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il selvaggio banchetto funebre
Ed il Pelide tra loro intonò la canzone di morte,
poste sul petto al compagno le mani sue micidïali:
“Gioia sia, Patroclo, teco, là nell’Invisibile ancora:
poi che già tutto io ti compio ciò che ti promisi d’allora:
ch’Ettore tratto avrei qua, perchè crudo il partissero i cani,
e che davanti alla pira scannato ben dodici avrei
nobili Ilïaci figli, in gran collera per la tua strage„.
Disse, ed un’opera indegna pensava contro Ettore divo:
presso del funebre letto di Patroclo, a capo rovescio,
steselo in mezzo alla polvere; e tutti spogliavano l’armi
bronzee, brillanti, e scioglieano i cavalli nitrenti a test’alta:
quindi s’assisero presso la nave del rapido Achille,
molti, ed e’ loro imbandìa l’abbondevole funebre pasto.
Molti bianchissimi buoi rantolavano intorno al coltello
che li scannava, con pecore molte, con tremole capre;
molti anche porci di candide zanne, fiorenti di lardo,
erano stesi, a bruciarsi le setole, avanti la fiamma;
sangue d’attingerne a ciotole intorno scorreva del morto.