Mastro Titta, il boia di Roma/Capitolo XCVI: differenze tra le versioni

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Luigi Finocchi aveva da qualche tempo dei rapporti misteriosi col di fuori.<br />
Un’insurrezione era scoppiata in Sicilia. {{Ac|Giuseppe Garibaldi|Garibaldi}}, partito da Genova con mille volontari, aveva operato uno sbarco in Sicilia, una quantità di insorti unitisi a lui, e date battaglie sanguinose ai soldati del Borbone, si erano impossessati di tutta l’isola, abbattendovi il legittimo governo. La rivoluzione tendeva ad estendersi e cercava aderenti anche negli Stati di Sua Santità, per mezzo di emissari che spandevano denari a piene mani. L’avidità di Finocchi, cresciuta per le ingenti spese, che gli cagionava la moglie, ne fu sedotto: egli si gettò a corpo perduto nella cospirazione.
 
Pareva che si volesse operare uno sbarco sulla costa pontificia del Tirreno e a questo intento lavoravano Finocchi e i suoi nuovi amici. Le sue assenze da casa erano frequenti, tanto la notte che il giorno, e talvolta si prolungavano perfino di una settimana. Diceva che andava a Grosseto, nello Stato del granduca di Toscana, cacciato anche lui dal trono l’anno antecedente. E realmente vi si recava, ma sempre con segreti scopi politici.