Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Libro quarto/Capo quinto

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CAPO QUINTO

(Dall’anno 1358 al 1381)

I. Fatti di Sicilia. Il Capitanio di Reggio Pietro di Napoli. Messina è ricuperata dagli Aragonesi. Entrata di Ambrogio Visconti nel Regno. È sconfitto dal reggino Giovanni Malatacca. Condizioni di Messina e di Reggio. II. Quistioni tra Reggini e Santagatini. Il Sindaco Bartolomeo Granorzi. Zuffa tra il Conte di Mileto ed i Reggini. Fiera di Sasperato. III. Privilegio della città. Reggio vien fortificata. Il Capitanio Giovanni Bolani. Pace tra Giovanna e Federigo d’Aragona. Provvidenze di Giovanna a favor de’ Reggini. Giovanna chiama suo erede Lodovico d’Angiò. IV. Giovanna si prepara alla difesa contro Carlo di Durazzo. Reggio è nuovamente fortificata. Carlo conquista il Regno. Morte di Giovanna.


I. La fortunata impresa, che fece cader Messina in mano de’ Sovrani di Napoli, diede loro ancora coraggio di procedere in Sicilia ad altre conquiste. E stendendosi da Messina verso il mezzodì, ebbero il possesso di Aci, senza trovarvi a quel primo tratto alcuna resistenza. Ma i Palizzi ed Artale d’Alagona, dopo ch’erano usciti di Messina, non si stavano colle mani in mano; ma anzi si accomodavano lestamente di armi e munizioni, e facevano levata di gente per ristaurar la loro fortuna. Così Aci in breve ora fu ritolta da Artale a’ nemici, e restituita a re Federigo; ed ogni cosa si apprestava per la ricuperazione di Messina. Nè poco concorse ad affrettar tale impresa la seguita morte di Lodovico marito di Giovanna (1362). A’ Palizzi ed all’Alagona si era già riavvicinato Manfredi Chiaromonte, per privati puntigli alienatosi da’ Reali di Napoli. Messina adunque assaltata con massimo vigore ritornava alla potestà di Federigo; il quale da tale riacquisto preso animo, mosse guerra a Giovanna.

Moriva a questi tempi il Capitanio di Reggio Pietro di Napoli, [p. 197 modifica]il quale tra le altre oppressioni da lui operate a danno de’ Reggini, aveva loro usurpata la rendita della gabella del settino. Dopo la sua morte l’università di Reggio sequestrò i mobili a lui appartenuti, e per mezzo de’ suoi Sindaci impetrò dalla Regina un ordine al Capitanio successore, ed a’ Sindacatori che su tali mobili del defunto la città ed i particolari avessero a rivalersi di tutte le usurpazioni loro fatte.

Giovanna intanto, ad aver eredi, prendeva per terzo marito Giacomo d’Aragona figlio del Re di Majorica (1363). Ma anch’egli morì fra non guari, e la regina tornò a regnar tutta sola. Rimanendo così il governo nelle mani di una donna, si argomentarono parecchi Baroni, cui sembrava grave il regio dominio, di poterla agevolmente opprimere; e si levarono in armi. Fu allora che Ambrogio Visconti, figliuol naturale di Bernabò, Duca di Milano, stimolato da Federigo re di Sicilia, entrò per la via di Abruzzo nel reame con diecimila cavalli, ed occupatevi per forza talune terre, procedette innanzi con incredibil danno e spavento delle popolazioni. Ma la regina, erigendo l’animo all’altezza del pericolo, contenne virilmente quell’audace invasione, opponendovi contro quante milizie potè raunare sotto il comando del reggino Giovanni Malatacca, valoroso capitano, ed a que’ tempi celebratissimo. Costui spezzò e disperse l’esercito nemico (1367), e fece tornare ogni danno in capo dell’audace Lombardo.

In questa lunghissima maledizione di guerra tra gli Aragonesi e gli Angioini, Reggio e Messina, come città di frontiera erano sempre poste a’ bersagli delle percosse alterne, e divenivano il campo delle loro contese. Quando gli Angioini volevano far guerra alla Sicilia, da Reggio si scagliavano alla conquista di Messina, per averla base delle loro operazioni guerresche. Medesimamente quando gli Aragonesi volevano muover guerra in Calabria, si gittavano all’occupazione di Reggio, che dava porta alle loro imprese sul continente. Se in questo stato di cose potessero mai aver termine le sventure di queste due antichissime ed illustri città, faccia stima chi legge. Quindi Messina era sempre sopra le altre città di Sicilia accarezzata e favoreggiata dagli Aragonesi per tenerla forte contro gli Angioini. Reggio per contrario veniva accarezzata e favoreggiata dagli Angioini sopra le altre città di Calabria, perchè non facesse sdrucciolo nelle mani degli Aragonesi. Ma queste carezze costavan gli occhi.

II. Non è quindi meraviglia che Giovanna in que’ tempi (1362) abbia dato a’ Reggini contrassegni della sua real benevolenza. I San[p. 198 modifica]tagatini, che non potevano vedersi dipendere dalla giurisdizione di Reggio, e che si mordevano di non valere a distaccarsene, mai non allentavano di nojare i Reggini più che si potesse. Questi cittadini avevano nel territorio di Santagata da tempo immemorabile il diritto di usar delle acque correnti per l’irrigazione dei loro giardini, di pascolarvi gli animali, e di farvi le legna. I Santagatini al contrario cercavano contrastarlo, e per vie di fatto si sforzavano di disdirne l’esercizio a’ detti cittadini, con grave detrimento degl’interessi dei medesimi. E se li lasciavano fare, bisognava che chiudessero la gola a’ Santagatini con grassi ingoffi, che si erano quasi convertiti in prestazioni obbligatorie. Di questo si dolsero i Reggini a Giovanna; ed ella impose al Capitanio di Reggio che mantenesse i cittadini nell’integrità de’ lor diritti, nè tollerasse che i Santagatini facessero pagarsi a prezzo quel ch’era debito loro antichissimo.

La Regina oltre a questo, dando orecchie all’istanza del Sindaco di Reggio Bartolomeo Granorzi, giurisperito messinese (1363), condonò a’ Reggini le prevaricazioni, a cui si erano abbandonati ne’ tempi delle passate guerre. Ed a ristoro de’ danni da queste derivati rimise all’Università i pagamenti fiscali, di cui era in mora.

Questa stessa Università fra le altre sue membra teneva e possedeva ab antico nella contrada di Scaccioti una terra detta di Sant’Antonio da una chiesetta intitolata a questo Santo, e la cui fondazione vogliono che rimonti a Ruggiero Conte di Sicilia. Su questa terra, che si stendeva sino al vallone di Scaccioti pretendeva diritti Ruggiero Sanseverino Conte di Mileto e di Terranova, sostenendo che dessa, non che la chiesa di Sant’Antonio, fossero un’antica appartenenza del territorio di Mileto, sul quale Ruggiero Conte di Sicilia aveva dominio. I Reggini non cedevano a queste allegazioni, e si mantenevano fermi nel loro possesso. E per rincalzarlo viapiù, il Capitanio di Reggio ed il Magistrato municipale si recavano ogni anno in quella terra, quand’era la festa di Sant’Antonio, col vessillo regio e della città; e lo inalberavano sul comignolo della chiesa in prova della tenuta e possessione attuale e continua, che n’aveva la reggina Università. Nondimeno questo possesso era oppugnato energicamente dal detto Conte di Mileto, il quale aizzò più volte la sua gente a’ danni de’ Reggini. Dalle ingiurie parziali si trasmodò a micidiali collisioni; ed una volta i Reggini, serratisi in gran moltitudine sotto gli ordini del loro Capitanio, gittaronsi al guasto ed alla preda sul territorio del Conte; e vennero alle mani ed al sangue coi suoi vassalli. Nè il Sanseverino si dava per vinto, ma armava tutti i suoi, e spingevali alla rappresaglia su quel di Reggio, ove pa[p. 199 modifica]gavansi di contanti a’ Reggini que’ mali che avevano arrecati ad altrui.

Subitochè alla regina andò la nuova di questo azzuffamento, diede al Capitanio di Reggio i poteri necessarii, perchè l’Università fosse mantenuta nel dominio della terra e chiesa di Sant’Antonio, ed esortò severamente il Conte di Mileto a rimanersi per l’avvenire di turbarne a’ Reggini il possesso (1365).

In un’altra contrada del distretto di Reggio, detta di Sasperato, soleva ogni anno celebrarsi una Fiera nel mese di luglio sullo spianato della chiesa. I Reggini avevano l’antichissimo privilegio che il loro Capitanio e Maestri Giurati dovessero soprintendere a quella Fiera, dalla cui custodia cavavano di buoni emolumenti. A questo, non so per che ragione, si opponevano i Santagatini, e per parecchi anni si erano industriati di turbar l’uso di tal diritto a’ Reggini, sì che spesso quella fiera diveniva mercato di villanie e di busse. Giovanna non tollerò questo scandalo, e sulle rimostranze de’ Reggini riconobbe e riconfermò il loro diritto (1365), ordinando al Capitanio che fossero sempre mai mantenuti integralmente nella soprintendenza della fiera di Sasperato.

III. Dopo l’acquisto di Messina, Lodovico e Giovanna, fra le altre provvidenze per favorirne il commercio, avevano disposto permettersi a’ mercanti esteri d’introdurre in quella città generi e merci di ogni ragione, e di poter poi rimbarcare, senza pagare alcun diritto di dogana, quella quantità di tali mercanzie, della quale non troverebbero spaccio. Questo stesso privilegio chiesero i Reggini’ a Giovanna, e l’ottennero.

Ma già il rumorio di guerra tra questa Regina e Federigo Re di Sicilia tornava a farsi gagliardo; e le due parti si approntavano con operosità a novelle prove. Giovanna sapeva quanto importasse che Reggio, durante la prossima lotta, fosse conservata nel suo dominio, e messa in assetto di rintuzzar vigorosamente i colpi del nemico. Considerando per ciò che dalla città di Reggio dipendeva la salute di tutta la circostante regione di Calabria, e che questa città aveva immediato bisogno di esser raffortificata, ordinò (1369) che la prestazione del general dono dovuto dall’università di Reggio alla Corte in annue once sessanta, fosse per quello e seguente anno destinata alla ricostruzione e rifazione delle mura e torri della città, a cura dei Capitanio Giovanni Bolani, e di tre altri probi ed idonei cittadini da eleggersi e deputarsi dall’Università medesima.

Ma finalmente (1372) entrato intercessore papa Gregorio XI, fu conclusa la pace tra Giovanna e Federigo. Reggio nondimeno era ri[p. 200 modifica]masta assai abbattuta e depressa dalle passate guerre, nelle quali non pochi travagli le avevano dato i Mottigiani del suo distretto, che cavando frutto delle combustioni politiche, facevano forza di staccarsi dalla sua dipendenza. Molti altri disgravii ebbe allora Reggio dalla Regina; e fra questi l’esenzione di varie gabelle, e la remissione del pagamento del primo e secondo dono fiscale dell’anno mille trecento settantadue. In questo anno il veneziano Giovanni Bolani, ch’era Capitanio di Reggio, veniva chiamato ad altri servigi della regia Corte, e prendeva il suo luogo Frosino Cavalcanti fiorentino.

Sapendo appresso Giovanna (1374) che in Reggio si facevano sovente illecite collette di danaro, sotto colore di far donativi a’ Capitanii ed agli altri regi Uffiziali, vietò assolutamente questa illegale e gravosa concussione; a fuggir la quale molti cittadini si partivano dalla città, e mutavano altrove il loro domicilio.

Giovanna nel mille trecento settantasei si prese a quarto marito Otone di Brunsvichio. Poi per dar sesto alla successione del trono, quante volte non potesse aver prole da questo nuovo connubio, volle che Margherita figliuola di sua sorella Maria, si disposasse a Carlo figlio del Conte di Gravina Lodovico di Durazzo. Ma poi, attaccatasi a brighe col papa Urbano VI, questi la scomunicò e dichiarò decaduta dal trono; e datane l’investitura al sopradetto Carlo di Durazzo, il chiamò a spodestarla. Ma la Regina, facendo petto al contrattempo soprarrivatole, toglieva il diritto di succedere alla nipote Margherita, ed adottava all’opposto e chiamava erede Lodovico d’Angiò nipote di Carlo I, e figliuolo di Giovanni II Re di Francia. Ed a sua volta l’antipapa Clemente VII (poichè allora la chiesa era pur contristata dallo scisma) dava a questo Lodovico l’investitura del Regno.

Prima che queste cose avvenissero in Napoli, il re di Sicilia Federigo era già morto in Messina, lasciando erede la sua figliuola Maria, e la tutela di lei ed il baliato del regno ad Artale d’Alagona.

IV. Erano dunque due i nuovi Re di Napoli con due investiture, che dovevano levar il luogo alla regina Giovanna. Ma costei, intesa a mettersi in forte contro l’imminente invasione di Carlo di Durazzo, non tralasciava alcuna opera che ponesse il reame in attitudine di fortissima difesa. Fra le città che trassero maggiormente l’attenzione della Regina fu Reggio. Ella ordinò (1381) che le mura di questa città fossero al tutto rifabbricate da capo, ed eretti nuovi lavori fortificatorii; ed a tal bisogno fosse adoperata la pecunia del [p. 201 modifica]dono generale dovuto da’ Reggini al fisco sino a tutto il vegnente anno. Ordinò ancora che i cittadini dovessero straordinariamente concorrere a tali fortificazioni con once sessanta del proprio.

Ma per Giovanna era segnato e prossimo il termine della vita, che doveva esserle atrocissimo. Carlo di Durazzo entrò nel Regno, e lo conquistò. E Giovanna, la quale veniva accagionata della strana morte di Andrea, fu per ordine del nuovo Sovrano affogata sotto un piumaccio. Dava a Carlo III questo assunto il Re d’Ungheria Lodovico, fratello dello strangolato Andrea.