Carlo Cattaneo federalista: differenze tra le versioni

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Il sistema feralista del Cattaneo parve per un momento realizzabile: quando trionfò l’impresa garibaldina nel mezzogiorno d’Italia.
 
Nel settembre del 1860 {{Ac|Giuseppe Garibaldi|Garibaldi}} invitò a Napoli il Cattaneo, che vi si recò e prese parte per quel gruppo di seguaci del «donatore di regni» che volevano l’elezione di parlamenti speciali per la Sicilia e per il Napoletano, e conservate le autonomie locali, pur trattando col governo di Torino i patti dell’unione nazionale. Mazziniani e cavouriani volevano, invece, l’annessione immediata e incondizionata. Garibaldi, che s’era professato federalista, cedette agli unitari.
 
Nel nord d’Italia, dove esisteva una numerosa e florida borghesia manifatturiera, commerciale, agraria ed intellettuale, la resistenza all’invadenza amministrativa e giudiziaria piemontese fu notevole. Nel mezzogiorno, dove gli esigui nuclei borghesi e piccoli borghesi temevano le rivolte contadine e vedevano, quindi, del Piemonte la forza militare capace di mantenere il così detto ordine pubblico, non ci fu resistenza. Nel mezzogiorno vi era, inoltre, una burocrazia borbonica che andava eliminata e un’infinita turba di aspiranti alla carriera burocratica, aspiranti in grande parte incapaci. Si aggiunga il carattere statolatra della corrente hegeliana, fiorente a Napoli e professata dai più autorevoli patrioti meridionali: primo Bertrando Spaventa. L’unitarismo del Mazzini screditava, poi, tra i democratici meridionali l’idea federalista.