Pagina:Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana III.pdf/220: differenze tra le versioni

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{{Pt|peva|sapeva}} emigrate e contumaci, poichè era tranquillo che non lo potessero smentire, pure per disposizione di Providenza, che in causa di tanto momento, non vuol permettere che il Tribunale sia ingannato da questo tristo, il suo rivelo è chiarito mendace, falso, calunniatore in parti sostanzialissime, come in progresso andremo vedendo.


Questo cenno storico era necessario per norma e lume del Tribunale di premettere alla dissertazione sul merito intrinseco della Causa.
peva emigrate e contumaci, poiché era tranquillo che non lo potessero smentire, pure per disposizione di Providenza, che in causa
di tanto momento, non vuol permettere che il Tribunale sia ingannato da questo tristo, il suo rivelo è chiarito mendace, falso, calunniatore in parti sostanzialissime, come in progresso andremo
vedendo.


Ora venendo a questo, conviene prima di tutto ben definire e dirò circoscrivere lo stato della questione: il processo, che serve di base al presente giudizio, presenta le fasi e i risultati della rivoluzione, lo scoppio di questa nei giorni 15 e 16 novembre 1848, le parti che molti vi presero e sostennero per raggiungerne lo scopo coll’uccisione del Rossi; non bisogna però amalgamare tutto insieme; conviene anzi sceverare il delitto politico dal delitto comune; quello che si perseguita, quello di cui unicamente si deve aver ragione, è questo; su quello il Santo Padre ha tirato un gran velo coll’amnistia. Tutte le indagini dunque si devono limitare e restringere all’omicidio del Ministro, e da vedere e chiarire chi direttamente vi ha cooperato. Non basta: chè molti liberali per conseguire l’intento, conoscendo che grande ostacolo n’era il Rossi, finchè trovavasi al potere, lo inimicassero, ne dicessero male, desiderassero, volessero che la sua caduta avesse luogo con mezzi legali e non legali, gioissero al suo assassinio, ne approfittassero per compiere la rivolta, tutto ciò non è sufficiente per stabilire una correità e complicità nel delitto, ''de quo agitur''; e guai se lo fosse; non quindici inquisiti, ma centinaia e centinaia dovrebbero figurare in questa causa. La responsabilità del fatto versa su coloro che, non solo desiderarono e vollero la caduta di quell’uomo, ma entrarono nel disegno completo dell’uccisione e v’influirono efficacemente nella commissione. Posti così in chiaro i termini della questione, passo all’esame degli elementi che si portano specificamente a carico de’ miei patrocinati, incominciando dal Grandoni.
Questo cenno storico era necessario per norma e lume del Tribunale di premettere alla dissertazione sul merito intrinseco della
Causa.


È ben singolare il contegno tenuto dall’impunitario per la parte che riguarda Grandoni. L’impunitario, che si proponeva per non sbagliare strada, di secondare ed ampliare le fila che trovava già ordite dall’inquisizione, sapendo Grandoni in carcere come imputato di correità nel delitto, volle confermare l’accusa; conoscendo però di non aver che fare con uomo del volgo, e che però facilmente l’avrebbe potuto smentire e confondere, fu molto cauto; in
Ora venendo a questo, conviene prima di tutto ben definire e
dirò circoscrivere lo stato della questione: il processo, che serve
di base al presente giudizio, presenta le fasi e i risultati della rivoluzione, lo scoppio di questa nei giorni 15 e 16 novembre 1848,
le parti che molti vi presero e sostennero per raggiungerne lo scopo
coll’uccisione del Rossi; non bisogna però amalgamare tutto insieme;
conviene anzi sceverare il delitto politico dal delitto comune; quello
che si perseguita, quello di cui unicamente si deve aver ragione,
è questo; su quello il Santo Padre ha tirato un gran velo coll’amnistia. Tutte le indagini dunque si devono limitare e restringere all’omicidio del Ministro, e da vedere e chiarire chi direttamente vi ha cooperato. Non basta: chè molti liberali per conseguire
l’intento, conoscendo che grande ostacolo n’era il Rossi, finché
trovavasi al potere, lo inimicassero, ne dicessero male, desiderassero, volessero che la sua caduta avesse luogo con mezzi legali e
non legali, gioissero al suo assassinio, ne approfittassero per compiere la rivolta, tutto ciò non è sufficiente per stabilire una correitá e complicitá nel delitto, de quo ngitur; e guai se lo fosse;
non quindici inquisiti, ma centinaia e centinaia dovrebbero figurare in questa causa. La responsabilitá del fatto versa su coloro
che, non solo desiderarono e vollero la caduta di quell’uomo, ma
entrarono nel disegno completo dell’uccisione e v’influirono efficacemente nella commissione. Posti cosí in chiaro i termini della
questione, passo all’esame degli elementi che si portano specificamente a carico de’ miei patrocinati, incominciando dal Grandoni.
E ben singolare il contegno tenuto dall’ impunitario per la parte
che riguarda Grandoni. L’impunitario, che si proponeva per non
sbagliare strada, di secondare ed ampliare le fila che trovava giá
ordite dall’inquisizione, sapendo Grandoni in carcere come imputato di correitá nel delitto, volle confermare l’accusa; conoscendo
però di non aver che fare con uomo del volgo, e che però facilmente l’avrebbe potuto smentire e confondere, fu molto cauto ; in