Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro I/Capitolo 37
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Quando cominci la cura della educatione rispetto a i costumi. Cap. XXXVII.
Dimandara forse alcuno à qual tempo cominciar debbia la cura della educatione, intesa propriamente per quella diligenza che si deve usar per introdur pian piano ne gli animi teneri infantili i semi dalla virtù, eccitando et nutrendo quelli che la natura ci ha inseriti, et per contrario chiudendo la porta à buon’hora a i vitii, che possono venir di fuori, et rimediando alle male inclinationi naturali, et cercando di avvezzar l’appetito sensitivo ad obedire, si come egli è capace per natura, all’imperio della ragione, et non à farsene signore, et tiranno. Et ben che per ventura alcuno potria dire, che per far questo si richiede qualche uso di ragione nel fanciullo, il quale essendo ne i primi anni poco differente da un bruto non può esser capace di disciplina, come quello che non intende nè bene nè male, nondimeno io per me son di parere, che molto per tempo si hà da dar principio à questa cura, non aspettando l’uso della ragione, percioche non è necessario che i fanciullini faccino alcune cose, et si astengano da alcune altre, perche intendano quello che convenga seguitare, ò fuggire, ma basta che si avvezzino à cosi farle, o non farle, acciò da leggieri principii con alcuni piccoli atti, quanto quella tenera età admette, si introduca il buon habito, ò almeno una certa dispositione, non altrimente che noi vediamo nelle cose artifitiali, che molto prima si và disponendo la materia, acciò sia poi più facile, idonea, et obediente à ricever la forma che si vuole introdurre. Ma non si può già dare un tempo certo, et determinato in tutti i fanciullini, percioche variamente secondo le varie temperature de i corpi, et varietà delle regioni, et paesi et del modo istesso del nutrire, et governare, et per molti altri accidenti avviene che in alcuni più presto, in altri più tardi lampeggia un certo lumicino quasi alba et aurora per dir così della luce della ragione. Et per discendere più al particulare dico che come prima comincia il fanciullino già alquanto sciolto da i ligami delle fascie, non solo co’l pianto, ma con le mani et con i moti del corpo à far un certo conato per voler esprimere gli affetti dell’animo, già se io non m’inganno, può haver luogo alcuna diligenza della savia et avveduta nutrice, laqual diligenza vada poi crescendo tuttavia più di tempo in tempo; scrive sant’Agostino una cosa notabile à questo proposito ne i libri delle sue confessioni, ne i quali essendo egli già vecchio con un grandissimo dolore, et pentimento de i peccati delle sue passate età va discorrendo della infantia, et pueritia sua per lungo spatio della vita, dandoci utilissimi ammaestramenti, per conoscere le molte tristitie della nostra natura; scrive adunque quel gran padre in un luogo queste parole: Io ho veduto, et ho fatto esperienza di un fanciulletto che havea zelo, et invidia, non parlava anchora, et impallidito riguardava con occhio, et guardatura amara il suo collataneo, cioè l’altro fanciullino che si lattava in sua compagnia. Hor dunque se all’apparir del male si deve applicar la medicina, certo non è da sprezzare questa piccola favilla d’un vitio così contrario alla carità come è l’invidia, anzi è da cercare di estinguerla quanto si può, et se non con altro modo, almeno sottrahendo la materia, et la occasione di fomentar questo mal seme et altri simili della nostra corrotta natura. Si potria dire che poco accortamente faccino alcuni, i quali à bello studio spaventano con larve et cose paurose i fanciullini, turbando loro il sangue, et nutrendo senza fine di ragione il timor naturale, onde diventi immoderato, et ne riescano i fanciulli soverchiamente timidi, et pusillanimi. Ma posto che questa di che hora si ragiona, sia troppo minuta diligenza, certo come il puttino comincia à caminare, à balbutire, et snodare imperfettamente la lingua, et più apertamente à scoprire le passioni intrinseche si può andar spargendo nel piccolo vasetto alcun odore di affetti virtuosi. Io per la vocatione alla quale à Dio è piacciuto chiamarmi non ho havuto occasione di pratticar molto à dentro, et scoprire quali affetti germoglia naturalmente la tenera infantia, si che filosofando per così dire in essi, havesse potuto esperimentare i modi, et le vie, hora di medicarli, et rimoverli per quanto si può., hora di nutrirli secondo facesse di mestiero, ma pur communemente parlando, si vede che intorno all’uno anno, et mezo della età infantile, et verso il secondo anno, fanno i fanciullini secondo è stato mostrato loro, o hanno veduto far altrui, cotali cosarelle che hanno certa ombra di virtù, come sentir con riverenza il nome di Dio, et proferirlo anchora, inclinarsi alle divote imagini, honorar con alcun moto del corpo il padre, et la madre, pigliar con certa modestia le cose delle mani altrui, et simili altri buoni instituti, et creanze. Perilche non penso dover essere se non utile avvertimento, che alla buona educatione si dia principio quanto più per tempo si può, cominciando prima dalle cose piccole, et continuando poi proportionatamente alle maggiori di tempo in tempo con maggior sollecitudine, et vigilanza, ricordandosi sempre che il condurre un fanciullo à tale stato, et perfettione, che sia huomo da bene, et buon christiano, non è impresa cosi facile come altrui si pensa, anzi è non meno faticosa, che importante.