hitxpontiflcum atque cardinalum. Di questo cardinale ci rimane ricordanza in Milano nel magnifico monastero, nella Basilica di S. Ambrogio, stupenda architettura del Bramante. Il principe dei cronisti Milanesi (Bernardino Corio) dedicò la sua Storia al cardinale Ascanio, dalla qual dedica si conosce che il cardinale era protettore delle lettere.