Trattato dei governi/Libro sesto/VII

Libro sesto - Capitolo VII: Divisione degli stati popolari

../VI ../VIII IncludiIntestazione 17 settembre 2008 75% filosofia

Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto - Capitolo VII: Divisione degli stati popolari
Libro sesto - VI Libro sesto - VIII


E di qui sia chiaro per le cose dette, che tante sono le specie dello stato popolare, e di quello de’ pochi, perchè egli è di necessità o che tutte le predette parti del popolo nel governo concorrino, o queste sì, e queste no. Quando adunche la parte dei contadini, o di coloro che hanno le facoltà mediocri, è padrona dello stato, allora le leggi hanno forza nel governo, perchè tali, avendo a trarre il vitto dalle fatiche loro, non possono starsi in ozio. Onde facendo tali padrona la legge non vengono a ragunare la concione, se non per li casi necessarî, alla quale concione è lecito d’intervenire agli altri, quando egli hanno acquistato un certo che di censo determinato dalle leggi: perchè il volere escludere che e’ non sia lecito a tutti l’intervenire alla concione, è ordine da pochi potenti, ed impossibile che e’ sia lecito di stare in ozio a chi non ha entrate da vivere. Per queste cagioni adunche viene tale ad essere un modo di stato popolare.

L’altro modo si fa mediante l’elezione conseguente, cioè, che possino convenire nel governo tutti quei che non sono proibiti per via della stirpe, e che possino contuttociò stare in ozio. Onde ancora in tale modo le leggi governano, perchè gli cittadini non hanno entrate.

Il terzo si fa quando a tutti è lecito di partecipare nel governo, a quei, dico, che sieno nati liberi. Ma non già in questo stato si partecipa nel governo per la cagione detta innanzi. Laonde in tale ancora comanda la legge necessariamente.

Il quarto modo fu introdotto nelle città negli ultimi tempi, imperocchè essendo elleno cresciute assai più di prima, e l’intrate moltiplicate abbondantemente, vennero però tutti li cittadini a partecipare del governo per l’assai numero di cittadini. Comunicano ancora, e governano in tale republica li cittadini poveri, perchè tai si possono stare oziosi, per essere salariati dal publico; e che tale popolo può attendere al governo, perchè la cura delle cose proprie non gli impedisce. Le quai cure bene impediscono li ricchi di sorte, che molte volte e’ non intervengono nè alle concioni, nè ai giudizî, onde avviene, che la moltitudine de’ cittadini poveri si fa padrona dello stato, e non le leggi. E tante, e di tale qualità sono adunche le specie del popolare stato per le necessità dette.

E nello stato dei pochi potenti la prima sorte d’esso vi si crea, quando li più v’hanno facultà, ma non molto grossa, perchè v’è ordine, che chi ha un certo che di facoltà, partecipi nel governo. E per essere assai quei che partecipano in tale governo, però fa di mestieri, che non gli uomini, ma la legge vi sia padrona. Imperocchè quanto più tali si discostano dalla monarchia, e non han tanta facoltà, che e’ possino vivere straccurando le cose propie: nè sì debole, che egli abbino ad essere nutriti dallo stato però consegue di necessità, che e’ reputino per ben fatto, che la legge comandi e non loro.

Ma quando quei, che hanno le facultà, son pochi, e men di numero, che quei di prima, ma ben più ricchi, e’ vi si fa allora la seconda specie di tale stato: perchè avendo questi tali più potenza giudicano per ben fatto l’aver più degli altri. Onde essi vogliono eleggere quegli, che abbino ad entrare nel governo. La quale legge s’impongono eglino per non essere ancora tanto possenti, che e’ possino governare senza leggi.

Ma ristrignendosi ancora più le facultà grosse in piccolo numero di cittadini, e’ surge il terzo accrescimento dello stato stretto; il quale ritiene in sè stesso li magistrati; ma mediante una legge, che vuole, che nel luogo dei padri morti succedino li figliuoli. Ma quando lo stato si ristrigne ancora più e mediante le ricchezze, e mediante l’assai amicizie, allora tale potentato è quasi che una monarchia, e allora li cittadini sono padroni, e non più la legge. E così si fa la quarta specie corrispondente alla quarta del popolare stato.