Viaggio in Dalmazia/De' Costumi de' Morlacchi/4. Degli Haiduci
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§. 4. Degli Haiduci.
Il pericolo maggiore, che potrebbe temervisi, viene dalla quantità di Haiduci, che suol ritirarsi pelle grotte, e pe’ boschi dell’aspre, e rovinose montagne di quel confine. Non bisogna però farsene paura oltremodo. Il ripiego, per viaggiare con sicurezza ne’ luoghi alpestri, si è appunto quello di prendere per iscorta una coppia di que’ galantuomini, che non sono capaci d’un tradimento. Nè dee far ribrezzo il sapere, che sono banditi: imperocchè mettendo le mani nelle cause della loro misera situazione, si trovano pell’ordinario casi più atti a destar compassione che diffidenza. Guai agli abitanti delle Città maritime della Dalmazia, se i pur troppo esorbitantemente moltiplicati Haiduci avessero un fondo di carattere tristo! Eglino menano una vita da lupi errando fra precipizj dirupati, e inaccessibili, aggrappandosi di sasso in sasso per iscoprir da lunge le insidie, agitati da un continuo sospetto, esposti all’intemperie delle stagioni, privi sovente del necessario alimento, costretti ad arrischiar la vita per procurarselo, e languenti nelle più orrende, e disabitate sinuosità delle caverne. Non sarebbe da meravigliarsi, se frequentemente si udissero tratti d’atrocità da questi uomini insalvatichiti, e irritati dal sentimento sempre presente d’una sì miserabile situazione; è ben da stupire, che, lungi dall’intraprendere cos’alcuna contro le persone, alle quali credono dovere le proprie calamità, essi rispettino pell’ordinario la tranquillità de’ luoghi abitati, e sieno scorte fedeli de’ viandanti. Le loro rapine ànno per oggetto gli animali bovini, e le pecore, cui traggono nelle loro spelonche, onde avervi di che nudrirsi, e far provvisione di cuojo per le scarpe. Sembra un tratto di barbara indiscretezza l’uccidere il bue d’un poveruomo per servirsi solamente d’una picciola porzione della carne, e della pelle; ed io ò sentito più volte chi ne faceva amare, e giuste doglianze contro gli Haiduci. Non mi passerebbe mai pel capo di voler far loro l’Apologia su di questo: ma non si dee però lasciar di riflettere, che le Opanche, o scarpe sono per quegl’infelici un affare di prima necessità, da che trovansi condannati a trarre una vita errante per luoghi asprissimi, ignudi d’erba, e di terra, coperti di punte acutissime di duri macigni, rese vieppiù scabrose, e taglienti pell’ingiurie dell’aria, e de’ secoli. Accade talvolta, che la fame cacci delle partite di Haiduci alle capanne de’ pastori, dove chiedano violentemente da mangiare, e se ne tolgano a forza, se peravventura venisse loro negato. In sì fatti casi, chi fa resistenza à il torto per ogni titolo; il coraggio di questi uomini risoluti è proporzionato al bisogno, e alla vita selvaggia, cui menano. Quattro Haiduci non temono d’assalire una caravana di quindici, e venti Turchi; e la sogliono spogliare, e metter in fuga.
Se accade talvolta, che un Haiduco sia preso da’ Panduri, questi non lo legano già, come i birri usano di fare fra noi; ma sciogliendogli la funicella de’ calzoni glieli fanno cadere su le calcagna, onde non possa fuggire, e dia del mostaccio in terra se tentasse di farlo. È cosa molto umana l’aver trovato un ripiego per assicurarsi d’un uomo, senza legarlo all’uso delle bestie più vili. La maggior parte degli Haiduci si credono uomini di garbo, quando si sono macchiati di sangue Turchesco. Uno spirito di Religione mal intesa, combinato colla naturale, e coll’acquisita ferocia, porta costoro violentemente a molestare i confinanti, senza verun riguardo alle conseguenze. In questo ànno colpa sovente i loro Ecclesiastici pieni d’impeto Nazionale, e di pregiudizj, che mantengono, e non di rado riscaldano il fermento dell’odio contro i Turchi, come contro a figliuoli del Demonio, invece d’invitar i buoni Cristiani a pregar la Clemenza Divina pella loro conversione.