Una generazione
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Una generazione
Un ragazzo veniva a giocare nei prati
dove adesso s'allungano i corsi. Trovava nei prati
ragazzotti anche scalzi e saltava di gioia.
Era bello scalzarsi nell’erba con loro.
Una sera di luci lontane echeggiavano spari,
in città, e sopra il vento giungeva pauroso
un clamore interrotto. Tacevano tutti.
Le colline sgranavano punti di luce
sulle coste, avvivati dal vento. La notte
che oscurava finiva per spegnere tutto
e nel sonno duravano solo freschezze di vento.
(Domattina i ragazzi ritornano in giro
e nessuno ricorda il clamore. In prigione
c’è operai silenziosi e qualcuno è già morto.
Nelle strade han coperto le macchie di sangue.
La città di lontano si sveglia nel sole
e la gente esce fuori. Si guardano in faccia).
I ragazzi pensavano al buio dei prati
e guardavano in faccia le donne. Perfino le donne
non dicevano nulla e lasciavano fare.
I ragazzi pensavano al buio dei prati
dove qualche bambina veniva. Era bello far piangere
le bambine nel buio. Eravamo i ragazzi.
La città ci piaceva di giorno: la sera, tacere
e guardare le luci in distanza e ascoltare i clamori.
Vanno ancora ragazzi a giocare nei prati
dove giungono i corsi. E la notte è la stessa.
A passarci si sente l’odore dell’erba.
In prigione ci sono gli stessi. E ci sono le donne
come allora, che fanno bambini e non dicono nulla.