Vera storia di due amanti infelici ovvero Ultime lettere di Iacopo Ortis (1912)/Lettera XVIII

Lettera XVIII

../Lettera XVII ../Lettera XIX IncludiIntestazione 6 settembre 2020 75% Da definire

Lettera XVII Lettera XIX
[p. 104 modifica]

LETTERA XVIII

Padova...

Di questa lettera si è smarrito il principio, dove Iacopo descrive i costumi delle societá civili e certo dissapore, a cui pel suo ingenuo carattere e pe’ suoi modi assai schietti andò incontro. Disgustato quindi del soggiorno di Padova, risolve di allontanarsene. L’editore crede acconcio di inserirvi il fine, che solo per avventura gli rimane di tutta la lettera, potendosi da questo desumere quello che manca.

... onde tu vedi ch’io devo drizzar gli occhi soltanto al raggio di salute, che il caso propizio mi ha presentato. Ma, ti scongiuro, [p. 105 modifica] risparmia il solito intercalare: — Iacopo! Iacopo! questa tua indocilitá ti fa divenire misantropo. — E ti pare che, se odiassi gli uomini, mi dorrei, come fo, de’ lor vizi? Tuttavia, poiché non so riderne e temo d’imbrattarmi, io stimo miglior partito la ritirata. E chi mi affida dall’odio di questa razza d’uomini tanto da me diversa? Né giova disputare onde scoprire per chi stia la ragione: non lo so, né la pretendo tutta per me. Quel che importa di sapere, si è (e tu in ciò sei meco d’accordo) che quest’indole mia schietta, ferma, leale, o piuttosto ineducata, tenace, imprudente, e la religiosa etichetta, che veste d’una stessa divisa tutti gli esterni costumi di costoro, non si confanno, perché davvero io non mi sento in umore di cangiar d’abito. Per me dunque è disperata perfino la tregua, anz’io sono in aperta guerra, e la sconfitta è imminente; perché non so nemmeno combattere con la maschera della dissimulazione, virtú d’assai credito e di maggiore profitto. Ve’ la gran presunzione! Io mi reputo men deforme degli altri, e sdegno perciò di contrafarmi; anzi, buono o reo ch’io mi sia, ho la generositá o, di’ pure, la sfrontatezza di presentarmi nudo e quasi quasi come la madre natura mi ha fatto. Che se talvolta io dico a me stesso: — Pensi tu che la veritá in bocca tua sia men temeraria? — io da ciò ne desumo che sarei matto, se, avendo trovato nella mia solitudine la tranquillitá de’ beati, i quali s’imparadisano nella contemplazione del sommo bene, io, per... «per evitare il pericolo d’innamorarmi» (ecco la tua stessa espressione), mi commettessi alla discrezione di questa turba cerimoniosa e maligna.