Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 104

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De i rimedii più in particulare, et della diligenza paterna contra questo vitio. Cap. CIV.

Essendo adunque sparso per tutti gli stati, et esercitii de gli huomini questo vitio, mercè del troppo disordinato appetito della roba, tanto che chi ben considera il commun modo di vivere, si vede ogni cosa esser piena di ladronecci, d’inganni et di rubbamenti, senza distintione di cose sacre, o profane. Senza dubbio si deve concedere, che grandi rimedii, et non mediocre diligenza sia necessaria acciò questa peste non si annidi nel petto del nostro bene educato figliuolo. Io mi ricordo haver altre volte udito dire, d’un gran Principe de nostri tempi, molto accorto et che vegliava sopra le cose sue, et per la sua potenza doveva bene esser temuto, et nondimeno era solito dire, in niuna cosa haver trovato maggior difficultà, che in non esser rubato da i suoi minori; tanta è la forza dell’avaritia, et la cupidità di arricchire, che gli huomini si espongono a manifesto pericolo, non solo dell’anima, che se bene è più certo, par più lontano, ma della propria vita; perilche sopramodo fa di mestieri che la buona educatione molto per tempo si adopri, et che il nostro padre di famiglia, et con la persuasione, et co’l buono esempio, provedi di gagliardi ripari, et armi l’animo del figliuolo, in modo che non sia superato da questo horribil mostro. Non cessi adunque di ricordargli, et insegnargli con le opere istesse, a render a ciascuno il suo, a pagar prontamente i creditori, et spetialmente i poveri operarii, et garzoni. Et perche parliamo con nobili, con cittadini, et con artefici, ciascun padre ha da inculcar maggiormente quei precetti che sono più conformi a lo stato del figliuolo, come per cagion di esempio, il nobile ha a detestar l’oppressione de i poveri, ha da persuadere che ne gli offitii publici si amministrino le entrate con somma fede, che i giuditii siano incorrotti, tal che niun prezzo, niun dono, per grande che si fosse, gli torca già mai dalla norma della giustitia; i cittadini hanno ad esser reali nelle mercature grandi, et non introdurre, et mantenere la carestia, con grave danno de i poveri, quelli poi che sono [p. 96v modifica]nell’infimo grado del popolo, et rivendono le mercantie à minuto, devono vender a giusto prezzo, et merci intiere, non corrotte, ne simulate, et non devono ingannar nel peso, et nella misura i semplici compratori, ò che almeno, per non poter far altro, sopportano, se ben se ne accorgono, gli ingiusti aggravii, in queste cose, che sono hormai diventate tanto ordinarie tra i venditori, che pochi se ne fanno scropulo alcuno, onde ben si verifica la sentenza del Salvatore, Larga, et spatiosa è la via, che conduce alla perditione, et molti vanno per essa. Similmente quelli che locano le opre loro a prezzo, devono adempir l’obligo loro interamente, altrimente non ricevono con giusto titolo l’intera mercede, la qual regola si estende ad ogni sorte di persone, che sono condotte a qual si voglia offitio, ò privato, ò publico. In somma, per non andar in infinito, cerchi il buon padre quanto può, di fare innamorar il figliuolo della giustitia, come si legge che facevano i Persiani, i quali mandando a scuola i loro figliuoli gli insegnavano a rispondere, se altri ne dimandava loro, che andavano a imparar la giustitia, dottrina senza dubbio importantissima, percioche poco giova saper parlar congruamente secondo le regole della grammatica, se non si opera anchor bene secondo le regole di Christo N. S. Sole lucidissimo di giustitia, ilquale per conservatione, et mantenimento di questo nostro humano consortio ha impressi naturalmente nel petto de gli huomini quei due famosi precetti et come due principii, et massime universalissime, cioè l’una: Fa ad altri, quello che vuoi che altri facci a te, et la seconda per contrario: Non far ad altri quello che non vuoi che altri facci a te, i quali due precetti, datici per legge di natura, volse il Signore ripeterli nell’Evangelio, et di novo commandarli, et santificarli con la sua propria bocca. Et si legge che Alessandro Imperatore Romano, infidele, ma moralmente buono, et che in molte cose approbava gli instituti, et regole christiane, sempre haveva in bocca questo detto, appreso da christiani: Quod tibi non vis fieri, alteri ne feceris, ilquale già habbiamo dichiarato, di non far altrui quello che a noi dispiace, che altri ci faccia, et tanto si dilettava di questa sentenza, che egli l’haveva anchor fatta scolpire in varii luoghi del suo palazzo, et ne gli edifici publici. Quanto adunque più si conviene che il padre christiano ammonisca il figliuolo alla osservanza di questo salutifero precetto? il che se si facesse, non ci havrebbe bisogno di tante liti, et giuditii, et si viveria tra gli huomini con sommo amore et pace.