Tra veglia e sonno
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I
TRA VEGLIA E SONNO
Un verno a notte bruna,
mentre nell’erma stanza
d’Usca inducea la luna
un pallido chiaror,
5cantò questa romanza
il reduce Gildor.
«Senti, diletta mia:
la mezzanotte appressa;
io gelo sulla via,
10e tu non vieni ancor:
compi la tua promessa;
vieni, mio dolce amor.
Eccoti il lino bianco,
segnal della tua fede;
15mirami cinta al fianco
la ciarpa tricolor;
vieni, nessun ti vede,
angelo del mio cor.
Mio bel tesor, calcai
20sabbie infuocate e nevi;
un oceán varcai
per te, mio bel tesor;
per me varcar tu devi
solo un vial di fior.
25Tu mi dicesti un giorno,
con lacrime dirotte:
— Quando farai ritorno,
chiamami, o mio Gildor;
chiamami a mezzanotte:
30ti volerò sul cor. —
Senti, diletta mia,
la mezzanotte appressa;
io gelo sulla via,
e tu non vieni ancor;
35compi la tua promessa,
vieni, mio dolce amor.
Soldato e trovatore,
piú belle ho salutato;
ma, te recando in core,
40fu mio secondo amor
la spada del soldato
e il suon del trovator.
Che fai, diletta mia?
Quell’ora è giá suonata.
45Io gelo sulla via,
e tu non vieni ancor...
Ti sei di me scordata;
addio, mio dolce amor.
Soldato e trovatore,
50le belle ho ricusato;
or, senza te nel core,
sará mio solo amor
la spada del soldato
e il suon del trovator.»
55E dileguò. Svegliata
Usca sul far del giorno,
disse d’aver sognata
la voce di Gildor;
e aspetta il suo ritorno
60la poveretta ancor.