Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo XXXVII

Capitolo XXXVII

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CAPITOLO XXXVII.



Dalla spedizione degli Argonauti sino all’assemblea de’ Notabili, dalla più profonda profondità d’averno sino all’ultima stella fissa al di là della via lattea, sino ai confini dell’universo, sino alle porte del caos, ecco il vasto campo ov’io m’aggiro in lungo e in largo e a tutto mio agio (non mancandomi il tempo niente più che lo spazio) sulle tracce or d’Omero, or di Virgilio, ora d’Ossian, ora di Milton, ora non mi ricordo di chi.

Tutti gli avvenimenti che ebbero luogo fra le due epoche pur dianzi accennate; tutti i paesi, tutti i mondi, tutti gli esseri che esistono fra i due termini ch’io diceva, tutti mi appar[p. 135 modifica]tengono così bene, così legittimamente, come i vascelli entranti nel Pireo appartenevano a certo Ateniese.

Amo particolarmente i poeti, che mi trasportano alla più rimota antichità. La morte dell’ambizioso Agamennone, i furori d’Oreste, e tutta la tragica istoria della famiglia degli Atrei perseguitata dal fato m’ispirano un terrore, che i moderni casi non possono far nascere in me.

Ecco l’urna fatale, che racchiude le ceneri d’Oreste... Chi non fremerebbe al vederla?.. Elettra, sventurata sorella, ti calma: Oreste medesimo è quegli che la porta, e le ceneri in essa contenute sono quelle dei suoi nemici.

Più oggi non si ritrovano rive simili a quelle del Xanto o dello Scamandro; — e più non si veggono [p. 136 modifica]pianure come quelle dell’Esperia e dell’Arcadia. — Ove sono ora le isole di Lenno e di Creta? Ove il famoso laberinto? Ove il sasso che Arianna abbandonata bagnava delle sue lagrime? — Più a nostri dì non s’incontrano Tesei, e molto meno Ercoli: gli uomini ed anche gli eroi di questo tempo sono pigmei.

Quando poi bramo godere di tutte le forze della mia immaginazione, quando aspiro al piacere dell’entusiasmo, mi appiglio arditamente al lembo ondeggiante della veste in cui s’avvolge il sublime cieco d’Albione, allor ch’egli si slancia verso il cielo, ed osa inoltrarsi fino al trono dell’Eterno. — Qual musa potè scorgerlo a quell’altezza, a cui nessuno prima di lui ebbe tanta forza di sollevare gli sguardi? — Dalle sfolgoranti soglie celesti, [p. 137 modifica]che l’avaro Mammona mira con occhio d’invidia, io passo con orrore entro le vaste caverne del soggiorno di Satana; — assisto all’infernale consiglio; mi frammischio alla folla degli spiriti ribelli, e ascolto i loro discorsi.

Ma bisogna ch’io qui confessi una debolezza, che spesso mi sono rimproverata.

Non posso fare ch’io non m’interessi a quel povero Satana precipitato dal cielo: — parlo, intendiamoci, del Satana di Milton. Biasimando la sua pervicacia, sono però dalla fermezza ch’ei mostra nella sventura, dalla grandezza del suo coraggio forzato mio malgrado all’ammirazione. -— Quantunque io non ignori i funesti effetti della superba risoluzione che il conduce a forzar le porte d’inferno, onde venir a turbare il pacifico asilo dei [p. 138 modifica]nostri progenitori, non posso, per quanto mi sforzi, bramar un istante di vederlo perire per via nella confusione del caos. Credo anzi ch’io l’ajuterei volentieri, se vergogna non mi ritenesse. Io segno ogni suo moto, e provo ugual piacere a viaggiare con lui, come se mi trovassi col miglior de’ compagni. Ho bel riflettere che alla fine è un demonio; ch’egli è in cammino onde perdere l’uman genere... questo non può guarirmi dalla mia prevenzione.

Qual vasto disegno! o quale ardimento nell’eseguirlo?

Allorché le spaziose e triplici porte d’inferno si spalancarono d’improvviso, onde apparvero ai piè di Satana i profondi orrori della notte e del nulla, — ei li misurò con occhio imperterrito, e aperte, senza esitare, le [p. 139 modifica]vaste sue ali, onde avria coperto intero un esercito, si precipitò nell’abisso.

Or lo seguiti chi si sente da tanto. — Bellissimo certamente fra tutti gli sforzi d’immaginazione; e bellissimo fra tutti i viaggi; dopo quello però intorno alla mia camera.