Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo IX/La fecondità delle varietà incrociate

Capo IX

La fecondità delle varietà incrociate e della loro prole meticcia non è senza eccezione

../Reciproco dimorfismo e trimorfismo ../Confronto degli ibridi coi meticci IncludiIntestazione 1 giugno 2008 75% paleontologia

Capo IX

La fecondità delle varietà incrociate e della loro prole meticcia non è senza eccezione
Capo IX - Reciproco dimorfismo e trimorfismo Capo IX - Confronto degli ibridi coi meticci

Potrebbe opporsi un altro argomento più valido, cioè che deve esistere qualche essenziale distinzione fra le specie e le varietà, e che deve esservi qualche errore in tutte le osservazioni precedenti, mentre le varietà, per quanto differiscano fra loro nell’apparenza esterna, s’incrociano con immensa facilità e generano una prole perfettamente feconda. Io ammetto pienamente che questa sia la regola più generale, meno le poche eccezioni che ora intendo fare. Ma quest’argomento è circondato da molte difficoltà, perchè riguardo alle varietà prodotte allo stato di natura, se due forme, fin qui tenute per varietà, si trovano in qualche grado sterili nei loro incrociamenti, allora esse sono classificate come specie dalla maggior parte dei naturalisti. Per esempio, l’anagallide azzurra e la rossa, la Primula vulgaris e la Primula veris furono considerate dai nostri migliori botanici come semplici varietà, finchè Gärtner non le trovò perfettamente feconde negl’incrociamenti e conseguentemente le pose fra le specie distinte. Se noi argomentiamo così, aggirandoci in un circolo vizioso, la fecondità di tutte le varietà allo stato di natura dovrà certamente essere riconosciuta.

Se noi ci rivolgiamo alle varietà prodotte, o almeno che si suppongono prodotte allo stato domestico, siamo tosto presi dal dubbio. Perchè quando è stabilito, per esempio, che certi cani domestici indigeni dell’America meridionale difficilmente s’incrociano coi cani dell’Europa, la spiegazione che prima si affaccia ad ognuno, e che probabilmente è la vera, consiste in ciò, che questi cani derivano da parecchie specie originali e distinte. Nondimeno la perfetta fecondità di tante varietà domestiche, quantunque sì diverse fra loro nell’apparenza, per esempio quelle dei colombi e quelle dei cavoli, è un fatto notevolissimo; tanto più se riflettiamo quante specie vi siano le quali, benchè strettamente simili fra loro, pure sono affatto sterili quando s’incrociano. Alcuni riflessi però rendono meno singolare codesta fecondità delle varietà domestiche. Innanzi tutto si può osservare che il grado di dissimiglianza esterna di due specie non è una guida sicura per giudicare del grado di mutua sterilità, e così pure simili differenze non sono una buona guida se trattasi di varietà. Egli è certo che nelle specie la causa risiede esclusivamente nella diversità della costituzione sessuale. Ora le variate condizioni, cui furono esposti gli animali domestici e le piante coltivate, hanno sì poco la tendenza di modificare il sistema riproduttivo in maniera da produrre la mutua sterilità, che anzi abbiamo ragioni per accettare l’opinione opposta, la teoria del Pallas, secondo cui le predette condizioni in generale eliminano quella tendenza, e ne viene che i discendenti domestici di specie, che allo stato naturale sarebbero in certo grado sterili nell’incrociamento, diventano perfettamente fecondi tra loro. Nelle piante la coltura produce tutt’altro che una tendenza alla sterilità di specie distinte; tant’è vero che si hanno parecchi casi bene constatati, di cui fu già fatta menzione, in cui è avvenuto l’opposto; esse cioè divennero impotenti tra loro, mentre hanno conservato il potere di fecondare altre specie e di essere da altre specie fecondate. Se si accetta la teoria del Pallas sulla eliminazione della sterilità in seguito ad uno stato domestico prolungato, e ben difficilmente potrà respingersi, allora deve considerarsi come improbabile in sommo grado che condizioni simili lungamente persistenti conducano anche a questa tendenza; tuttavia in certi casi, nelle specie di una particolare costituzione, può occasionalmente prodursi la sterilità. In questo modo, io credo, noi possiamo comprendere perchè negli animali domestici non si formino delle varietà mutuamente sterili; e perchè nelle piante si siano osservati pochi esempi di questo genere, dei quali tra breve parleremo.

La reale difficoltà del presente argomento, a quanto mi sembra, non sta nel fatto che le varietà domestiche non divennero in seguito al loro incrociamento mutuamente sterili, ma in quello che ciò è generalmente avvenuto nelle varietà naturali, quando siano state modificate permanentemente ed in grado sufficiente per essere considerate come specie. Noi non ne conosciamo esattamente la causa, nè ciò deve sorprenderci se riflettiamo quanto siamo all’oscuro intorno all’azione normale ed anormale del sistema riproduttivo. Si comprende, però, che le specie, in seguito alla lotta per l’esistenza con numerosi concorrenti, debbano essere esposte per lunghi periodi a condizioni più uniformi che non le varietà domestiche, ciò che può effettuare una notevole differenza nel risultato. Imperocchè noi sappiamo come ordinariamente gli animali selvaggi e le piante si rendano sterili, quando siano tolti alle loro condizioni naturali e tenuti in captività; ed è probabile che le funzioni riproduttive degli esseri organici che abbiano sempre vissuto in condizioni naturali siano in ugual modo eminentemente sensibili alla influenza di un incrociamento non naturale. D’altra parte le produzioni domestiche, come il fatto stesso della domesticazione ce lo dimostra, non erano originariamente in alto grado sensibili ai cambiamenti delle condizioni di vita, e possono ora in generale resistere con fecondità non diminuita ai ripetuti cambiamenti delle condizioni, per cui potrebbe aspettarsi che producano delle varietà, il cui potere riproduttivo non sarebbe facilmente danneggiato nell’incrociamento con altre varietà formatesi in simile modo.

Io ho considerato fin qui gli incrociamenti delle varietà di una medesima specie come sempre fecondi. Ma gli è impossibile negare che esista realmente una certa somma di sterilità nei pochi casi seguenti, cui brevemente accennerò. Le prove non sono al certo meno fondate di quelle con cui si sostiene la sterilità di moltissime specie. Inoltre queste prove sono tratte da autorità ostili, le quali, in tutti gli altri casi, considerano la fertilità e la sterilità come criteri sicuri di distinzione specifica. Gärtner conservò per parecchi anni una varietà nana di grano turco con semi gialli, e un’altra varietà grande con semi rossi, le quali crebbero l’una presso l’altra nel suo giardino; e benchè queste piante avessero i sessi separati, pure non si incrociarono mai naturalmente. Allora egli fecondò tredici fiori dell’una col polline dell’altra; ma un solo capo produsse qualche seme e non diede che cinque grani. L’operazione in tal caso non poteva essere nociva, perchè le piante avevano sessi separati. Io credo che niuno avrebbe mai supposto che queste varietà di mais fossero due specie distinte; ed è importante a notarsi che le piante ibridi così prodotte erano perfettamente feconde; per cui anche il Gärtner non volle avventurarsi a considerare queste due varietà come specificamente distinte.

Girou de Buzareingues incrociò tre varietà di zucche le quali, come il grano turco, hanno i sessi separati, e ci assicura che la loro fecondazione reciproca è tanto più difficile, quanto maggiori sono le loro differenze. Non so quanta fede possa prestarsi a queste esperienze; ma queste forme, sulle quali fece esperimenti il Sageret, sono classificate da esso come varietà, mentre egli fonda principalmente la propria classificazione sulle prove di infecondità.

Il caso seguente è assai più rimarchevole e sulle prime sembra incredibile affatto; ma è il risultato di un sorprendente numero di esperienze, fatte per molti anni sopra nove specie di Verbascum dal Gärtner, abilissimo osservatore, e testimonio ostile. Egli notò che le varietà gialle e bianche della stessa specie di Verbascum, quando sono tra loro incrociate, producono meno semi che quando una di queste varietà sia fecondata col polline dei fiori colorati suoi propri. Inoltre egli ha constatato che quando le varietà gialle e le bianche di una specie sono incrociate con le varietà gialle o bianche di una specie distinta, si produce maggior copia di semi dagli incrociamenti fra i fiori dello stesso colore di quello che fra gli altri di colore diverso. Anche Scott ha fatto degli sperimenti colle specie e varietà del Verbascum; e sebbene non riuscisse a confermare i risultati del Gärtner sull’incrociamento delle specie distinte, trovò nondimeno che le varietà di colore disuguale della stessa specie davano meno semi (nella proporzione di 86 a 100) che le varietà di simile colore. Eppure queste varietà di Verbascum non presentano altre differenze da quelle infuori del semplice colore dei fiori; e talvolta una varietà può sorgere dai semi di un’altra.

Il Kölreuter, la cui accuratezza è stata comprovata da ogni osservatore posteriore, ha constatato il fatto rimarchevole che una varietà del tabacco comune è più feconda, quando sia incrociata con specie affatto distinte, di quello che lo sia se viene incrociata con altre varietà. Egli fece esperienze sopra cinque forme, che sono comunemente credute varietà, e che furono da lui sottoposte all’esame più severo, cioè agli incrociamenti reciproci, e trovò che la loro prole meticcia era perfettamente feconda. Ma una di queste cinque varietà, sia che fornisse il padre, sia che somministrasse la madre, essendo incrociata colla Nicotiana glutinosa, produceva costantemente ibridi meno sterili di quelli generati dall’incrociamento delle altre quattro varietà colla N. glutinosa. Ne segue che il sistema riproduttivo di quest’unica varietà deve essere stato modificato in qualche modo fino ad un certo grado.

In seguito a questi fatti non può più a lungo sostenersi che le varietà siano nell’incrociamento sempre interamente feconde. Siccome è assai difficile di accertare se le varietà allo stato di natura siano infeconde, poichè ogni varietà sterile anche in grado leggero sarebbe generalmente considerata come una specie; siccome inoltre l’uomo nelle sue varietà domestiche non si cura che dei caratteri esterni, e queste varietà non furono per lunghi periodi esposte ad uniformi condizioni di vita: così noi possiamo concludere che la fertilità negli incrociamenti non costituisce una distinzione fondamentale tra le varietà e le specie. La generale sterilità delle specie incrociate può francamente considerarsi, non come un particolare acquisto o dotazione, ma come cosa incidentale connessa alla natura sconosciuta degli elementi sessuali.