Pagina:I Vicerè.djvu/648: differenze tra le versioni

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specchiavano al gaio sole autunnale; pennacchi e bandiere ondeggiavano al vento; i cartelloni multicolori vestivano a festa i muri del monastero.
specchiavano al gaio sole autunnale; pennacchi e bandiere ondeggiavano al vento; i cartelloni multicolori vestivano a festa i muri del monastero.


Baldassarre, in ''redingote'' e cappello alto, con una coccarda grande come una ruota di mulino, andava e veniva, sudato, sbuffante, come ventotto anni addietro, quando ordinava l’aristocratico cerimoniale dei funerali della vecchia principessa. Ma allora egli era servo stipendiato, e adesso libero cittadino che interveniva a un ''metingo'' democratico, e che prestava il suo appoggio al principe non per quattrini ma per un’idea. Alla folla che voleva entrare ad ogni costo diceva alzando le mani: « Signori miei, un po’ di pazienza; c’è tempo... ci vuole un’ora... » Era possibile lasciar entrare la ciurmaglia prima degli invitati?... Ma alle undici e mezzo la resistenza fu impossibile: dato ordine ai suoi dipendenti di difendere almeno i posti riservati, lasciò aprire la terrazza e l’arena. In un attimo l’onda umana vi si rovesciò. Era ancora la folla anonima, il popolo minuto; ma a poco per volta cominciavano a venire le persone di riguardo, signori e signore eleganti, dinanzi alle cui carrozze s’apriva l’altra folla rimasta nel cortile esterno. Baldassarre, nella palestra, additando alle dame i loro posti, si voltava tratto tratto verso i compagni: « Dite che le bande vengano qui, che prendano posto!... Non ci sarà la musica all’arrivo del candidato!... » Quelle bestie non ne azzeccavano una! Impossibile aver le bande, neanche dopo essersi sgolato un’ora; tanto che dovè correre egli stesso a chiamarle: « Che fate qui? Non è il vostro posto! Venite dentro!... » Egli non era più maggiordomo, ma le cose malfatte non poteva tollerarle. Uno del comitato non disse che bisognava sonare al primo arrivo del principe? Egli si guastò: « Il ricevimento si fa nella palestra, non nel cortile! Volete darmi lezioni?... » E mise le bande al posto opportuno, ordinando: « Marcia reale ed Inno di Garibaldi!... »
Baldassarre, in ''redingote'' e cappello alto, con una coccarda grande come una ruota di mulino, andava e veniva, sudato, sbuffante, come ventotto anni addietro, quando ordinava l’aristocratico cerimoniale dei funerali della vecchia principessa. Ma allora egli era servo stipendiato, e adesso libero cittadino che interveniva a un ''metingo'' democratico, e che prestava il suo appoggio al principe non per quattrini ma per un’idea. Alla folla che voleva entrare ad ogni costo, diceva, alzando le mani: « Signori miei, un po’ di pazienza; c’è tempo... ci vuole un’ora... » Era possibile lasciar entrare la ciurmaglia prima degli invitati?... Ma alle undici e mezzo la resistenza fu impossibile: dato ordine ai suoi dipendenti di difendere almeno i posti riservati, lasciò aprire la terrazza e l’arena. In un attimo l’onda umana vi si rovesciò. Era ancora la folla anonima, il popolo minuto; ma a poco per volta cominciavano a venire le persone di riguardo, signori e signore eleganti, dinanzi alle cui carrozze s’apriva l’altra folla rimasta nel cortile esterno. Baldassarre, nella palestra, additando alle dame i loro posti, si voltava tratto tratto verso i compagni: « Dite che le bande vengano qui, che prendano posto!... Non ci sarà la musica all’arrivo del candidato!... » Quelle bestie non ne azzeccavano una! Impossibile aver le bande, neanche dopo essersi sgolato un’ora; tanto che dovè correre egli stesso a chiamarle: « Che fate qui? Non è il vostro posto! Venite dentro!... » Egli non era più maggiordomo, ma le cose malfatte non poteva tollerarle. Uno del comitato non disse che bisognava sonare al primo arrivo del principe? Egli si guastò: « Il ricevimento si fa nella palestra, non nel cortile! Volete darmi lezioni?... » E mise le bande al posto opportuno, ordinando: « Marcia reale ed inno di Garibaldi!... »


Ora la palestra offriva uno spettacolo veramente straordinario: l’arena era un mare di teste, serrate le file
Ora la palestra offriva uno spettacolo veramente straordinario: l’arena era un mare di teste, serrate le file