Virginia (Alfieri, 1783)/Atto primo
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VIRGINIA TRAGEDIA.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA. NUMITORIA, VIRGINIA.
Numitoria. ’
C He più trarresti? Vieni: è tempo ornai Di rientrar.
Virginia.
Per questo foro, o Madre,
Non passo io mai senza che al piè rattegno Alto pensier mi faccia.E questo il Campo, Donde tuonar già un dì liberi sensi 5
Icilio mio s’udìa; muto or lo rende Assoluto poter; deh! come giusto N’è in lui lo sdegno, ed il dolor!
Numitma.
S’ci t’ama,
Xij } 2i VIRGINIA.
Oggi alcun dolce all’amarezza sua Forse avverrà ch’ei mesca.
Virginia.
Oggi? S’ei m’ama? io
Numitoria.
Sì, Figlia; ascolta, ed esaudisce alfine
11 Genitor tuoi caldi voti: ei scrive
Dal Campo, e affretta le tue Nozze ei stesso.
Virginia.
E fia ver? Fine al sospirar mio lungo Pur giunge? Oh Ciel! Quanto mi fai tu lieta. I Numitoria.
Non men che a te caro a Virginio ognora Icilio fu: Romani entrambi; e il sono,
Più che di nome, d’opre. Il pensier tuo Altamente locar più non potevi,
Che d’Icilio nel cor: se a lui donarti 2
Indugiò il Padre, in te pari a beltade Aspettava virtù; d’Icilio degna,
Pria che d’Icilio Sposa ei ti volea. ATTO PRIMO. 5*3
Virginia.
Tal dunque oggi mi crede? Oh inaspettata Immensa gioja! L’ottener tal Sposo 25
D’ogni ben primo il reputai; ma fia D’assai maggiore il meritarlo.
Nmnitoria.
Il merti;
Ed ei ti morta, ci sol. Romano egli osa Mostrarsi ancor» mentre si stà pur Roma In reo silenzio attonita vilmente» 3°
E nel servaggio libera si crede.
Simili a lui fosser que’ vili Illustri,
Cui de’ grancPAvi in un narrar le imprese Giova, e tradirle. In cor d’icilio han seggio Virtù, valor, senno, incorrotta fede.... 35
j Virginia.
Nobil non è, ciò basta; c perciò piacque Al mio non guasto cor. Non ei venduto Ai Tiranni di Roma: accolta io veggo Nella libera al par, che ardita fronte La maestà del Popolo Romano.
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336 VIRGINIA
Voglie albergate; Voi, cui sempre rode Malnata invidia, astio, e livor di nostre Virtù plebee, da voi, non che non use, Non conosciute mai. Maligni, ai lacci Porgon le man, purché s’annodi al doppio La Plebe: il rio servaggio, il mal di tutti, Pria che con noi la dolce libertade Goder divisa, vonno: infami, a cui La nostra gioja è pianto, il doJor gioja.
Ma i tempi, spero, cangieransi; e forse N’è presso il dì....
P opolo.
Dch’l fosse pur! Ma.
Marco.
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2:5
230
Gessa,
Non più: rifarti or qui Tribun di Plebe Vorresti forse? A te, ben sò, può solo 235 Ornai giovar sedizione, c sangue;
Ma tolga il Ciel, che a sì nefando effetto Oggi mezzo i’ti sia. Macchina, spargi Infra Costoro il tuo veleno ad arte; Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/341 Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/342 Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/343 Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/344 Pagina:Alfieri - Tragedie, Siena 1783, I.djvu/345 342 VIRGINIA
Cura mi fia sollecita. Frattanto Andiam; vi sono ai vostri Lari io scorta.
Sollievo a voi, tristo, ma il sol» eh io possa Darvi per or, sia la certezza, o Donne,’ 305 Ch’ove a giustizia non rimangan vie;...
Col brando aprirne una a vendetta giuro.