Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 II.pdf/182: differenze tra le versioni

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l’intendente Santangelo, il colonnello Sponsa ed altri gentiluomini di Basilicata, dopo un mese di aspro carcere e di silenzio dimandarono il giudizio, ma non fu concesso, nè sciolte quelle catene, nè la polizia, come per leggi doveva, trasmise a magistrati ordinarii la cura del processo. Indi a parecchi altri mesi i due furon liberi e tornati in carica, e benchè dimostrata calunniosa l’accusa e false le carte presentate dagli accusatori, restarono questi delle nequizie impuniti come amici alla monarchia.
OTTAVO —


Fra’ militari serbati in impiego per il trattato di Casalanza era il general Zenardî, maledico, avido, cattivo in pace, pregevole in guerra. Il governo volea punirlo di non so quali falli del decennio, e la città ne fu spaventata, temendo il primo esempio di politica vendetta; gli altri generali provvidamente lo difendevano, più potendo in loro il comune pericolo che la privata ambizione, così che il re, sospendendo il cominciato giudizio, scacciò Zenardi in esilio. Già traspariva l’odio pei murattisti, trattenuto dai comandi del congresso di Vienna; e vedevasi la modestia de’ reggitori esser finta, varia, fugace, non assentita dalla coscienza.
LIBRO


Nelle Piagine, torbido e popoloso villaggio della provincia di Salerno, viveva la famiglia Pugli, amante invero del cassato governo, ma onesta. Alcuni tristi del paese, tornati da Sicilia, avidi di sangue e di prede, assaltano in giorno festivo quella casa che chiamano de’ giacobini, la spogliano e incendiano, e legando con funi tutti della famiglia di vario sesso ed età, li traggono nella piazza. Fanno sollecito apparecchio di aride legna, in gran mole disposte in giro, e vi chiudano nel mezzo non meno di cinque della nemica casa. Accendono le cataste, e quando la fiamma si dilatava, rovesciano le materie sopra que’ miseri che vivi bruciavano , o se alcuno tra le fiamme s’apriva un varco, vi era respinto. Quando i lamenti cessarono, indizio di morte, estinguono il fuoco, e fu visto fra le ceneri miserando cumulo di cadaveri in attitudini varie e pietose; il prete Pugli aveva le braccia incrociate al petto; la donna per materno zelo distesi a terra due teneri figliuoli, gli copriva del suo corpo, tal che morti si rinvennero, ma non bruciati. Orrendo spettacolo!
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I rei che stavano allegri e sicuri nel villaggio furono imprigionati e condannati a morte dalla commissione militare di Salerno, e subito il difensore viene in Napoli, parla al re, rammenta fatti antichi di que’ condannati (atrocità di brigantaggio, ma servigi a’ BorDoni), dice la distrutta famiglia devota a Murat, nemica del legittimo re, ottiene la implorata grazia, e torna frettoloso in Salerno. Ma giustizia di Dio tanti ostacoli oppose al cammino, al parlare al re, al segnare il foglio, che giunse innanzi del rescritto l’ora fatale, per mano del carnefice furono spenti. Il
1815.

il colonnello Sponsa ed altri genliluominf
dopo un mese di aspro carcere e di silenzio dimandagiudizio, ma non fu concesso, né sciolte quelle catene, né

l'intendente Santangelo

,

di Basilicata,

rono

il

come per leggi doveva trasmise a magistrati ordinarli la
cura del processo. Indi a parecchi altri mesi i due furon liberi e
tornati in carica, e benché dimostrata calunniosa Taccusa e false le

la polizia,

,

dagU accusatori , restarono

carte presentate

questi delle nequizie

monarchia.
Fra' militari serbati in impiego per il trattato di Casalanza era il
general Zenardi maledico , avido , cattivo in pace , pregevole in
guerra. Il governo volea punirlo di non so quali falli del decennio ,
e la città ne fu spaventata , temendo il primo esempio di politica
vendetta gli altri generali provvidamente lo difendevano, più potendo in loro il comune pericolo che la privata ambizione, cosi che
il re , sospendendo il cominciato giudizio , scacciò Zenardi in esilio.

come amici

impuniti

alla

,

Già traspariva 1' odio pei murattisti, trattenuto dai comandi del congresso di Vienna ; e vedevasi la modestia de' reggitori esser fìnta ,
varia

fugace

,

non

,

Nelle Plagine

,

assentita dalla coscienza.

torbido e popoloso villaggio della provincia di

la famiglia Pugli, amante invero del cassato governo, ma onesta. Alcuni tristi del paese tornati da Sicilia , avidi
di sangue e di prede , assaltano in giorno festivo quella casa che
chiamano de' giacobini la spogliano e incendiano e legando con
funi tutti della famiglia di vario sesso ed età, li traggono nella piazza.
Fanno sollecito apparecchio di aride legna, in gran mole disposte in
giro , e vi chiudono nel mezzo non meno di cinque della nemica

Salerno, viveva

,

,

Accendono

casa.

sciano

le

le cataste

,

e

quando

la

fiamma

s'

apriva

un varco

,

vi era respinto.

cessarono, indizio di morte, estinguono
ceneri miserando

cumulo

terno zelo distesi a

tfCrra

corpo,

si

I rei

dilatava

tal

che morti

,

,

rove-

o se alcuno

Quando lamenti
i

fuoco, e fu visto fra le

il

di cadaveri in attitudini varie e pietose

prete Pugli aveva le braccia incrociate

tacolo

si

materie sopra que' miseri che vivi bruciavano

fiamme

tra le

,

due

al

petto

teneri figliuoli

rinvennero,

ma non

,

-,

il

la

donna per ma-

gli

copriva del suo

;

bruciati.

Orrendo spet-

I

che stavano allegri e sicuri nel villaggio furono imprigionati
commissione militare di Salerno , e su-

e condannati a morte dalla
bito

il

difensore viene in Napoli

chi di que' condannati

boni

),

(

,

parla

al

re

,

rammenta

atrocità di brigantaggio

,

ma

fatti

anti-

servigi a'

Bor-

dice la distrutta famiglia devota a Murat, nemica del legittimo

re, ottiene
giustizia di

la"

implorata grazia

Dio

tanti

ostacoli

,

e torna frettoloso in Salerno.

oppose

al

cammino,

al

Ma

parlare col

segnare il foglio, che giunse innanzi del rescritto 1' ora fatale,
ed undici condannali per mano del carnefice furono spenti. Il

re, al