Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Il Giovinetto
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IL GIOVINETTO.
Misero! a diciott’anni
Si sdraia nel dolore
D’aerei disinganni,
E atteggia al mal umore
Il labbro adolescente,
Che pipa eternamente.
Beccando un po’ di tutto,
Ossia nulla di nulla,
CGol capolino asciutto
Si sventola e si culla
In un presuntuoso
Ozio, senza riposo.
Pallida, capelluta
Parodía d’Assalonne,
Circuendo alla muta
Geroglifiche donne,
Almanacca sul serio
Un pudico adulterio.
E mentre avido bee
L’insipido veleno
Delle Penelopee,
Che si smezzano in seno
Il pudore, l’amore,
Il ganzo e il confessore,
Petrarca da commedia,
Eunuco insatirito,
Frignando per inedia
Elegiaco vagito,
Rimeggia il tu per tu
Tra il Vizio e la Virtù.
Convulso, semivivo,
Sfiaccolato, cascante;
Amico putativo
E putativo amante,
Annebbiando il cipiglio
Tra l’inno e lo sbadiglio;
In asmatiche scede
Di Dio cincischia il nome:
Ma il lume della fede
In lui scoppietta, come
Lucignolo bagnato,
Cristianello annacquato.
Canta l’Italia, i lumi,
Il popolo, il progresso,
Già già rettoricumi
Per gli Arcadi d’adesso:
Tuffato in cene e in balli,
Martire in guanti gialli;
Per abbuiar la monca
Vanità della mente,
Geme dell’ala tronca
All’ingegno crescente;
Di dottarelli in erba
Querimonia superba.
Si paragona al fiore
Che innanzi tempo cade,
A cui manca il tepore
E le molli rugiade;
E non ha cuor nè senno
Di dir: mi sento menno.
Ricco dell’avvenire,
Casca sull’orme prime;
Balbetta di morire...
E di che? Di lattime?
O anima leggera,
Sfiorita in primavera,
Spossate ambizïoni,
Scomposti desidéri,
Mole, aborti, embrioni
Di stuprati pensieri,
E un correre alla matta
Col cervello a ciabatta,
In torbida anarchia
Ti tengono impedita.
Per troppa bramosia
D’affollarti alla vita,
T’arrabatti nel Limbo,
Paralitico bimbo.