Convivio/Trattato quarto: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m autore citato |
Correzione pagina via bot |
||
Riga 1:
{{Qualità|avz=50%|data=23 luglio 2008|arg=Saggi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Trattato quarto|prec=../Trattato terzo|succ=}}
==CANZONE TERZA==
<poem>
Le dolci rime
cercar
convien
ad esse ritornare,
ma perchè li atti disdegnosi e feri{{R|5}}
che ne la donna mia
sono appariti
de
E poi che tempo mi par
diporrò giù lo mio soave stile,{{R|10}}
e dirò del valore,
per lo qual veramente omo è gentile,
con rima
riprovando
di quei che voglion che di gentilezza
sia principio ricchezza.
E, cominciando, chiamo quel signore
per
Tale imperò che gentilezza volse,
secondo
che fosse antica possession
con reggimenti belli;
e altri fu di più lieve savere,{{R|25}}
che tal detto rivolse,
e
chè non
Di retro da costui van tutti quelli
che fan gentile per ischiatta altrui{{R|30}}
Line 42 ⟶ 37:
ed è tanto durata
la così falsa oppinion tra nui,
che
omo gentil che può dicere:
nepote, o figlio, di cotal
benchè sia da niente.
Ma vilissimo sembra, a chi
cui è scorto
e tocca a tal,
Chi diffinisce:
prima dice non vero,
e, dopo
ma più forse non vede.
Similemente fu chi tenne impero{{R|45}}
in diffinire errato,
chè prima puose
con difetto procede;
chè le divizie, sì come si crede,
Line 68 ⟶ 63:
chè, quantunque collette,
non posson quietar, ma dan più cura;
onde
per lor discorrimento non si sface.{{R|60}}
Nè voglion che vil uom gentil divegna,
nè di vil padre scenda
nazion che per gentil già mai
questo è da lor confesso:
onde lor ragion par che sè offenda{{R|65}}
Line 84 ⟶ 79:
ma ciò io non consento,
ned ellino altressì, se son cristiani!
Per che a
è manifesto i lor diri esser vani,{{R|75}}
ed io così per falsi li riprovo,
e da lor mi rimovo;
e dicer voglio omai, sì
che cosa è gentilezza, e da che vene,
e dirò i segni che
Dico
vien da una radice:
vertute, dico, che fa
in sua operazione.
Questo è, secondo che
un abito eligente
lo qual dimora in mezzo solamente,
Line 106 ⟶ 101:
dà sempre altrui di sè buono intelletto;
per che in medesmo detto
convegnono ambedue,
Onde convien da
o
ma se
e ancor più, da lei verrà più tosto.
E ciò
È gentilezza
ma non vertute
sì
ma ciò non e converso.
E noi in donna e in età novella{{R|105}}
vedem questa salute,
in quanto vergognose son tenute,
Dunque verrà, come dal nero il perso,
ciascheduna vertute da costei,{{R|110}}
o vero il gener lor,
Però nessun si vanti
dicendo:
quei
chè solo Iddio a
che vede in sua persona
perfettamente star: sì
che seme di felicità sia costa,
messo da Dio ne
non la si tiene ascosa,
chè dal principio
la mostra infin la morte.
Ubidente, soave e vergognosa{{R|125}}
Line 143 ⟶ 138:
con le sue parti accorte;
in giovinezza, temperata e forte,
piena
e solo in lealtà far si diletta;
è ne la sua senetta
prudente e giusta, e larghezza se
e
poi ne la quarta parte de la vita
a Dio si rimarita,
contemplando la fine che
e benedice li tempi passati.
Vedete omai quanti son
Contra-li-erranti mia, tu te
e quando tu sarai
in parte dove sia la donna nostra,
non le tenere il tuo mestier coverto
tu le puoi dir per certo:{{R|145}}
«Io vo parlando de
==CAPITOLO I==
1. Amore, secondo la concordevole sentenza de li savi di lui ragionanti, e secondo quello che per esperienza continuamente vedemo, è che congiunge e unisce
11. Non sarà dunque mestiere ne la esposizione di costei alcuna allegoria aprire, ma solamente la sentenza secondo la lettera ragionare. Per mia donna intendo sempre quella che ne la precedente ragione è ragionata, cioè quella luce virtuosissima, Filosofia, li cui raggi fanno ne li fiori rifronzire e fruttificare la verace de li uomini nobilitade, de la quale trattare la proposta canzone pienamente intende.
==CAPITOLO II==
1. Nel principio de la impresa esposizione, per meglio dare a intendere la sentenza de la proposta canzone, conviensi quella partire prima in due parti, che ne la prima parte pr[oemi]almente si parla, ne la seconda si seguita lo trattato; e comincia la seconda parte nel cominciamento del secondo verso, dove dice: Tale imperò che gentilezza volse. 2. La prima parte ancora in tre membra si può comprendere: nel primo si dice perchè da lo parlare usato mi parto; nel secondo dico quello che è di mia intenzione a trattare; nel terzo domando aiutorio a quella cosa che più aiutare mi può, cioè a la veritade. Lo secondo membro comincia: E poi che tempo mi par
3. Dico adunque che
5. Appresso, quando dico: E poi che tempo mi par
11. Dico:
17. Ultimamente, quando dico: E, cominciando, chiamo quel signore, chiamo la veritade che sia meco, la quale è quello signore che ne li occhi, cioè ne le dimostrazioni de la filosofia dimora, e bene è signore, chè a lei disposata
==CAPITOLO III==
1. Veduta la sentenza del proemio, è da seguire lo trattato; e per meglio quello mostrare, partire si conviene per le sue parti principali, che sono tre: che ne la prima si tratta de la nobilitade secondo oppinioni
4. Dunque dico che ora questa prima parte si divide in due: che ne la prima si pongono le oppinioni altrui, ne la seconda si ripruovano quelle; e comincia questa seconda parte: Chi diffinisce:
==CAPITOLO IV==
1. Lo fondamento radicale de la imperiale maiestade, secondo lo vero, è la necessità de la umana civilitade, che a uno fine è ordinata, cioè a vita felice; a la quale nullo per sè è sufficiente a venire sanza
8. Veramente potrebbe alcuno gavillare dicendo che, tutto che al mondo officio
==CAPITOLO V==
1. Non è maraviglia se la divina provedenza, che del tutto
3. Volendo la
10. E come detto è di sopra nel fine del precedente [capitolo del presente] trattato, non solamente speziale nascimento, ma speziale processo ebbe da Dio; chè brievemente, da Romolo incominciando, che fu di quella primo padre, infino a la sua perfettissima etade, cioè al tempo del predetto suo imperadore, non pur per umane ma per divine operazioni andò lo suo processo. 11. Che se consideriamo li sette regi che prima la governaro, cioè Romolo, Numa, Tullo, Anco e li re Tarquini, che furono quasi baiuli e tutori de la sua puerizia, noi trovare potremo per le scritture de le romane istorie, massimamente per Tito Livio, coloro essere stati di diverse nature, secondo
==CAPITOLO VI==
1. Di sopra, nel terzo capitolo di questo trattato, promesso fue di ragionare de
6. Che Aristotile sia dignissimo di fede e
17. Per che, tutto ricogliendo, è manifesto lo principale intento, cioè che
==CAPITOLO VII==
1. Poi che veduto è quanto è da reverire
5. Poi che la mala condizione di questa populare oppinione è narrata, subitamente, quasi come cosa orribile, quella percuot[o] fuori di tutto
==CAPITOLO VIII==
1. Lo più bello ramo che de la radice razionale consurga si è la discrezione. Chè, sì come dice Tommaso sopra lo prologo de
6. Dico adunque che quando lo Filosofo dice: «Quello che pare a li più, impossibile è del tutto essere falso», non intende dicere del parere di fuori, cioè sensuale, ma di quello dentro, cioè razionale; con ciò sia cosa che
10. E come io, secondo che vedere si può, contra la reverenza del Filosofo non parlo ciò riprovando, così non parlo contra la reverenza de lo Imperio: e la ragione mostrare intendo. Ma però che, dinanzi da
==CAPITOLO IX==
1. A vedere come in questo caso, cioè in riprovando o in approvando
4. E a vedere li termini de le nostre operazioni, è da sapere che solo quelle sono nostre operazioni che subiacciono a la ragione e a la volontade; che se in noi è
11. E da considerare è che quanto la cosa è più propia de
14. Queste cose simigliantemente, che de
==CAPITOLO X==
1. Poi che poste sono
4. Dico adunque, Chi diffinisce:
==CAPITOLO XI==
1. Resta omai solamente a provare come le divizie sono vili, e come disgiunte sono e lontane da nobilitade; e ciò si pruova in due particulette del testo, a le quali si conviene al presente intendere. E poi quelle esposte, sarà manifesto ciò che detto ho, cioè le divizie essere vili e lontane da nobilitade; e per questo saranno le ragioni di sopra contra le divizie perfettamente provate. 2. Dico adunque: Che siano vili appare ed imperfette. E a manifestare ciò che dire
6. Dico che la loro imperfezione primamente si può notare ne la indiscrezione del loro avvenimento, nel quale nulla distributiva giustizia risplende, ma tutta iniquitade quasi sempre, la quale iniquitade è proprio effetto
==CAPITOLO XII==
1. Come detto è, la imperfezione de le ricchezze non solamente nel loro avvenimento si può comprendere, ma eziandio nel pericoloso loro accrescimento; e però che in ciò più si può vedere di loro difetto, solo di questo fa menzione lo testo, dicendo quelle, quantunque collette, non solamente non quietare, ma dare più sete e rendere altri più defettivo e insufficiente. 2. E qui si vuole sapere che le cose defettive possono aver li loro difetti per modo, che ne la prima faccia non paiono, ma sotto pretesto di perfezione la imperfezione si nasconde; e possono avere quelli sì, che del tutto sono discoperti, sì che apertamente ne la prima faccia si conosce la imperfezione. 3. E quelle cose che prima non mostrano li loro difetti sono più pericolose, però che di loro, molte fiate prendere guardia non si può; sì come vedemo nel traditore, che ne la faccia dinanzi si mostra amico, sì che fa di sè fede avere, e sotto pretesto
11. Veramente qui surge in dubbio una questione, da non trapassare sanza farla e rispondere a quella. Potrebbe dire alcuno calunniatore de la veritade che se, per crescere desiderio acquistando, le ricchezze sono imperfette e però vili, che per questa ragione sia imperfetta e vile la scienza, ne
13. A questa questione brievemente è da rispondere; ma prima è da vedere se ne
==CAPITOLO XIII==
1. A la questione rispondendo, dico che propriamente crescere lo desiderio de la scienza dire non si può, avvegna che, come detto è, per alcuno modo si dilati. Chè quello che propriamente cresce, sempre è uno: lo desiderio de la scienza non è sempre uno, ma è molti, e finito
6. Ben puote ancora calunniare
10. Le quali come ne la loro possessione siano dannose, brievemente è da mostrare, che è la terza nota de la loro imperfezione. Puotesi vedere la loro possessione essere dannosa per due ragioni:
14. Anche è privazione di bene la loro possessione. Chè, possedendo quelle, larghezza non si fa, che è vertude ne la quale è perfetto bene e la quale fa li uomini splendienti e amati; che non può essere possedendo quelle, ma quelle lasciando di possedere. Onde Boezio nel medesimo libro dice: «Allora è buona la pecunia, quando, transmutata ne li altri per uso di larghezza, più non si possiede». Per che assai è manifesto la loro viltade per tutte le sue note. 15. E però
==CAPITOLO XIV==
1. Riprovato
3. Dico adunque: Nè voglion che vil uom gentil divegna. Dove è da sapere che oppinione di questi erranti è che uomo prima villano mai gentile uomo dicer non si possa; nè uomo che figlio sia di villano similemente dicere mai non si possa gentile. E ciò rompe la loro sentenza medesima, quando dicono che tempo si richiede a nobilitade, ponendo questo vocabulo
6. E se
9. Lo secondo si è, che
12. Lo terzo si è che molte volte verrebbe prima lo generato che lo generante; che è del tutto impossibile; e ciò si può così mostrare. Pognamo che Gherardo da Cammino fosse stato nepote del più vile villano che mai bevesse del Sile o del Cagnano, e la oblivione ancora non fosse del suo avolo venuta: chi sarà oso di dire che Gherardo da Cammino fosse vile uomo? e chi non parlerà meco, dicendo quello essere stato nobile? Certo nullo, quanto vuole sia presuntuoso, però che egli fu, e fia sempre la sua memoria. 13. E se la oblivione del suo basso antecessore non fosse venuta, sì come si suppone, ed ello fosse grande di nobilitade e la nobilitade in lui si vedesse così apertamente come aperta si vede, prima sarebbe stata in lui che
14. Lo quarto si è che tale uomo sarebbe tenuto nobile morto che non fu nobile vivo; che più inconveniente essere non potrebbe; e ciò così si mostra. Pognamo che ne la etade di Dardano
==CAPITOLO XV==
1. Da poi che, per la loro medesima sentenza, la canzone ha riprovato tempo non richiedersi a nobilitade, incontanente seguita a confondere la premessa loro oppinione, acciò che di loro false ragioni nulla ruggine rimagna ne la mente che a la verità sia disposta; e questo fa quando dice: Ancor, segue di ciò che innanzi ho messo. 2. Ove è da sapere che, se uomo non si può fare di villano gentile o di vile padre non può nascere gentile figlio, sì come messo è dinanzi per loro oppinione, che de li due inconvenienti
10. Poi quando dico: Per che a
17. E secondo malizia, o vero difetto di corpo, può essere la mente non sana: quando per difetto
18. Appresso soggiugne, che io così li giudico falsi e vani, e così li ripruovo; e ciò si fa quando si dice: E io così per falsi li riprovo. E appresso dico che da venire è a la veritade mostrare; e dico che mostrare [è] quello, cioè che cosa è gentilezza, e come si può conoscere
==CAPITOLO XVI==
1. «Lo rege si letificherà in Dio, e saranno lodati tutti quelli che giurano in lui, però che serrata è la bocca di coloro che parlano le inique cose». Queste parole posso io qui veramente proponere; però che ciascuno vero rege dee massimamente amare la veritade.
2. Convienesi procedere al trattato de la veritade, secondo la divisione fatta nel terzo capitolo di questo trattato. Questa seconda parte adunque, che comincia: Dico
4. A perfettamente entrare per lo trattato è prima da vedere due cose:
9. Secondamente è da vedere come da camminare è a trovare la diffinizione de
==CAPITOLO XVII==
1. Appresso che vedute sono quelle due cose che parevano utili a vedere prima che sopra lo testo si procedesse, ad esso esponere è da procedere. E dice e comincia adunque: Dico
4. Queste sono undici vertudi dal detto Filosofo nomate. La prima si chiama Fortezza, la quale è arme e freno a moderare
9. Veramente è da sapere che noi potemo avere in questa vita due felicitadi, secondo due diversi cammini, buono e ottimo, che a ciò ne menano:
==CAPITOLO XVIII==
1. Nel precedente capitolo è diterminato come ogni vertù morale viene da uno principio, cioè buona e abituale elezione; e ciò importa lo testo presente infino a quella parte che comincia: Dico che nobiltate in sua ragione. 2. In questa parte adunque si procede per via probabile a sapere che ogni sopra detta virtude, singularmente o ver generalmente presa, proceda da nobilitade sì come effetto da sua cagione. E fondasi sopra una proposizione filosofica, che dice che quando due cose si truovano convenire in una, che ambo queste si deono riducere ad alcuno terzo, o vero
6. Ultimamente dice, che quello
==CAPITOLO XlX==
1. Poi che ne la precedente parte sono pertrattate certe cose e diterminate,
3. Ad evidenza de la prima parte, da reducere a memoria è che di sopra si dice che se nobilitade vale e si stende più che vertute, [vertute] più tosto procederà da essa. La qual cosa ora in questa parte pruova, cioè che nobilitade più si stenda; e rende essemplo del cielo, dicendo che dovunque è vertude, quivi è nobilitade. 4. E quivi si vuole sapere che, sì come scritto è in Ragione e per regola di Ragione si tiene, in quelle cose che per sè sono manifeste non è mestiere di pruova; e nulla
8. Poi quando dice: E noi in donna e in età novella, pruova ciò che dico, mostrando che la nobilitade si stenda in parte dove virtù non sia. E dice poi: vedem questa salute: e tocca nobilitade, che bene è vera salute, essere là dove è vergogna, cioè tema di disnoranza, sì come è ne le donne e ne li giovani, dove la vergogna è buona e laudabile; la qual vergogna non è virtù, ma certa passione buona. 9. E dice: E noi in donna e in età novella, cioè in giovani; però che, secondo che vuole lo Filosofo nel quarto de
==CAPITOLO XX==
1. Quando appresso seguita: Dunque verrà, come dal nero il perso, procede lo testo a la diffinizione di nobilitade, la qual si cerca, e per la quale si potrà vedere che è questa nobilitade di che tanta gente erroneamente parla. Dice dunque, conchiudendo da quello che dinanzi detto è: dunque ogni vertude, o vero il gener loro, cioè
6. Poi, quando dice: Chè solo Iddio a
9. Ultimamente conchiude, e dice che, per quello che dinanzi detto è (cioè che le vertudi sono frutto di nobilitade, e che Dio questa metta ne
==CAPITOLO XXI==
1. Acciò che più perfettamente
6. Non si maravigli alcuno,
11. Per via teologica si può dire che, poi che la somma deitade, cioè Dio, vede apparecchiata la sua creatura a ricevere del suo beneficio, tanto largamente in quella ne mette quanto apparecchiata è a riceverne. E però che da ineffabile caritate vegnono questi doni, e la divina caritate sia appropriata a lo Spirito Santo, quindi è che chiamati sono doni di Spirito Santo. 12. Li quali, secondo che li distingue Isaia profeta, sono sette, cioè Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietade e Timore di Dio. Oh buone biade, e buona e ammirabile sementa! e oh ammirabile e benigno seminatore, che non attende se non che la natura umana li apparecchi la terra a seminare! e beati quelli che tale sementa coltivano come si conviene! 13. Ove è da sapere che
==CAPITOLO XXII==
1. Comandamento è de li morali filosofi che de li benefici hanno parlato, che
4. Lasciando dunque stare
7. Dico adunque che dal principio se stesso ama, avvegna che indistintamente; poi viene distinguendo quelle cose che a lui sono più amabili e meno, e più odibili [e meno], e seguita e fugge più e meno, secondo la conoscenza distingue non solamente ne
10. E non dicesse alcuno che ogni appetito sia animo; chè qui
13. Veramente di questi usi
16. Questo angelo è questa nostra nobilitade che da Dio viene, come detto è, che ne la nostra ragione parla, e dice a ciascuna di queste sette, cioè a qualunque va cercando beatitudine sue ne la vita attiva, che non è qui; ma vada, e dicalo a li discepoli e a Piero, cioè a coloro che
==CAPITOLO XXIII==
1. Poi che dimostrata sufficientemente pare la diffinizione di nobilitade, e quella per le sue parti, come possibile è stato, è dichiarata, sì che vedere si puote omai che è lo nobile uomo, da procedere pare a la parte del testo che comincia:
3. Intorno de la prima è da sapere che questo seme divino, di cui parlato è di sopra, ne la nostra anima incontanente germoglia, mettendo e diversificando per ciascuna potenza de
7. Ed è da sapere che questo arco [di giù, come l'arco] di su sarebbe eguale, se la materia de la nostra seminale complessione non impedisse la regola de la umana natura. Ma però che
12. Veramente questo arco non pur per mezzo si distingue da le scritture; ma, seguendo le quattro combina[zioni] de le contrarie qualitadi che sono ne la nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte de la nostra etade, in quattro parti si divide, e chiamansi quattro etadi. 13. La prima è Adolescenza, che
==CAPITOLO XXIV==
1. Ritornando al proposito, dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenzia, cioè
2. De la prima nullo dubita, ma ciascuno savio
3. De la seconda, la quale veramente è colmo de la nostra vita, diversamente è preso lo tempo da molti. Ma, lasciando ciò che ne scrivono li filosofi e li medici, e tornando a la ragione propria, dico che ne li più, ne li quali prendere si puote e dee ogni naturale giudicio, quella etade è venti anni. E la ragione che ciò mi dà si è che, se
7. Veramente, sì come di sopra detto è, queste etadi possono essere più lunghe e più corte secondo la complessione nostra e la composizione; ma, come elle siano in questa proporzione, come detto è, in tutti mi pare da servare, cioè di fare
11. Dà adunque la buona natura a questa etade quattro cose, necessarie a lo entrare ne la cittade del bene vivere. La prima si è obedienza; la seconda soavitade; la terza vergogna; la quarta adornezza corporale, sì come dice lo testo ne la prima particola. 12. È dunque da sapere, che sì come quello che mai non fosse stato in una cittade, non saprebbe tenere le vie sanza insegnamento di colui che
==CAPITOLO XXV==
1. Non solamente questa anima e natura buona in adolescenza è obediente, ma eziandio soave; la quale cosa è
3. Anche è necessaria a questa etade la passione de la vergogna; e però la buona e nobile natura in questa etade la mostra, sì come lo testo dice. E però che la vergogna è apertissimo segno in adolescenza di nobilitade, perchè quivi è massimamente necessaria al buono fondamento de la nostra vita, a lo quale la nobile natura intende, di quella è alquanto con diligenza da parlare. 4. Dico che per vergogna io intendo tre passioni necessarie al fondamento de la nostra vita buona:
7. Lo pudore è uno ritraimento
10. La verecundia è una paura di disonoranza per fallo commesso; e di questa paura nasce un pentimento del fallo, lo quale ha in sè una amaritudine che è gastigamento a più non fallire. Onde dice questo medesimo poeta, in quella medesima parte, che quando Polinice fu domandato da Adrasto rege del suo essere,
11. E non pure obedienza, soavitade e vergogna la nobile natura in questa etade dimostra, ma dimostra bellezza e snellezza nel corpo; sì come dice lo testo quando dice: E sua persona adorna. E questo
==CAPITOLO XXVI==
1. Poi che sopra la prima particola di questa parte, che mostra quello per che potemo conoscere
5. Qui adunque è da reducere a mente quello che di sopra, nel ventiduesimo capitolo di questo trattato, si ragiona de lo appetito che in noi dal nostro principio nasce. Questo appetito mai altro non fa che cacciare e fuggire; e qualunque ora esso caccia quello che e quanto si conviene, e fugge quello che e quanto si conviene,
10. Ancora è a questa etade, a sua perfezione, necessario
12. Ancora è necessario a questa etade essere cortese; chè, avvegna che a ciascuna etade sia bello
14. Ancora è necessario a questa etade essere leale. Lealtade è seguire e mettere in opera quello che le leggi dicono, e ciò massimamente si conviene a lo giovane: però che lo adolescente, come detto è, per minoranza
==CAPITOLO XXVII==
1. Veduto e ragionato è assai sofficientemente sopra quella particola che
6. Se bene si mira, da la prudenza vegnono li buoni consigli, li quali conducono sè e altri a buono fine ne le umane cose e operazioni; e questo è quello dono che Salomone, veggendosi al governo del populo essere posto, chiese a Dio, sì come nel terzo libro de li Regi è scritto. 7. Nè questo cotale prudente non attende [chi] li domandi
10. Conviensi anche a questa etade essere giusto, acciò che li suoi giudicii e la sua autoritade sia un lume e una legge a li altri. E perchè questa singulare vertù, cioè giustizia, fue veduta per li antichi filosofi apparire perfetta in questa etade, lo reggimento de le cittadi commisero in quelli che in questa etade erano; e però lo collegio de li rettori fu detto Senato. 11. Oh misera, misera patria mia! quanta pietà mi stringe per te, qual volta leggo, qual volta scrivo cosa che a reggimento civile abbia rispetto! Ma però che di giustizia nel penultimo trattato di questo volume si tratterà, basti qui al presente questo poco avere toccato di quella.
12. Conviensi anche a questa etade essere largo; però che allora si conviene la cosa quando più satisface al debito de la sua natura, nè mai a lo debito de la larghezza non si può satisfacere così come in questa etade. Chè se volemo bene mirare al processo
16. Conviensi anche a questa etade essere affabile, ragionare lo bene, e quello udire volontieri: imperò che allora è buono ragionare lo bene, quando esso è ascoltato. E questa etade pur ha seco
17. E che tutte e quattro queste cose convegnono a questa etade,
==CAPITOLO XXVIII==
1. Appresso de la ragionata particola è da procedere a
11. E benedice anco la nobile anima in questa etade li tempi passati; e bene li può benedicere, però che, per quelli rivolvendo la sua memoria, essa si rimembra de le sue diritte operazioni, sanza le quali al porto, ove
16. E che dice Marzia a Catone? «Mentre che in me fu lo sangue», cioè la gioventute, «mentre che in me fu la maternale vertute», cioè la senettute, che bene è madre de
==CAPITOLO XXIX==
1. Poi che mostrato [ha] lo testo quelli segni li quali per ciascuna etade appaiono nel nobile uomo e per li quali conoscere si puote, e sanza li quali essere non puote, come lo sole sanza luce e lo fuoco sanza caldo, grida lo testo a la gente, a
8. A la seconda questione si può rispondere, che una progenie per sè non hae anima, e ben è vero che nobile si dice ed è per certo modo. Onde è da sapere che ogni tutto si fa de le sue parti. È alcuno tutto che ha una essenza simplice con le sue parti, sì come in uno uomo è una essenza di tutto e di ciascuna parte sua; e ciò che si dice ne la parte, per quello medesimo modo si dice essere in tutto. 9. Un altro tutto è che non ha essenza comune con le parti, sì come una massa di grano; ma è la sua una essenza secondaria che resulta da molti grani, che vera e prima essenza in loro hanno. E in questo tutto cotale si dicono essere le qualitadi de le parti così secondamente come
==CAPITOLO XXX==
1. Come di sopra nel terzo capitolo di questo trattato si dimostra, questa canzone ha tre parti principali. Per che, ragionate le due (de le quali la prima cominciò nel capitolo predetto, e la seconda nel sestodecimo; sicchè la prima per tredici e la seconda per quattordici è determinata, sanza lo proemio del trattato de la canzone, che in due capitoli si comprese), in questo trentesimo e ultimo capitolo, de la terza parte principale brievemente è da ragionare, la quale per tornata di questa canzone fatta fu ad alcuno adornamento, e comincia: Contra-li-erranti mia, tu te
3. Dico adunque: Contra-li-erranti mia. Questo Contra-li-erranti è tutto una par[ola], e è nome
6. E dico ad essa: Dì a questa donna, «Io vo parlando de
|