Trattato dell'imbrigliare, atteggiare e ferrare cavalli/Trattato 3/Capitolo 2
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Di alcuni pareri del color dell'unghia, & d'un discorso sopra la bontà, & diffetti d'essa, con un raccordo per quella necessario. Cap. II.
SI come à qualunque, che d’una virtù si diletta (sia ella poi qual si voglia) conviene haverne prima intorno alquanto di lume per voler egli intendere le cose profonde, & difficile, che in essa sono; cosi parimente è necessario à quelli, che di questa arte, di che io tratto si dilettaranno, essere conoscenti, ma prima d’ogn’altra cosa, della natura, & qualità dell’unghie volendo, che le cose sue siano con buon fondamento fatte. Però io in ciò non mancarò di dire tutto quello, che perfettamente si potrà. Ben m’incresce assai pe’l mezo del color del corno d’esse non poter chiaramente dare à conoscere la natura sua. Io ho veduto il parer d’alcuni scrittori vecchi per intendere quanto sopra ciò dicono, & trovo la lor mente essere, che l’unghia buona vuole havere il colore à guisa di quello delle corna del stambecco. Moderni specificano di colore nero. Io non contento di questo, ho fatto ancho più diligentia per trarne il vero, co’l vedere con la prova la bontà sua; & quella per mezo del color conoscere, ma in effetto non la trovo; perche veggio i piedi d’unghia nera, bianca, & mischia perfetti, & perfettissimi, havendo essi il temperamento, & debito nutrimento, con le calcagna ample, larghe, & buone, ne manco basse, ma nella mediocrità, & il zocco di proportione honesta con la coperta liscia, & col tenerume d’ossa, detto fettone, bonissimo; & il pie secondo il bisogno convenevolmente svuodo, tutte cose, che richiede ad un buon piede. Trovo per il contrario poi piedi di simile unghie nere, bianche, & mischie, di pessima sorte, & cosi picciole come strette, & tanto unite, che hanno preso il nome di codogno. Altre parimente veggio co’l tenerume d’ossa troppo molle, & certe ancho tante sgiocciuole, che sono come vetro, & ghiaccio. Altre etiamdio ho veduto tanto larghe, che il piede, è ridotto in fritella, tal che ponendolo à terra la pianta d’esso la tocca. Altre di più tanto secche, che il cavallo non se gli è potuto reggere sopra, risonante come zucca. Certi piedi anchora havere il loro calcagno, per cagione di putridi humori, morbidissimo, & la punta asciuttissima. Di più etiam ho veduto tanto l’unghie frole, che solamente nel por li chiodi si sono spezzate. Et alcune altre, che stando il ferro assettato al calcagno fa crepare il quarto. Et altre cose ancora, di che spero per mezo di miei scritti farne capace ogniuno. Io non credo già, ch’alcuno, che sappia nel piede queste cattive parti regnare (sia poi l’unghia di lui di che color si voglia) mi persuada à torre in protettione un color d’unghia, & non l’altro, se però non si specificherà, che il piede sia fatto come il primo da me detto. Però io consiglio qualunque che di questa virtù si vorrà dilettare, à trovare persone esperte della natura d’esse, che molte se ne troveranno, che intieramente su’l proprio fatto, lo faranno capace in una, ò due volte, & senza fatica; & io dal canto mio non mancherò punto, à capitolo, per capitolo, scriverne tutto quello, che si potrà. Di maniera, che confido ad ogn’huomo, che leggerà parerli poi facile questo trattato.