Trattato di architettura civile e militare I/Trattato/Libro 4/Capo 5
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CAPO V.
Rapporto fra le larghezze e le altezze nei templi di pianta rettilinea.
Essendo in parte detto di più varie misure di templi, conveniente è il lucidare quella delle celle oblunghe e crociate, e principalmente è da sapere che la larghezza ovvero diametro da cui si piglia la proporzione delle altre dimensioni non si debba intendere sempre per tutto il vacuo a destra ed a sinistra di chi dirittamente entra nel tempio: perocchè quando il tempio oblungo fusse e con navate, delle quali la media fusse di questa natura che sopra le colonne sue i muri laterali del tempio si posasse, in questo caso il suo diametro ovvero intervallo è quello della navata media predetta, perocchè gli spazi fra le altre colonne e pareti sono riputati accidentali e fuori del principale spazio. Ma quando la chiesa fusse senza ordini o serie di colonne, tutto il vacuo transverso dall’una all’altra parte laterale s’intende essere il diametro: il quale stabilito, è da sapere che l’altezza sua debba essere insino al sommo della volta o tegumento, quant’è il diametro della larghezza e due terzi più: e la longitudine sua può essere sei o sette diametri. Sogliono i moderni fedeli ai templi oblunghi ragionevolmente aggiungere uno spazio transverso a similitudine e memoria della croce per cui la sapienza di Dio incarnarsi volle per solvere la pena che l’umana natura per sua colpa meritava, la quale nessuno puro uomo poteva sostenere e satisfare. La quale croce quanto all’altezza e larghezza segue la proporzione della parte intersecata da sè: ma la lunghezza sua debita debba esser cinque diametri (benchè alcuni l’abbiano messa in uso di tre o quattro diametri) con emicli, cappelle, colonne e altri ornamenti all’altra retta parte corrispondenti. E questa regola poco osservata si trova per gli architetti del tempo nostro, contro i quali insurge la ragione manifesta: perocchè ogni artefice che con ragione opera debba assegnare la debita proporzione di tutte le dimensioni infra sè, la quale presupposta (e sia qual si vuole) ne viene che a tanto diametro bisogna che seguiti tanta proporzionabile altezza: adunque se la detta croce fusse più arcta della parte opposta, similmente bisognerà che fusse più bassa: la qual cosa è manifestissimo errore, cioè che tutto il tegumento non sia ad una medesima altezza, eccetto quello delle navate laterali che prima fu detto essere accidentali al tempio. E benchè per le regole antedette sia manifesto tutto quello che alle celle in comune conviene, non è però superfluo il considerare le figure a confermazione delle cose determinate.