Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/321: differenze tra le versioni
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L’imperadore Giustino Augusto |
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''a Demostene prefetto del pretorio.''</div> |
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{{xx-larger|C}}{{smaller|ONSIDERANDO}} proprio della imperiale benevolenza non tanto |
{{xx-larger|C}}{{smaller|ONSIDERANDO}} proprio della imperiale benevolenza non tanto l’investigare in ogni tempo i vantaggi de’sudditi, quanto il procurare sussidio a’medesimi; noi crediam bene sollevare con competente moderazione anche gli errori delle donne, in forza dei quali per la debolezza del loro sesso sienosi rendute indegne dell’onore della civile convivenza: onde non più tolta ad esse la speranza di miglior condizione, per cura nostra più facilmente ritraggansi dalla imprudente, e meno onesta carriera, che s’abbiano eletta. E di questa maniera crediamo noi imitare, per quanto alla natura nostra é possibile, la benevolenza di Dio, e la sua somma clemenza verso il genere umano, posciaché ai cotidiani peccati degli uomini egli sempre degnasi perdonare, accogliere la nostra penitenza, e piegarla a migliore stato. Il che se per avventura anche noi volessimo differire rispetto ai sudditi nostri, parrebbeci non essere degni di alcun perdono ». |
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« Essendo per tanto ingiusta cosa, che mentre i servi fatti liberi per divina indulgenza possono restituirsi alla condizione in cui nacquero, e del benefizio loro impartito dal Principe godere come se mai non avessero servito, ma fossero sempre stati ingenui, le donne poi, che applicatesi in addietro agli spettacoli |
« Essendo per tanto ingiusta cosa, che mentre i servi fatti liberi per divina indulgenza possono restituirsi alla condizione in cui nacquero, e del benefizio loro impartito dal Principe godere come se mai non avessero servito, ma fossero sempre stati ingenui, le donne poi, che applicatesi in addietro agli spettacoli |