La causalità come struttura grammaticale nell'ultimo Wittgenstein/1. Introduzione: differenze tra le versioni

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Quindi esaminerò la soluzione del problema della causalità proposta da Kant nei ''Prolegomeni ad ogni futura metafisica che potrà presentarsi come scienza''; la quale si basava sull'introduzione di una nozione di conoscenza riconducibile all'organizzazione da parte dell'intelletto del materiale messo a disposizione dalla sensibilità, in un modo tale però per cui i concetti puri dell'intelletto non si innestano sulle intuizioni pure della sensibilità come se vi fosse tra essi un'originaria opposizione, bensì come se al suo posto si avesse un'originaria, trascendentale, correlazione; e tratterò di una metafora significativa, dotata inoltre di un potenziale di sviluppo la cui ampiezza si manifesterà pienamente di lì a poco, con cui l'autore suggeriva come il sistema delle categorie, che include la causalità, possa essere caratterizzato come una grammatica dell'esperienza.
 
Passando quindi a {{AutoreCitato|Ludwig Wittgenstein|Wittgenstein}}, studierò la distinzione che egli operava, principalmente in ''Della certezza'', tra proposizioni logiche e proposizioni empiriche, esplicitando e differenziando le condizioni a cui una proposizione è certa (ed è al di là di ogni dubbio possibile) e le condizioni a cui una proposizione è fondata (e si può dunque parlare di conoscenza). L'analisi metterà capo a una considerazione del linguaggio come lo spazio ingiustificato all'interno del quale solo sono possibili giustificazioni e delle sue strutture come, di nuovo, una grammatica dell'esperienza.
 
Infine, sfruttando il quadro teorico di ''Della certezza'', mi concentrerò sulla soluzione al problema specifico della causalità che Wittgenstein elaborò in ''Causa ed effetto'': la quale si basava sulla qualificazione delle categorie di causa ed effetto come strutture grammaticali grazie alle quali – nel gioco linguistico che noi abitualmente giochiamo – diamo forma alla nostra esperienza.