Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 116
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Del buon trattamento della propria famiglia. Cap. CXVI.
Hor se si richiede dal padre, che con eshortatione di parole, et di effetti, insegni al nostro fanciullo ad esser benefico verso gli estranei, et lontani se bene tutti siamo una cosa in Christo, nondimeno perche la carità è ordinata, certo è che in termini pari, et se alcuna particular ragione di maggior beni non persuade altrimenti, i parenti, i prossimi, et i servitori et famigliari, et gli amici poveri, come più congiunti sono anchor maggiormente compresi nel numero di coloro, verso i quali si deve esercitar la beneficenza. Ilche si farà hora liberalmente donando loro, massime in alcuni gravi bisogni d’infirmità, di carestie et altri simili accidenti, et in spetie perche possano collocar le povere figliuole, che è una delle elemosine molto accette à Dio, hora se altrimenti far non si può, prestando benignamente danari, senza alcuna maniera di guadagno, come sempre convien fare nelle prestanze, ilche fatto à tempo et luogo sole esser non piccolo servitio. Ma per parlare in particulare de i servitori et famigliari a iquali etiandio per giustitia siamo tenuti, dico che il padre di famiglia deve trattarli bene, et con carità come figliuoli, si che delle cose necessarie al vitto non si manchi loro, et siano in suo genere buone et salubri, et parimente delle mercedi loro si devono a i suoi tempi satisfar prontamente et quando avviene che caschino malati, è molto conveniente il visitarli et consolarli, et proveder con affetto di padre, non che di padrone, perche siano sanati, et giuntamente con la buona cura per il corpo siano aiutati ne i bisogni dell’anima; le quali cose, oltra che si devono fare per carità christiana, ridondano anchora in utilità della cura famigliare, percioche i servitori ci sono più fideli, et amorevoli et meglio custodiscono et trattano le cose domestiche, et con questi tali portamenti, et con far loro tal’hora qualche ricognitione, et donativo sopra il salario ordinario si vengono ad obligare talmente che il padrone è più amato, et più riverito da loro, et egli con maggior autorità, può commandare loro, et essi con più rispetto l’obediscono, et continuano volentieri la servitù loro con i figliuoli, et con i nipoti, et vengono à pigliar quello amore verso le cose del padrone, come se fossero loro proprie. Però impari il nostro fanciullo da prudente padre, à trattar bene i suoi domestici, et ad esser buono riconoscitore della servitù, et fatiche loro, et à non haverli in luogo d’animali, ò di schiavi, ma di huomini come sono, et di conservi sotto un commune Signore, ch’è Dio, et talmente ritenga con loro la dignità et auttorità che non passi in acerbità et tirannide. E vero che i buoni servitori si trovano di rado, ma il nostro padre di famiglia con la sua prudenza procurarà di farne, et quando ne havrà alcuno si ricordi del detto del savio: Servus sensatus, sit tibi quasi anima tua neque; inopem derelinquas illum, cioè, Ama il servo buono, et prudente, come te stesso con tutto il cuore, et non lo lasciare in povertà. Ma passiamo hormai allo ottavo commandamento, poi che assai ci siamo ritenuti nel settimo, se ben forse non senza utilità della nostra materia.