De la vωlgare εlωquεnzia/Libro I: differenze tra le versioni

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{{nbsp|5}}Perché adunque a questω ritrωvatω parlare aggiungendω Illustre, Cardinale, Aulicω, ε Cωrtigianω, cωsì lω kiamiamω, al prε∫εnte diremω; per il che più kiaramente faremω parere quellω, che essω ὲ. Primamente adunque dimωstriamω quellω, che intendiamω di farε quandω vi aggiungiamω Illustre, εt perché Illustre il dimandiamω; pεr questω nωi il dicemω Illustre, che illuminante, εt illuminatω risplende. <big><big>ε</big></big>t a questω modω nωminiamω lj homini Illustri, o verω perché illuminati di pωtεnzia soljωnω cωn giustizia, ε carità lj altri illuminare, o verω, che εxcellεntemente amaestrati, εxcellεntemente amaestranω; cωme fa {{Ac|Lucio Anneo Seneca|Sεneca}}, ε Numa Pωmpiliω, εt il vωlgare di cui parliamω; Il quale inalzatω di magistεriω, ε di pωtεnzia, inalza i suoi di hωnωre, ε di gloria. <big><big>ε</big></big> che ’l sia da magistεriω inalzatω si vede, εssendo elji di tanti rωçi vωcabωli Italiani, di tante perplεsse cωnstruziωni, di tante difettive prωnunzie, di tanti cωntadineschi accεnti, cωsì εgregiω, cωsì districato, cωsì perfettω, e cωsì civile ridωttω; cωme {{Ac|Cino da Pistoia|Cinω da Pistωja}}, ε [[Autore:Dante Alighieri|L’amicω suω]], ne le lωrω canzωni dimωstranω. Che ’l sia poi εxaltatω di pωtεnzia, appare; ε qual co∫a ὲ di maggiωre pωtεnzia, che quella, che può i cuori de lj homini vωltare’, in modω, che faccia cωlui, che nωn vuole vωlere, ε cωlui, che vuole nωn vωlere, cωme ha fatto questω, ε fa? Che elji po∫cia inalzi d’hωnωre’, chi lω pωssiεde, ὲ in prωntω; nωn sωljωnω i dωmestici suoi vincere di fama i Rε, i Marche∫i, i Cωnti, ε tutti lj altri grandi? cεrtω questω nωn ha bi∫ognω di pruova. Quantω elji faccia poi i suoi familjari glωriω∫i, nωi stessi l’habbiamω cωnω∫ciutω, i quali per la dωlceza di questa gloria pωnemω dωpω le spalle il nostrω εxiliω. Adunque meritamente’ devemω essω kiamare Illustre’.<!-- rilettura effettuata fin qui. -->