Storia segreta/Capo XII: differenze tra le versioni

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==__MATCH__:[[Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/111]]== <br>
''Carattere infame di Giustiniano. Suoi primi assassinii. Favorisce la fazione de'Veneti. Disordini di questi, e dei Prasini. Mode barbare introdotte. Delitti di ogni partito. La gioventù se ne fa imitatrice. Il male si estende dappertutto. Giustiniano premia , anzi che punire i colpevoli. Egli non fa che cercar denaro, e gittarlo.''|prec=../11|succ=../13}}
 
Era Giustiniano facile sì a rapire le sostanze altrui, che a far sangue : per lui niente essendo lo esterminare quanta pur fosse moltitudine d’uomini di ogni delitto innocenti. Niun pensiero fu mai in lui di conservare le cose stabilite: sempre cercava cose nuove; e dirò tutto in una parola: era suo genio di appestare ogni buona cosa. Pochi furono gli uomini, che potessero o fuggire non intaccatine, o intaccatine guarire da quella tremenda pestilenza, che negli antecedenti libri dicemmo essersi sparsa per quasi tutto l’ universo mondo , in paragone di quelli che ne rimasero vittima. Ma da Giustiniano niuno tra tutti i Romani scampò, il quale come malanno apposta piovuto dal cielo, nessuno lasciò intatto: ché altri iniquamente levò di mezzo; altri, lasciando loro la vita, gittò in tal povertà, che s’ ebbero a desiderare piuttosto ogni più crudele supplizio: tanto sentivansi miseri ! ad altri non perdonò né le sostanze , né la vita. Né bastò a lui l’aver messo sossopra il romano Imperio, ché volse le forze a soggiogare l’Africa, e l’ Italia, onde trarre codeste provincie nella ruina stessa, in cui messe avea le altre a lui già soggette.
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E di vero, tosto ch’ ebbe preso il principato dello zio, tutto il suo ingegno pose , e con nissuna dignità, a vuotare l’erario pubblico che aveva in sue mani. Prova é di ciò quanto agli Unni, che spesso venivano a lui, in ampii doni profuse, oltre le grandi spese che per essi faceva. Per questo poi le provincie romane si videro esposte alle incursioni de’ Barbari, i quali assaggiate una volta le ricchezze romane ritornavanvi, né se ne potevano distaccare. Ebbe pur anche il capriccio di gittare esorbitanti somme di denaro nella costruzione di moli marittime per rintuzzare la forza de’ flutti, e con enormi masse di pietre all’ impeto della corrente del Ponto opponendosi mostrare più pertinacia egli medesimo, e cercar gloria lottando in certo modo cogli sforzi delle ricchezze contra la violenza del mare. A sovvenire a tante inutili spese tirò a sé da ogni parte le private sostanze de’ Romani, agli uni apponendo falsi delitti, agli altri senza verun fondamento dichiarando le loro fortune essere state a lui destinate in dono. E parecchi rei di parricida, per iscansare la pena dovuta per tali delitti, tutti i loro beni gli cedettero. Altri, che senza nissun titolo promossa aveano lite contro i vicini sopra fondi giustamente da questi posseduti, veggendo di non potere per virtù delle leggi riuscir vittoriosi, rinunciavano all’Imperadore la causa, paghi almeno e di rendersi a lui senza pericolo noti e ben visti, e con quello iniquissimo loro procedere di opprimere i loro avversarii.
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