Vita Nova/Gli editori

Gli editori

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Vita nova
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GLI EDITORI.



Egli non può negarsi, che la Vita Nova di Dante Alighieri stato non sia fin qui tal libretto, che, ad onta delle molte cure che v’hanno spese intorno critici riputatissimi, abbia, resistito in parecchi luoghi all’acutezza de’ più perspicaci, sia per vizio di disposizione, sia per guise di dire malconce ed oscurate da copisti. Venutoci però da poco tempo alle mani un codice cartaceo in quarto 1, scritto sull’incominciare del secolo XV, e da noi esaminato, parve offerire di questa operetta una lezione tanto limpida e sicura, che sperammo acquistar grazia presso gli eruditi, rendendola, come facciamo, di pubblica ragione. E perchè i lettori avessero perpetuo argomento di ammirare l’interezza di questo testo, divisammo di corredarlo in margine delle varianti ricalate dalle più celebri edizioni che della Vita Nova uscirono fin [p. vi modifica]qui; non trascurando le varianti delle rime antiche, per ciò che riguarda le poesie 2.

Pregiasi il nostro manuscritto di un’antichità verisimilmente più remota di quella che vantino gli altri codici della Vita Nova che consultati furono sin qui; offre circa 850 diverse lezioni, per le quali il dettato acquista eleganza maggiore, o maggior chiarezza il senso, e qualche volta ancora si arricchisce la lingua di nuovi modi, e di significati e parole fino al [p. vii modifica]presente non avvertite. Inoltre è singolare in esso trovarsi le narrazioni e le poesie disposte per ordine colle loro dichiarazioni e divisioni lineate in color rosso. Ciò che ha data occasione a noi di credere che in tempi più vicini a Dante queste dichiarazioni e divisioni si considerassero tuttavia come fuori del seguito dell'operetta; e ci siamo però consigliati di separarle dal testo, riguardandole siccome semplici note o chiose. Cosi la Vita Nova assume nella nostra edizione un andamento insolito, per difesa del quale ci richiamiamo a quanto il Biscioni osservò già nelle sue Annotazioni sopra la Vita Nuova, e a ciò che disse della Nota occorsagli nel Codice Guicciardini, ove sono le divisioni delle poesie poste in margine a modo d'interpretazioni. Ma di tale nuova disposizione altre ragioni intrinseche fornisce, al veder nostro l’operetta medesima. Osserviamo in essa, come ogni qualvolta l'autore indicar vuole dove comincino le parti in cui egli divide le sue poesie fa uso costantemente di questo modo: la seconda .... la terza (parte) comincia quivi. Per che a noi sembra, che con quell'avverbio di lontananza QUIVI esso ne voglia richiamare a cosa asso lutamente disgiunta da quella che si abbia allora sott’occhio. Questo e non altro essere stato l'intendimento dell'Alighieri confermasi eziandio [p. viii modifica]da ciò, che allorquando per la squisitezza della materia vuol egli che chi flgge si spedisca in certa guisa dall’impaccio delle chiose in fine, acciocchè l’effetto delle poesie riesca più pieno dispone che precedano alle medesime le lor dichiarazioni e divisioni. Degno ancora da osservarsi è, che nelle chiose per alcun tratto anteposte alle poesie l’autore stesso fa uso di questo modo: dissi lasso: dissi peregrini ecc. Se le chiose formassero un corpo solo col testo nè dovessero leggersi separate potrebb’egli difendersi sanamente che Dante scritto avesse con buona sintassi usando la voce dissi nell’atto di dichiarare ciò che peranche non avea detto? Tutte queste ragioni insieme ci hanno indotti a separare l’esposizione delle poesie dal testo loro, e dalle interposte narrazioni.

Sarà forse tra lettori chi avrebbe desiderato maggior copia d’erudizione nel preambolo, e nelle nostre note che tratto tratto s’incontreranno a pie’ di pagina. Ma noi, pensando che poco si sarebbe potuta aggiungere a quella che spiegarono in proposito il canonico Biscioni, e ultimamente gli editori Pogliani, ci siamo tenuti contenti alla sola diligenza de’ confronti, rimettendo per tutto il resto gli studiosi alle due nominate edizioni.

  1. Passato dalle mani del sig. Antonio Figna libraio di Forlì a quelle di Annesio Nobili stampatore libraio in Pesaro.
  2. L’edizioni sono: quella di Firenze 1576 pel Sermartelli in 8.° piccolo: quella similmente di Firenze 1723 pel Tartini e Franchi in 8.° procurata dal Biscioni: e la recente di Milano 1827 pel Pogliani in 8.° Quanto alle rime antiche, ci siamo serviti dell’edizione Giuntina 1527 in 8.° Noi citiamo l’edizione 1576 per S. (Sermartelli): l’edizione 1723 per B. (Biscioni): l’edizione 1827 per P. (Pogliani) e quella delle rime antiche per RA. Non c’è riuscito di poter avere sott’occhio l’edizione Sermartelli; laonde ci è convenuto stare alla fede di un amico che ne ha notati diligentemente i luoghi in cui questa edizione discorda da quella del Biscioni. Speriamo che i lettori vorranno scusarci (se non saperci grado) dell’avere ommesse parecchie varianti dipendenti principalmente dall’ortografia del nostro codice, come sarebbero: virtute ― puose ― vene (per viene) ― fare ― contastare ― loco ― esto ― diciere ― sanza matèra ― ecc.