Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 75
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Dell’honore, et buona creanza verso gli eguali, et inferiori. Cap. LXXV.
Hora se bene il presente discorso è solo di quel rendimento d’honore che al padre, et ad alcun’altre persone si deve, le quali però in qualche modo sotto il nome di padre sono comprese, nondimeno perche al fanciullino per la tenerezza della età, ciascuno in un certo modo è padre, et superiore, et per continuare la conseguenza della materia, ricordaremo al nostro padre di famiglia in questo luogo qualche cosa di quello honore, et di quei termini di creanza, et di urbanità, che con tutti conviene usare nella conversatione commune. Questi consistono nelle parole et ne i gesti del corpo riverenti, per i quali si dimostra la stima che noi facciamo di alcuna persona. Per tanto il nostro buon padre non negligerà in modo alcuno di assuefar a buon’hora il piccolo fanciullo à questa buona creanza, si che chiamato vada prontamente, facci riverenza, non stia ritroso, et zotico alla presenza altrui, ma modesto et vergognoso, non si scontorca co’l corpo, nè con le mani alla bocca, o in altra guisa faccia alcun moto indecente, ma stia composto et attento mentre altrui gli ragiona, et nel rispondere si avvezzi a lasciar il nudo sì, et il nò, che a i puttini come più breve et espedito, è più ordinario, dicendo in quella vece secondo l’uso de i nostri tempi, signor sì, et signor nò, et messer sì, et messer nò, similmente nel dare et ricevere delle cose facci segno di riverenza, et crescendo con gli anni sia pronto a salutare, ad assurgere, a ceder i primi luoghi, usando sempre di una certa modestia, ch’è grande ornamento de i giovanetti. Et perche per leggiere parole nascono tal’hora gravissimi inconvenienti, avvezzi il padre il figliuolo a rispondere modestamente, massime nel negare alcuna cosa, et contradire a quello che altri afferma; onde non è da dire come molti fanno, voi non intendete, voi v’ingannate, non è vero, et altri simili modi di parlare, che hanno apparenza d’un certo disprezzo, ò almeno di non fare molta stima della persona con cui ragioniamo, ilche è grave errore nella conversatione civile, et per quando pure occorre di contradire, si deve fare con un certo temperamento, che altrui s’accorga, che se gli porta rispetto, come per esempio dicendo, perdonatemi io dirò il mio parere, potrei ingannarmi, ma a me par che la cosa stia in tal modo, salva sempre la verità, salva la gratia vostra, et in altre tali forme di dire, et più presto aggravando se medesimo che il suo compagno; non apporta nocumento alcuno il dire di se stesso, io non seppi ben dire, io non fui avvertito di ricordarvi la tal cosa et simili; ma ben per contrario può offendere il dire, voi non mi havete inteso, voi non vi sete ricordato di far questo et quello. Della qual creanza et modestia del parlare ragiona, se la memoria non m’inganna, il libretto chiamato Galateo, come anchora di molte altre cose che sono utili a sapere, et è espediente che il nostro educatore le osservi, acciò il suo fanciullo sia da ogni parte ben costumato, percioche se bene lo scopo di questo nostro trattato, è di trattare principalmente della educatione come christiana, nondimeno non si esclude la costumatezza morale, anzi si desidera, et si persuade, come più d’una volta si è detto, et però dove in questo io fossi meno diligente, mi rimetto à quelli che ne scrivono più copiosamente. Concludendo adunque dico esser verissimo quel proverbio vulgare, che l’honore che ad altrui si fa di parole, o di fatti costa poco, et vale molto, et tanto più vale, quanto maggiore è l’honorante, et certo è cosa degna di consideratione, che con prezzo cosi facile come è una salutatione amorevole, un lieto viso, una piacevole accoglienza, un chiamar per nome, et simili cose, si compri una merce cosi pretiosa, come è il cuore, et la benivolenza de gli huomini, et perciò il nostro padre attenda à cultivar l’animo tenero del figliuolo, acciò non naschino in lui spine di rusticità, et di superbia, ma fiori suavissimi di humanità, et di piacevolezza.