Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/277: differenze tra le versioni

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Romani grandissimi della persona e soverchiare di numero i suoi, sputavan tutte ne’ loro volti siccome gente sol atta a starsene colle mani alla cintola nella città, e rampognavanli, mostrando a dito i vincitori, della loro vigliaccheria.
Romani grandissimi della persona e soverchiare di numero i suoi, sputavan tutte ne’ loro volti siccome gente sol atta a starsene colle mani alla cintola nella città, e rampognavanli, mostrando a dito i vincitori, della loro vigliaccheria.


III. Belisario tenne il re prigioniero in onesto e liberal modo, e comandò che i barbari abitatori della regione di qua dal fiume Po tornassero a visitare le proprie campagne, e volendo a ripigliarvi pur anche stanza. Né sospettava male alcuno da quella parte, ben lungi essendo il pensiero in lui che i Gotti ordissero insidie laddove trovavasi di già a quartiere parte non piccola dell’esercito romano : e quelli subito e volentiermente v’andarono; i Romani di questa guisa non ebbero più che temere in quelle mura, addivenuti nel numero non inferiori al nemico ivi rimaso. Pigliò quindi i tesori del palazzo per farne la consegna all’imperatore, guardandosi bene egli stesso dallo spogliare uom de’ barbari, e adoperando accuratamente perché l’intero esercito imitasse l’esempio suo, zelantissimo nel procacciare che nessun de’vinti, giusta i patti e le convenzioni, soggiacesse al minor danno. I Gotti di presidio ne’ munitìssimi luoghi, non appena divulgatasi la caduta di Ravenna e di Vitige nelle mani imperiali spedirono ambasciadori a Belisario per arrenderglisi ad una co’ loro fortilizj; e questi di ottimo grado obbligata la sua parola con essi marciò ad occupare Tarvisio e gli altri forti in quel de’Veneti, essendo parimente entrato per lo innanzi, vogliam dire al tempo del conquisto di Ravenna, in Cesena, sola città dell’Emilia che tuttavia
III. Belisario tenne il re prigioniero in onesto e liberal modo, e comandò che i barbari abitatori della regione di qua dal fiume Po tornassero a visitare le proprie campagne, e volendo a ripigliarvi pur anche stanza. Né sospettava male alcuno da quella parte, ben lungi essendo il pensiero in lui che i Gotti ordissero insidie laddove trovavasi di già a quartiere parte non piccola dell’esercito romano : e quelli subito e volentiermente v’andarono; i Romani di questa guisa non ebbero più che temere in quelle mura, addivenuti nel numero non inferiori al nemico ivi rimaso. Pigliò quindi i tesori del palazzo per farne la consegna all’imperatore, guardandosi bene egli stesso dallo spogliare uom de’ barbari, e adoperando accuratamente perchè l’intero esercito imitasse l’esempio suo, zelantissimo nel procacciare che nessun de’vinti, giusta i patti e le convenzioni, soggiacesse al minor danno. I Gotti di presidio ne’ munitìssimi luoghi, non appena divulgatasi la caduta di Ravenna e di Vitige nelle mani imperiali spedirono ambasciadori a Belisario per arrenderglisi ad una co’ loro fortilizj; e questi di ottimo grado obbligata la sua parola con essi marciò ad occupare Tarvisio e gli altri forti in quel de’Veneti, essendo parimente entrato per lo innanzi, vogliam dire al tempo del conquisto di Ravenna, in Cesena, sola città dell’Emilia che tuttavia