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<ref>ficile</ref> il cogliere il Manzoni in fallo; il buon senso è stato forse più vicino a lui che a qualsiasi altro mortale. Ora noi sappiamo che, prima di venir pubblicati, i ''Promessi Sposi'' furono veramente letti e talora molto criticati da un numero scelto di amici, che potrebbero per l’appunto sommare insieme al numero di venticinque. Essi furono, dal 1823 in cui i ''Promessi Sposi'' furono finiti di comporsi, al 1827, ossia per ben quattro anni, per un caso singolare, il solo vero pubblico de’ ''Promessi Sposi''; e, per quanto nel trovarsi così limitato ci fosse da sperare che usasse discrezione e riserbo, non pare che una tal regola siasi osservata da tutti; sembra anzi che alcuno de’ venticinque lettori parlasse troppo e che si permettesse un genere di censure irritante per ogni autore, ma specialmente per un autore come il Manzoni; ond’egli preparò per la stampa e pubblicazione definitiva del libro, destinato da prima ai soli amici fidati, una frecciata delle sue, e la lanciò in modo che il pubblico potesse non capire, e la dovessero sicuramente sentire gli amici indiscreti, ai quali essa era diretta.<ref>Il Manzoni si destreggiava contro i suoi critici e contro gli amici dissidenti press’a poco come quel giudice di pace, di cui egli stesso ci ha parlato nel suo ingegnoso e formidabile ''Discorso sul Romanzo storico'': "Un mio amico, di cara e onorata memoria, raccontava una scena curiosa, alla quale era stato presente in casa di un giudice di pace in Milano, val a dire molt’anni fa. L’aveva trovato tra due litiganti, uno de’ quali perorava caldamente la sua causa; e quando costui ebbe finito, il giudice gli disse: Avete ragione. Ma, signor giudice, disse subito l’altro, lei mi deve sentire anche me, prima di decidere. È troppo giusto, rispose il giudice, dite pure su, che v’ascolto attentamente. Allora quello si mise con tanto più impegno a far valere la sua causa; e ci riuscì così {{pt||{{#section:Pagina:Manzoni.djvu/269|note1}}}}</ref> Non sarà troppa {{pt|te-|temerità}}
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