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Sonetti del 1832 191

UNA LINGUA NOVA

     Cuer Giammaria che tt’inzurtò a Ttestaccio,1
E mmo assercita l’arte de la spia,
Passava mercordì dda Pescaria2
Co ttanto de tortóre3 sott’ar braccio.

     Ner travedello, io che nun zo’ che ssia,4
Ma nu lo pòzzo sscerne cuer mustaccio,
Arzo un zércio5 da terra, e ppoi jje faccio:
“A la grazzietta, padron Giammaria.„

     “Chi è?„ ddisce svortannose er gabbiano:
E, ppunf, in ne li denti io je rispose
Co’ cquer confetto che ttienevo in mano.

     “Nun ve pijjate pena de ste cose,
Dico “perchè cquest’è, ssor paesano,6
La lingua de parlà co’ le minose.„7


Roma, 2 dicembre 1832

  1. Luogo dove la plebe corre nella primavera, e più in ottobre, gozzovigliare, stantechè nel monte formatosi ne’ bassi tempi di rottami di vasi (testa) e quindi detto Testaccio, sono scavate grotte entro le quali si mantengono freschissimi vini. Il prato inoltre, che trovasi innanzi al detto monte e alla famosa piramide dell’epulone C. Cestio, è molto opportuno ai sollazzi romorosi. Anzi ne’ secoli andati la città di Roma suoleva darvi i pubblici e talora crudi e cruenti spettacoli. In un canto di esso prato trovasi il cemetero de’ riformati.
  2. Mercato principale del pesce, fra gli avanzi del magnifico porico di Ottavia.
  3. [Bastone grosso e greggio e piuttosto corto, atto a dar busse. Ma propriamente tortóre è quel randello che serve a stringer fortemente le funi con cui si legano balle, carichi e cose simili (operazione che in Toscana dicesi arrandellare, o, più volgarmente, attortare). Ed è usato anche nella montagna pistoiese; ma in altri luoghi di Toscana si dice tortéro. Ognun vede che questo vocabolo è necessario; e infatti non manca al francese (tortoir), né mancava alla bassa latinità (tortor: nel Du Cancer). Eppure, manca a tutti i nostri vocabolari, salvo quello dell’Uso Toscano del Fanfani!]
  4. Non comprendo il perchè.
  5. Selce.
  6. [Una, cioè di quelle piccole pietre riquadrate, con cui son selciate le strade di Roma.]
  7. Spia.