Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/La Rassegnazione
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LA RASSEGNAZIONE
AL PADRE ***
CONSERVATORE DELL’ORDINE DELLO STATU-QUO.
Dite un po’, Padre mio, sarebbe vero
Che ci volete tanto rassegnati
Da giulebbarci in casa il forestiero
Come un cilizio a sconto de’ peccati,
E a Dio lasciare la cura del poi,
Come se il fatto non istesse a noi?
Eh via, Padre, parliamo da Cristiani:
Se vi saltasse un canchero a ridosso,
Lascerete là là d’oggi in domani
Che col comodo suo v’arrivi all’osso?
Aspetterete lì senza Chirurgo
Che vi levi da letto un Taumaturgo?
Uno che nasce qui nel suo paese,
Che di nessuno non invidia il covo,
Se non fa posto, se non fa le spese
A chi gli entra nel nido e ci fa l’ovo,
Se non gli fa per giunta anco buon viso,
Secondo voi, si gioca il Paradiso?
LA RASSEGNAZIONE
Noi siam venuti su colla credenza
Che il mondo è largo da bastare a tutti:
E ci pare una bella impertinenza,
Che una ladra genía di farabutti
Venga a imbrogliar le parti di lontano
Che fa Domine Dio di propria mano.
Questa dottrina di succhiarsi in pace
Uno che ci spelliccia allegramente,
Padre, non è in natura, e non ci piace
Appunto perchè piace a certa gente:
Caro Padrino mio, questa dottrina,
Secondo noi, non è schietta farina.
Vedete? Ognuno di scansar molestia
Si studia a più non posso e s’arrabatta:
E morsa e tafanata, anco una bestia
Vedo che si rivolta e che si gratta:
E noi staremo qui come stivali
Senza grattarci quest’altri animali?
«Siamo fratelli, siam figli d’Adamo,
» Creati tutti a immagine d’Iddio;
» Siam pellegrini sulla terra; siamo,
» Senza distinzïon di tuo nè mio,
» Una famiglia di diverse genti...»
Bravo, grazie, non fate complimenti;
E facciamo piuttosto in carità
Tanti fratelli, altrettanti castelli!
Di quella razza di fraternità
Anco Abele e Caino eran fratelli!
Finchè ci fanno il pelo e il contrappelo,
Che c’entra stiracchiare anco il Vangelo?
Questo vostro dolciume umanitario,
Questa fraternità tanto esemplare,
Che di santa che fu là sul Calvario
L’hanno ridotta ad un intercalare,
Vo’ l’usereste, ditemi, appuntino
Tanto al ladro diritto che al mancino?
Oh io, per ora, a dirvela sincera,
Mi sento paesano paesano:
E nel caso, sapete in qual maniera
Sarei fratello del genere umano?
Come dice il proverbio: amici cari,
Ma patti chiari e la borsa del pari.
Prima, padron di casa in casa mia;
Poi, cittadino nella mia città;
Italiano in Italia, e così via
Discorrendo, uomo nell’umanità:
Di questo passo do vita per vita,
E abbraccio tutti e son cosmopolita.
La Carità l’è santa, e tra di noi
Che siamo al sizio venga e si trattenga;
Ma verso chi mi scortica, po’ poi,
Io non mi sento carità che tenga:
Padrino, chi mi fa tabula rasa,
Pochi discorsi, non lo voglio in casa.
Questa marmaglia di starci sul collo
Non si contenta, ma tira a dividere,
Tira a castrare e a pelacchiare il pollo,
Come suol dirsi, senza farlo stridere:
E la pazienza in questo struggibuco
La mi doventa la virtù del ciuco.
L’ira è peccato! Sì, quando per l’ira
Se ne va la giustizia a gambe all’aria:
Ma se le cose giuste avrò di mira,
L’ira non sento alla virtù contraria.
Fossi Papa, scusatemi, a momenti
L’ira la metterei tra’ Sacramenti.
Cristo, a questo proposito, ci ha dato,
Dolce com’era, un bellissimo esempio
(E lo lasciò perchè fosse imitato),
Quando, come sapete, entrò nel Tempio
E sbarazzò le soglie profanate
A furia di santissime funate.
Fino a non far pasticci, e all’utopie
Tenere aperto l’occhio e l’uscio chiuso;
Fino a sfidare il carcere, le spie,
L’esilio, il boia, e ridergli sul muso;
Fino a dar tempo al tempo, oh Padre mio,
Fin qui ci sono, e mi ci firmo anch’io.
Ma la prudenza non fu mai pigrizia.
Vosignoria se canta o sesta o nona,
Canta: Servite Domino in lætitia;
E non canta: servitelo in poltrona.
Chi fa da santo colle mani in mano,
Padre, non è cattolico, è pagano.