Trattato del diritto delle genti/Transunto
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Traduzione dal tedesco di Anonimo (1814)
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T R A N S U N T O.
Ogni qualvolta non si può provare che un oggetto esiste, si tenterà di provare che quest’oggetto non esiste. Se l’uno e l’altro non può riuscire, cosa che accade sovente, si può addimandare se convenga, per modo d’ipotesi, di ammettere o l’uno o l’altro. Questa ipotesi sarà o speculativa, come per ispiegare un qualunque siasi fenomeno, o avrà una direzione pratica.
In quest’ultimo caso ella avrà in mira o un risultato puramente tecnico, o un risultato morale. Chiamasi morale ogni qualunque scopo il quale è riferibile ad una massima di condotta che la ragione ci prescrive come un dovere.
II dovere non è nel supposto che lo scopo sia per realizzarsi. Questa supposizione è un giudizio speculativo e nel tempo stesso problematico, e non evvi legge che ci costringa a credere qualche cosa.
Ma quantunque non siavi la menoma probabilità che lo scopo che taluno si propone debba eseguirsi, basta che l’impossibilità non possa esserne dimostrata, perchè l’azione diretta secondo l’idea di questo scopo, cioè secondo i mezzi che possono avvicinarvisi, sia di dovere.
Questa è la ragione per cui la morale religiosa proibisce persino i semplici desiderj.
La ragione applicata alla morale si oppone, in una maniera assoluta, alla guerra. Ella proibisce agli Stati ed a’ particolari questo modo di vendicare i loro diritti.
Non si tratta quindi di sapere, se la pace perpetua sia una cosa reale o chimerica; nè se noi cadiamo in errore, ammettendo che ella possa effettuarsi.
Quanto a noi basta condurci in modo come se ciò che forse non sarà mai per effettuarsi, dovesse succedere.
In conseguenza noi dobbiamo cercare di pervenire ad un ordine di cose che possa ricondurre una perpetua pace, e mettere per sempre un termine al flagello della guerra.
La guerra è ancora, per comune sventura, lo scopo principale a cui sono dirette tutte le interne istituzioni degli Stati.
E se il proposto cangiamento restar non dovesse che un semplice desiderio, noi non commetteremmo certamente un errore regolando la nostra condotta sulla massima, la cui applicazione potrebbe condurre alla pace; chè se noi potessimo riguardare come un errore la legge morale che ci comanda questa massima, sarebbe meglio rinunciare alla ragione, ed abbandonarci per principio al semplice meccanismo della natura, ed all’esempio delle altre classi di animali.
F i n e.