XLI

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XL XLII


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17 Agosto.



Signore! grazie! grazie! mi sento rinascere; mi sento purificare dal vostro perdono. Ho pianto, ho pregato tanto, che la mia miseria vi ha fatto compassione; adesso son rassegnata, son tranquilla; non voglio più pensare, non voglio rimaner più sola; il pensiero è il nostro male, la nostra tentazione. Non ti scriverò più, Marianna, poichè per scriverti dovrei rammentare.... non voglio più rammentarmi di te, di mio padre, di nessuno!... Perdonatemi, miei cari.... il cuore è un gran pericolo.... Se ci potessimo strappare il cuore, saremmo più vicini a Dio! [p. 213 modifica] Oh! il Signore mi darà la forza!...

Se morissi in questo momento, sento che gli angeli mi sorriderebbero.... Ma no, Marianna mia! anche questo desiderio è un peccato: bisogna stare quaggiù finchè il buon Dio lo vuole. La mia anima, ch’è codarda e debole, vorrebbe starci sì poco che vede con colpevole sentimento di gioia i rapidi progressi che il male fa in me di giorno in giorno.

Se tu mi vedessi, mia povera Marianna! son diventata una larva; se vedessi le mie mani, il mio viso, i miei occhi! il mio povero petto è tutto una febbre che mi divora con denti di brace; se mi sentissi a tossire, e ti trovassi presso di me quando i dolori del male sono più forti del mio coraggio!

È meglio che tu non mi vegga più, Marianna mia, che nessuno mi vegga.... nessuno! Ho, quasi direi, il pudore della mia malattia. Il mio babbo trova sempre [p. 214 modifica]nella sua cecità provvidenziale mille ragioni per illudersi e non vedere lo stato in cui sono.

Mio Dio! mio Dio! eccomi a Voi, quale io sono colle mie infermità, colle mie debolezze, coi miei errori, colla mia colpa, coll’immensurabile amore che vi porto. Pietà di me, mio Dio! pietà di me! Non mi fate pensare! ecco l’unica mia preghiera per vivere e morire rassegnata nel solo vostro pensiero.