Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo XIII/Sugli abitanti delle isole oceaniche

Capo XIII

Sugli abitanti delle isole oceaniche

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Passiamo ora all’ultima delle tre classi di fatti da me prescelti, come quelle che presentano le obbiezioni più forti contro l’ipotesi che tutti gli individui d’una medesima specie e delle specie affini siano derivati da un solo progenitore; e perciò siano tutti usciti da un luogo di origine loro comune, nonostante che nel corso del tempo essi siano giunti ad abitare dei punti distanti del globo. Ho già dichiarato che non potrei ammettere l’idea di Forbes sulle estensioni continentali, opinione che quando fosse razionalmente abbracciata ci condurrebbe a stabilire che, in un periodo recente, tutte le isole esistenti erano più o meno perfettamente congiunte a qualche continente. Questa opinione eliminerebbe molte difficoltà, ma non servirebbe a spiegare tutti i fatti che riguardano le produzioni isolane. Nelle considerazioni che seguono non mi limiterò alla sola questione della dispersione, ma tratterò di alcuni altri fatti che possono determinare la verità di una delle due teorie, cioè di quella delle creazioni indipendenti, o dell’altra della discendenza con modificazioni.

Le specie d’ogni sorta che stanno nelle isole oceaniche sono poche, in confronto di quelle che abitano sopra una uguale superficie continentale; Alfonso De Candolle ammette questo fatto rispetto alle piante, e Wollaston in quanto agli insetti. Se noi riflettiamo alla vasta superficie e alle svariate regioni della Nuova Zelanda, la quale si estende per 780 miglia di latitudine; e paragoniamo le sue piante fanerogame, che sono soltanto 750, con quelle esistenti sopra un’area uguale al Capo di Buona Speranza o in Australia, dobbiamo pur convenire che qualche causa ha prodotto una tale differenza nel numero, indipendentemente affatto da qualunque differenza nelle condizioni fisiche. Anche la contea uniforme di Cambridge ha 847 piante, e la piccola isola di Anglesea ne possiede 764; ma alcune felci ed altre piante introdotte sono comprese in questi numeri, e quindi il confronto, anche per qualche altro rapporto, non è interamente completo ed esatto. Si hanno delle prove che l’isola sterile dell’Ascensione possedeva una mezza dozzina di piante fanerogame; tuttavia molte altre piante si naturalizzarono in quella isola, come lo furono nella Nuova Zelanda e in ogni altra isola oceanica che possa nominarsi. Si crede che a Sant’Elena le piante e gli animali che vi furono introdotti distrussero interamente o quasi interamente molte produzioni indigene. Colui che adotta la teoria della creazione di ogni specie distinta, dovrà ammettere che non fu creato un numero sufficiente di piante e animali meglio adatti sopra le isole oceaniche; perchè l’uomo ha involontariamente popolato quelle isole da varie sorgenti assai più completamente e perfettamente che non fece la natura.

Sebbene il numero delle specie degli abitanti nelle isole oceaniche sia scarso, la proporzione delle specie endemiche (cioè di quelle che non si trovano in qualunque altra parte del mondo) è, spesso estremamente grande. Se noi paragoniamo, per esempio, il numero dei molluschi terrestri endemici di Madera o degli uccelli endemici dell’Arcipelago Galapagos col numero delle specie trovate in un continente, e si paragoni la superficie di quelle isole con quella del continente stesso, vedremo quanto sia fondata questa proposizione. Questo fatto poteva prevedersi, seguendo la mia dottrina, perchè, come spiegai altrove, quelle specie che dopo lunghi intervalli arrivano occasionalmente in un distretto nuovo ed isolato, e debbono competere con altre specie associate, saranno soggette a modificazioni in modo eminente, e daranno spesso origine a gruppi di discendenti modificati. Ma perchè in un’isola quasi tutte le specie di una classe sono peculiari, non ne segue che quelle di un’altra classe, o di un’altra sezione della medesima classe siano pure particolari a quella regione. Questa differenza sembra dipendere in parte dall’aver immigrato con facilità ed in massa quelle specie che non si erano modificate: per modo che le loro mutue relazioni non furono molto turbate; ed in parte dal frequente arrivo di immigranti non modificati dalla madre-patria e dal loro conseguente incrociamento con essi. Rispetto agli effetti di questo incrociamento, deve ricordarsi che la progenie che ne nasce quasi certamente acquista maggior vigore; cosicchè anche un incrociamento occasionale produrrà un effetto maggiore di quello che dapprima poteva aspettarsi. Diamone alcuni esempi. Nelle isole Galapagos vi sono 26 uccelli terrestri; 21 di questi (e forse 23) sono particolari di quelle isole; al contrario sopra 11 uccelli marini, 2 soli sono peculari; ed è ovvio che gli uccelli marini possono giungere più facilmente a queste isole degli uccelli terrestri. La Bermuda, dall’altra parte, che giace quasi alla medesima distanza dall’America settentrionale, come le isole Galapagos dall’America meridionale, e che ha un suolo affatto particolare, non possiede alcun uccello terrestre endemico. E noi sappiamo dalla mirabile descrizione della Bermuda di J. M. Jones che moltissimi uccelli dell’America settentrionale, nelle loro grandi migrazioni annue, visitano quest’isola o periodicamente, o accidentalmente. Anche Madera non possiede alcun uccello speciale, e tuttavia molti uccelli europei ed africani sono quasi tutti gli anni trasportati colà, come ho saputo da E. V. Harcourt. L’isola è abitata da 99 specie di uccelli, di cui una sola è propria dell’isola, ma strettamente affine con una forma europea; 3-4 altre sono limitate ad essa ed alle isole Canarie. Per modo che queste due isole, la Bermuda e Madera, furono popolate da uccelli, i quali per lunghe età avevano lottato insieme nelle antiche loro dimore e divennero scambievolmente adatti fra loro; e quando si stabilirono nelle nuove regioni, ogni razza sarà stata mantenuta dalle altre nel proprio posto e in conformità delle sue abitudini, e quindi sarà stata poco soggetta a modificazioni. Qualunque tendenza a modificarsi sarà anche stata impedita dagli incrociamenti cogli immigranti non alterati della madre-patria. Madera è anche abitata da un numero portentoso di molluschi terrestri particolari, al contrario nessuna specie di conchiglie marine è confinata nelle sue coste. Ora, sebbene non sappiamo come siansi disperse colà le conchiglie marine, pure si può presumere che le loro uova o le larve, attaccate forse alle piante marine o ai legni galleggianti, ovvero ai piedi delle gralle, siano trasportate più facilmente delle conchiglie terrestri fino a 300 o 400 miglia di alto mare. I differenti ordini d’insetti di Madera presentano, a quanto sembra, dei fatti analoghi.

Alle isole oceaniche mancano talvolta animali di intere classi, ed i loro posti sono occupati da altre classi; nelle isole Galapagos i rettili e nella Nuova Zelanda gli uccelli giganteschi senz’ali stanno nel posto dei mammiferi. Sebbene qui la Nuova Zelanda sia menzionata tra le isole oceaniche, è dubbio se ad esse appartenga, poichè è di grandezza ragguardevole e non separata dall’Australia da un mare profondo. Stando al suo carattere geologico ed alla direzione delle catene di montagne W. B. Clarke ha recentemente sostenuto che quest’isola, insieme colla Nuova Caledonia, debbasi considerare come un’appendice all’Australia. Quanto alle isole Galapagos il dott. Hooker ha dimostrato che i numeri proporzionali dei diversi ordini di piante differiscono assai da quelli che si hanno altrove. Questi fatti si attribuiscono generalmente alle condizioni fisiche delle isole; ma questa spiegazione mi pare molto incerta. Mi sembra che la facilità delle immigrazioni debba riguardarsi almeno altrettanto importante, come la natura delle condizioni locali.

Potrebbero citarsi molti fatti singolari concernenti gli abitanti d’isole molto lontane. Così in certe isole, non abitate dai mammiferi, alcune piante endemiche hanno dei magnifici semi ad uncini; eppure poche relazioni sono più sorprendenti della proprietà dei semi ad uncini di essere trasportati dalla lana o dal pelo dei quadrupedi. Questo caso, secondo le mie idee, non offre alcuna difficoltà, perchè un seme ad uncini può essere tradotto in un’isola con alcuni altri mezzi; e anche se la pianta si modifichi leggermente, ma conservi ancora i suoi semi ad uncini, formerebbe una specie endemica dotata di un’appendice inutile, come lo sarebbe un organo rudimentale, per esempio come lo sono le ali ripiegate sotto le elitre saldate di molti coleotteri isolani. Le isole posseggono spesso alberi ed arbusti appartenenti ad ordini che altrove non comprendono che specie erbacee; ora gli alberi generalmente hanno una estensione molto ristretta, qualunque ne sia la cagione, come ha dimostrato Alfonso De Candolle. Perciò gli alberi sono poco adatti ad emigrare verso lontane isole oceaniche; ed una pianta erbacea, sebbene abbia poca probabilità di competere con successo in statura con un albero pienamente sviluppato, quando si stabilisca in un’isola ed abbia a lottare colle sole piante erbacee, può facilmente ottenere un vantaggio su queste, crescendo ad una maggiore altezza e superando le altre piante. Se l’elezione naturale deve tendere in tal modo ad accrescere la statura delle piante erbacee che si sviluppano in un’isola oceanica, a qualunque ordine appartengano, essa può cambiarle prima in arbusti e infine formarne degli alberi.