Storia della geografia e delle scoperte geografiche (parte seconda)/Capitolo III/Asia

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[p. 67 modifica]21. Asia — Già nel primo secolo dell’Egira cadono sotto il dominio degli Arabi la parte settentrionale della penisola, che da essi prende il nome di Arabia, la Siria, i paesi dell’Eufrate, la Palestina, l’Armenia ed una parte dell’Anatolia. Nella regione Persiana i figli di Maometto rovesciano la dinastia dei Sassanidi, la religione del fuoco e di Zoroastro è surrogata dall’islamismo, ed i Guebri (Infedeli), che rimangono fedeli all’antico culto nazionale, sono ridotti a stabilirsi nel cuore del Gran Deserto Salato, nel sud-ovest della regione persiana, in alcuni distretti dell’India, tra cui il bacino inferiore del Tapty, ove i loro discendenti sono ancora conosciuti col nome di Parsi.

Verso la fine del VII secolo le armi dei Califfi procedono vittoriose, al nord del Caucaso Indiano, nella Battriana, nella Sogdiana e nella Transoxiana, e giungono sino al Syr Daria: anche al nord di questo fiume, affluente del lago di Aral, gli Arabi conobbero le vaste steppe adiacenti al lago Balchasch, che già allora erano percorse da tribù nomadi e dedite alla pastorizia. Del Caspio e del lago di Aral quasi tutti i viaggiatori arabi ebbero notizie particolareggiate ed esatte.

Intorno allo stesso tempo la famosa città di Samarkand [p. 68 modifica]cominciò ad essere il punto di partenza delle carovane che, attraversando l’Asia Centrale, mantennero per lungo tempo colla Cina importanti relazioni commerciali. Da Samarcanda le carovane si dirigevano primieramente al nord; giungevano al Syrdaria presso la città di Otrar, e toccavano quindi il luogo di Talas sul fiume del medesimo nome, e la città di Almalik comunemente identificata colla odierna città di Kulgia sull’Ili. Da questo fiume la strada si volgeva al sud e, per mezzo di un valico attraverso la nevosa giogaia del Tien-scian o dei Monti Celesti, discendeva nel Turchestan orientale (bacino dei Tarim): in fine, percorrendo il deserto di Gobi e le steppe della Mongolia, giungeva alla prima città cinese, conosciuta col nome di Kanceu. Da questo luogo alla capitale Chan-balik (odierna Pe-king), si contavano ancora quaranta giornate di viaggio. I navigatori arabi, dei quali si è discorso precedentemente, distinguevano nella Cina due parti, l’una meridionale detta Machin, l’altra settentrionale detta Katai, nella quale era Chan-balik o Can-balu. Nella sua prefazione al libro di Marco Polo il colonnello Yule osserva che per circa tre secoli le provincie settentrionali furono distaccate dal naturale loro governo, e soggette a dinastie straniere, tra cui i Khitan popolo che si crede di famiglia Tongusa, e dal quale ebbe origine il nome di Khitai, Khatai o Cataio, col quale per quasi mille anni la Cina fu poi designata dalle nazioni dell’Asia anteriore, e lo è ancora oggi dai Russi.

I geografi arabi descrivono ampiamente quasi tutte le parti dell’India, nella quale si distinguevano sotto il nome di Sindh i distretti occidentali o dell’Indo, e con quello di Hind gli orientali, appartenenti al bacino del Gange. Il Dekhan era comunemente considerato come parte del Sind: ma di quella importante contrada gli Arabi non conoscevano che la costa occidentale.

Il Tibet compare nella geografia orientale sotto il nome di Tobbat, e diviso, come nei tempi posteriori, in tre parti, superiore, media ed inferiore. Tra i prodotti speciali di quella elevata regione, gli Arabi menzionano il borace e l’animale del [p. 69 modifica]muschio. Dei paesi adiacenti al Tibet occidentale, il Cascemir è esaltato per le sue ricche città, le sue poderose catene di montagne, il clima dolce ed eternamente primaverile.

Le parti settentrionali e nord-est del continente non furono conosciute dagli Arabi. I geografi ed i viaggiatori che scrissero nei tempi posteriori alla fondazione della dinastia dei Mongoli, dànno come limite orientale del regno di Kipsciak il fiume Irtisce, e conoscono il paese di Sibir (Siberia) come il luogo di origine delle pelliccie preziose, ma, nello stesso tempo, come una immensa solitudine, senza vegetazione, coperta di neve e di ghiacci, eternamente avvolta nelle nebbie che i raggi del sole non riuscivano giammai a squarciare, ed estendentesi sino alle rive di un Mare Tenebroso. Trovandosi Ibn Batuta, il più grande tra i viaggiatori arabi, nella città di Bulgar, seppe che la terra delle tenebre si trovava a 40 giornate di cammino da quella città; che il viaggio non si poteva altrimenti fare che su piccole slitte tirate da grossi cani, e che niuno entrava in quella contrada tranne i soli mercatanti facoltosi, ciascuno dei quali aveva forse cento di tali slitte cariche di provvigioni, di bevande e di legna, poichè durante il lungo viaggio non si trovavano nè alberi, nè pietre, nè case. Da quella lontana contrada i viaggiatori riportavano nel loro paese pelliccie di zibellino, di ermellino e di singiab.

Il Mar Caspio, rappresentato nella geografia di Tolomeo come un lago chiuso e col suo grande asse diretto da occidente ad oriente per la enorme estensione di 23 gradi, ricompare nella geografia degli Arabi quale un bacino affatto indipendente dall’Oceano, ma, più giustamente, colla direzione generale da settentrione a mezzodì. Istachry, che visitò le rive del Caspio e il paese dei Khozari, dice a proposito di quel bacino lacustre: «Dal Grande Oceano dipendono bensì il mare di Fars (golfo Persico) ed il mare di Rum (mare Mediterraneo), ma non già il mare di Khozar (mar Caspio). Se alcuno vuol viaggiare intorno al Caspio percorrendo successivamente il paese dei Khozari (tra il Caucaso ed il Volga), il Deilman, il Tabaristan, il Gurkan e il deserto adiacente al Siah-Kuh, egli ritornerà al [p. 70 modifica]suo punto di partenza, senza incontrare lungo il cammino altro ostacolo all’infuori dei fiumi che si gettano nel Caspio». E il geografo Edrisi così si esprime: «Il mare di Khozar è isolato, senza alcuna comunicazione cogli altri mari, a guisa di quanto era il Mediterraneo prima che Alessandro giungesse nell’Andalusia e facesse dai suoi ingegneri scavare il canale Zakak (lo stretto delle Colonne d’Ercole o di Gibilterra). Il Caspio è alquanto più lungo da occidente ad oriente che non da settentrione a mezzodì: il rapporto dei due assi è come quello di 4 a 3». Ma nella carta di Edrisi il rapporto è invertito, vale a dire l’asse meridiano è più sviluppato dell’equatoriale.

Delle diciannove carte che accompagnano il Libro dei climi di Istachry, la diciottesima rappresenta il lago di Charezm (lago di Aral), il quale riceve le acque dell’Oxus (Wadi Dijhun, Amudaria). Il perimetro del lago è dato dal geografo in cento parasanghe. Malgrado il gran numero di affluenti, tra cui il Dijhun ed il Chaje (Syrdaria), la massa delle acque del lago di Charesm non va soggetta ad aumento: si suppone, aggiunge Istachry, che esista una comunicazione tra esso ed il mare di Khozar (Mar Caspio). Nelle quali parole è chiaramente indicata l’indipendenza tra i due bacini lacustri dell’Asia centro-occidentale. E come un bacino isolato, indipendente dal Caspio, ed alimentato dalle acque dell’Amudaria e del Syrdaria, è descritto il lago di Aral da tutti i geografi arabi, tra cui specialmente Massudi, di poco posteriore a Istachry; Edrisi e Abulfeda.