Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Libro terzo/Capo sesto

Libro terzo - Capo sesto

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CAPO SESTO

(Dall’anno 1189 al 1196.)

I. Tancredi è fatto Re dopo la morte di Guglielmo II. II. Riccardo I e Filippo II in Messina. Imbarazzi di Tancredi. Riccardo I occupa Reggio, e la fa residenza di Giovanna, Eleonora e Berengaria. Baruffa tra Messinesi ed Inglesi. Partenza de’ due Sovrani da Messina, e delle Principesse da Reggio. III. Morte di Tancredi, e salita al trono di Guglielmo III. Arrigo VI in Reggio. L’Arcivescovo Reggino ottiene la Contea di Bova e d’Affrico, e la Baronia di Castellace. Arrigo passa in Sicilia; consegna Palermo. Sua crudeltà contro Guglielmo, e le principesse normanne. Termina il dominio normanno.


I. Per diritto legittimo di eredità, a Guglielmo II avrebbe dovuto succedere Costanza figlia di re Ruggiero che si era sposata ad Arrigo di Svevia. Ma Costanza viveva nella lontana Alemagna, ed i Siciliani, travolgendosi in varie ed opposte passioni, si scomunarono; e chi voleva per Re un lor proprio concittadino, chi Costanza, chi Tancredi figlio naturale di Ruggiero Duca di Calabria e di Puglia. Ma preponderò alla per fine la parte di Tancredi; e questi proclamato Re, e coronato in Palermo, n’ottenne l’investitura da papa Clemente III. Due volte, lui vivente, lo svevo Arrigo VI marito di Costanza ed Imperator d’Alemagna, era venuto contro il reame per vendicarne il possesso, e due volte ne fu respinto da Tancredi con ardire e fermezza. Il quale a disviare le incessanti minacce di nuova invasione dello Svevo, ed a rifermar la corona nella sua famiglia, aveva praticato che il suo primogenito Ruggiero prendesse per moglie Irene figliuola d’Isacco l’Angelo imperatore d’Oriente. Ma Ruggiero, morendo immaturamente, troncava i disegni paterni e le speranze.

II. Erano ormai partiti (1189) per la Crociata i due monarchi Riccardo I Re d’Inghilterra, e Filippo II Re di Francia, con intelligenza di riunire le loro armate in Messina, e quindi proseguir per Levante. Questi re arrivarono a Messina in settembre. Filippo ebbe per sua dimora un real palagio dentro della città; Riccardo una casa fuor delle mura in mezzo ad aprichi vigneti. Tancredi, il quale si avea ritenuto la dote di Giovanna, vedova di Guglielmo II, e sorella di Riccardo, temeva a ragione della presenza di questo potente sovrano, a cui eziandio aveva ricusato di pagare un legato specioso che Guglielmo, morendo, aveva fatto ad Arrigo padre di Riccardo. Tutto fu allora richiesto al Re di Sicilia con minacciosa insistenza. [p. 154 modifica]Giovanna, cui Tancredi teneva relegata dalla Corte, dovette essere restituita al fratello. E questi, passato lo stretto, occupò per forza Reggio, ed assegnollo alla vedova regina per sua residenza. Diedele oltrediciò per compagne sua madre Eleonora e Berengaria sua fidanzata, figliuola di Sancio, re di Navarra, le quali volevano seguirlo in Levante. Questo brusco procedere del re d’Inghilterra fece prima impressione a’ Siciliani, poichè i soldati inglesi, pigliando norma dal contegno e dalla violenza del loro principe, inveivano impunemente contro i Messinesi ed i Reggini; stantechè un loro grosso drappello stanziava in Reggio a guardia della piazza, ed a servigio delle reali principesse inglesi.

Tancredi dovette far proposte di pace al temuto avversario, e ne fu mediatore il re di Francia. Ma mentre si era sulle pratiche, fu di botto annunziato che gl’Inglesi ed i Messinesi erano venuti alle mani. Allora Riccardo montò ratto a cavallo, e raggiunse i suoi. Filippo si ridusse quetamente al suo palagio; ma dicesi che sotto mano avesse confortato i cittadini a render buon conto agl’Inglesi. I quali contuttociò avevano già forzate le porte della città, e corsovi dentro impetuosi. E Riccardo, che ad entrarvi fu il primo, diede Messina in bottino a’ suoi diecimila seguaci. Le case furono messe a roba, arse le galee siciliane, imprigionati i cittadini, violate le donne e tratte al campo nemico. Ma quando però il re di Francia scorse il vessillo inglese sventolar sulle torri di Messina, ne mosse alte ed energiche doglianze. Sì che Riccardo, dopo qualche esitazione, ordinò che quello fosse tolto, e per ammorbidire Filippo, affidò la custodia delle fortezze a’ Cavalieri Templarii ed Ospitalieri, loro comuni confederati ed amici.

Tancredi allora non potè altro che piegarsi alla volontà del più forte. Ed a soddisfazione di ogni ragione pagò quarantamila once di oro a Riccardo; e questi in controcambio gli guarentì il possedimento della Puglia e di Capua. Più, fidanzò il suo nipote ed erede Arturo, giovine Duca di Borgogna, all’infante figliuola di Tancredi; e promise sopra la sua fede che se il maritaggio non avesse effetto, riconsegnerebbe al re di Sicilia o suoi eredi una metà del denaro che ne avea ricevuto. Nel marzo del seguente anno (1190), il re di Francia entrò in viaggio per Acri; e Riccardo a fargli onore lo accompagnò alquante miglia: poi volgendo per Reggio, si prese Giovanna, Eleonora e Berengaria, e tornò con loro in Messina. Reggio fu riconsegnato agli uffiziali di Tancredi. Finalmente Riccardo partì di Sicilia per Oriente con un’armata di cinquantatrè galee, e cencinquanta vascelli. Eleonora rifece la via d’Inghilterra, ma Giovanna e [p. 155 modifica]Berengaria vollero essergli compagne nelle venture della spedizione.

III. Moriva Tancredi nel mille cento novantadue, e gli succedeva il secondogenito Guglielmo III. Ma le cose del Reame, che già eransi perturbate assai gravemente, venivano dopo la morte di Tancredi in condizioni tristissime. Le provincie di qua dal Faro furono aperte allo Svevo; al quale, calato nuovamente in Italia con fresco e poderoso esercito, si acconciavano quietamente i Baroni del regno; ed Arrigo VI senza ferir colpo diveniva fortunato signore delle nostre contrade. E passato in Calabria (1193), occupava Reggio senza trovar riscontro nemico; e precipitando ogn’indugio si tragittava in Sicilia. Messina sopraffatta dalle armi sveve, e dalle genovesi e pisane armate, aprì le porte ad Arrigo; Catania si arrese per patti, Siracusa per forza. Dentro il novembre del mille cento novantaquattro Arrigo entrava in Palermo, donde testè erano uscite, per andare a a chiudersi in Calatabellotta, la regina Sibilla, madre del re, le figliuole, e tutti i suoi famigliari. E vedendo Sibilla, che il mutato animo dei Siciliani le faceva impossibile e vana qualunque resistenza, rinuziò ad Arrigo VI le ragioni del Reame. E questi le diede sicurtà di concedere a lei il dominio della Contea di Lecce, e quello del Principato di Taranto a Guglielmo III.

Per argomento della sua benevolenza verso l’Arcivescovo di Reggio, l’imperatore gli fece concessione della città di Bova e della terra d’Africo col titolo di Conte, e della terra di Castellace sul piano di Terranova con quello di Barone (1195). Ma però Arrigo ad ogni altra cosa pensava che ad attener le sue promesse a Sibilla; e non ritornò appena dall’Alemagna (dove si era recato per assicurare l’Impero al suo figliuolo Federigo, natogli da Costanza) che ruppe ogni patto. Un torrente di Tedeschi si riversò dalle Alpi in Italia; ed avvegnachè ì Siciliani avessero procacciato di non dar cagione che l’imperatore si mettesse in mal animo, costui nondimeno, sotto pretesto che la decaduta dinastia gli congiurasse contro, fece porre in carcere, e cavar gli occhi al misero Guglielmo; in carcere la regina Sibilla, e le sue figliuole; in carcere quanti nobili o popolani temeva tuttavia proclivi a’ Normanni. E facendo ritorno in Germania, seco menava cencinquanta cavalli, carichi delle spoglie di maggior prezzo, che fatte avea nelle conquistate provincie.

Ad Arrigo dava l’investitura del reame papa Celestino III (1196). Così dopo sessantaquattro anni dalla incoronazione di Ruggiero aveva termine in Italia il dominio de’ Normanni.

FINE DEL LIBRO TERZO.