Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 46

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Del peccato horribile della bestemmia. Cap. XLVI.

E cosa più degna di lagrime, che di parole, il veder che nel popolo christiano, chiamato dall’Apost. S. Pietro, gente santa, et generatione eletta, che ha il vero culto, et la vera religione del vero Dio, vi siano nondimeno huomini tanto perversi, et tanto senza timor di Dio, che ardiscano metter la lingua impura, et contaminata in Cielo, et bestemmiare, et maledire il nome tremendo di Dio onnipotente, creatore, et sostenitore del Cielo, et della terra, il nome di Giesù Christo salvator nostro, al quale nome come dice San Paolo, s’inchinano tutte le creature che sono in Cielo, in terra, et nell’inferno, il nome della santissima, et immaculata Vergine madre di Dio, regina del Cielo, advocata nostra, la più eccellente di tutte le pure creature, il nome finalmente de i santi amici di Dio, et che con lui regnano gloriosi, et appresso à Dio sono per noi continui intercessori. Veramente non si possono trovar parole bastanti per deplorare, et detestare un peccato tanto abominevole, et tanto inescusabile, percioche non si può in modo alcuno velare, nè con pretesto della humana fragilità, nè con la vehemenza della dilettatione, nè con l’acquisto di alcuna utilità, anzi si dimostra apertamente alla prima vista questo peccato diabolico, et infernale, alzando in compagnia del maledetto Lucifero le corna della superbia direttamente, et immediatamente contra [p. 58r modifica]di Dio, come se volesse cacciarlo dal Cielo, et gettarlo dalla sedia della sua onnipotenza, bestemmiando il fonte d’ogni bene, cui tutte le creature benediscono, laudano, et esaltano in eterno. Et quello che più è da piagnere si è, che questo detestabile peccato alberga maggiormente ne i più nobili hospitii, dove meno dovria trovar ricetto, dico tra i cavalieri, che si pregiano della chiarezza del sangue, et fanno professione d’honore, et del mestieri dell’arme, i quali più di tutti dovrebbono perseguitar questo vitio per legge di vera cavalleria, come quelli che devono essere difensori della religione, et della virtù; onde spesse volte ne portano particulare, et publico segno, ornando il petto, et le ricche robe di Croci d’oro, et di seta, et di vaghi colori. Et nondimeno discordano tanto gli effetti dell’apparenza, non dico in tutti, ma in molti, che prendono il bestemmiare Dio, et Santi per un giuoco, et nel parlar famigliare, et domestico senza niuna commotione d’animo, quasi per scherzo, et per leggiadria spargono horribili biastemme, et alcuni vengono a tanta cecità, che si danno ad intendere che questo appunto sia il vero modo di apparire cavalieri nobili, et valorosi. Contra i quali, et contra tutti i bestemmiatori grandi, et piccoli, se la giustitia humana ò non è sufficiente, ò non cura di rimediarvi, che à me non si appertiene di ricercarlo, adoprarà Iddio, à tempo, et luogo, la sua divina giustitia con tanta severità, quanta à buono intenditore dimostrano le parole di Dio medesimo, soggionte à questo secondo precetto, quando dice: Nec enim habebit insontem Dominus eum, qui assumpserit nomen domini Dei frustra, cioè, Non lasciarà il Signore passar senza castigo colui, che prenderà il nome del Signor Iddio suo in vano. Et se grave pena è minacciata à coloro, che prendono il nome di Dio vanamente, che sarà di quelli che sceleratamente hanno ardire di bestemmiarlo, et maledirlo?