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SECONDO

LIBRO

177G-83.

101

imprese deli' ingegno ìiapolctano per migliorare lo slato avanzando nelle buone opere che i primi gli altri regni d'Italia. Notiamo cosa vera e dolente germi del bene poUtico, nella età nostra e de' padri, spuntarono dal suolo di Napoli ma sempre fu visto trasformato il merito in delitto,

Queste che farevernenle ho corse erano

le

,

-,

la

buona fama

in infamia

e quelle ingiustizie uscire più spesso

Vedremo

amici che da' contrarli.

gli

in giorni

non lontani da

da-

quelli

che descrivo quale fosse degli uomini che ho citati la misera fine, decretata dal governo, applaudita dal popolo. Avvegnaché i buoni concetti e le savie leggi non essendo ingenerate nella mente del re né sentite dalla moltitudine (T una e l'altra più basse di quella civiltà), piccolo numero di sapienti le immaginava, numero poco maggiore le aveva in pregio ^ la plebe se ne sdegnava qual suole

governo le punì come colpe. economia pubblica maneggiava minor senno Napoli che aveva preceduto la Toscana nello affrancarsi dalla Chiesa videsi da Pietro Leopoldo sopravanzata negli statuti dell'amministrazione. Benché lasciato libero alle comunità il modo di amministrarsi e prescritto il sindacato , punite le infedeltà , ed delle novità

XV. Le

e di poi

5

il

altre parti della

,

,

popolo ne' parlamenti gli amministratori i sindacatori i giudici del conto non di meno questi benefìzii poco profittavano confusi dalie stesse libertà e però dall' ingegno vario e dalle paseletti dal

,

,

,

,

,

comuni

ca; altri vivevano a dove si preferivano le opere poco spendere, qua il troppo;

sioni fugaci degli amministratori e de' tasto

a gabelle

ailii

,

civili, e

dove

,

altri a testatico

di pietà; là prevaleva

un anno parevano

le virtù di

vizii

il

l'

^

anno appresso,

e

i

disegni degli

amministrazione mancava uniformità e perseveranza , quindi grandezza e durata. Il re prestò al comune di Pescocostanzo i danari onde ricomprarsi dall' avaro barone uni erano

disfatti dagli altri

-,

all'

Pietro Enrico Piccolòmini, dicendo nella concessione del prestito « Acciò sottraggasi dalla servitù e dal giogo baronale » atto

unico

Le no

,

transitorio

,

non sostanza

era segno

stavano soggette

arti

dcfratrie

ed

a'

ma

-,

queir

di prosperità.

consoli

-,

il

tralTico inter-

annone, alle assise, a' privilegi baronali, ad alcuni resti di franchige o immunità de' cherici e soprattutto alla mano continua del governo su le imprese o interessi de' privati. Ritornò libera la coltivazione del tabacco ma per altre gravezze al vino al sale alla carta a' libri. L'industria della seta ingrandita nel regno di Carlo eccitò r avidità del successore; e messa tra gli arrendamenti del fisco pati le condizioni della servitù poco precotto estirpazione de' gelsi decadenza delle fabbriche nazionali di seta e drappi. Pena il capo al barcaiuolo che portasse controbando di seta e le più leggiere mancanze spesso punite dalla tortura con tratti di corda. XVI. Altro danno pali la ricca industria dei coralli. La Torre del alle

,

,

,

,

,

,

,

,

,