Storia d'Italia/Libro IV/Capitolo XI
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XI
Ma al re venuto a Milano erano concorsi, parte in persona parte per imbasciadori, dal re Federigo in fuori, tutti i potentati d’Italia; chi per congratularsi solamente della vittoria, chi per giustificare le imputazioni avute di essere stato piú inclinato a Lodovico Sforza che a lui, chi per stabilire seco in futuro le cose sue; i quali tutti raccolse benignamente, e con tutti fece composizioni ma diverse secondo la diversitá delle condizioni e secondo quello che poteva disegnare di profittarsene. Accettò in protezione il marchese di Mantova, al quale dette la condotta di cento lancie, l’ordine di San Michele e onorata provisione: accettò similmente in protezione il duca di Ferrara; l’uno e l’altro de’ quali era andato a lui personalmente, ma questo non senza spesa e difficoltá, perché, poi che ebbe consegnato a Lodovico Sforza il castelletto di Genova, era sempre stato tenuto d’animo alieno dalle cose franzesi: accettò oltre a questi in protezione, ma ricevuti danari da lui, Giovanni Bentivogli, che v’avea mandato Annibale suo figliuolo.
Ma con maggiore spesa e difficoltá si composeno le cose de’ fiorentini. A’ quali, dimenticati i meriti loro e quello che per seguitare l’amicizia franzese avevano patito a tempo del re passato, era avversa quasi tutta la corte, non si accettando le ragioni che, per non si provocare contro nelle cose di Pisa Lodovico Sforza, gli aveano necessitati a stare neutrali: perché ne’ petti de’ franzesi poteva ancora la impressione fatta quando il re Carlo concedé la libertá a’ pisani; anzi appresso a’ capitani e agli uomini militari era cresciuta l’affezione, per la fama ampliata per tutto che e’ fussino uomini valorosi nell’armi. Noceva oltre a questo a’ fiorentini l’autoritá di Gianiacopo da Triulzio il quale, aspirando al dominio di Pisa, favoriva la causa de’ pisani, desiderosi di ricevere per signore lui e ogn’altro che avesse potuto difendergli da’ fiorentini. I quali erano lacerati medesimamente, per tutta la corte, della morte di Pagolo Vitelli, come se senza cagione avessino decapitato uno capitano di tanto valore e al quale la corona di Francia aveva obligazione, perché il fratello era stato ammazzato ed egli fatto prigione mentre che erano nel regno di Napoli agli stipendi del re Carlo. Ma potendo finalmente piú nell’animo del re l’utilitá propria che le cose vane, fu fatta composizione per la quale il re, ricevutigli in protezione, si obligò a difendergli contro a ciascuno con seicento lancie e quattromila fanti; e i fiorentini, reciprocamente, alla difesa degli stati suoi d’Italia con quattrocento uomini d’arme e tremila fanti: che il re fusse obligato servirgli, a loro richiesta, di quelle lancie e artiglierie bisognassino per la ricuperazione di Pisa e delle terre occupate da’ sanesi e da’ lucchesi, ma non giá di quelle che tenevano i genovesi; e non essendogli richieste prima queste genti, fusse obligato, quando mandasse esercito alla impresa di Napoli, voltarle tutte o parte a questa espedizione; e che ricuperato che avessino Pisa, e non altrimenti, fussino tenuti dargli, per l’acquisto di Napoli, cinquecento uomini d’arme e cinquantamila ducati per pagarne cinquemila svizzeri per tre mesi; e che a lui restituissino trentaseimila ducati che aveva loro prestati Lodovico Sforza, defalcandone a dichiarazione di Gianiacopo da Triulzi quel che avessino pagato o speso per lui: conducessino per capitano generale delle loro genti il prefetto di Roma fratello del cardinale di San Piero a Vincola, a instanza del quale fu fatta questa dimanda.