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«subiettività», nel senso inteso dagli esteti moderni, è un abbaglio. Quando {{AutoreCitato|Archiloco|Archiloco}}, il primo lirico greco, manifesta il suo folle amore e, insieme, il suo sdegno per le figlie di Licambo, non punto la sua passione impazza davanti a noi in vertigine orgiastica: noi vediamo, invece, Dioniso e le menadi, e vediamo l’ebbro tripudiatore Archiloco cascato giù nel sonno; nel sonno quale ce lo descrive {{AutoreCitato|Euripide|Euripide}} nelle {{TestoCitato|Le Baccanti|Baccanti}}, quello che piglia in cima alle montagne in pieno sole di mezzodì; e Apollo gli si avvicina e lo tocca con l’alloro. E l’incantesimo dionisiaco-rausicale del dormente sprizza, per cosi dire, d’intorno in scintille d’immagini, in poemi lirici, che nel loro massimo svolgimento si chiamano poi tragedie e ditirambi drammatici. |
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CAPITOLO QUINTO |
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«subiettività», nel senso inteso dagli esteti moderni, |
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L’artista plastico, e con lui il poeta a lui affine, l’epico, è immerso nella intuizione pura delle immagini. Invece il musico dionisiaco non vede alcuna immagine; egli è completamente e unicamente lo stesso dolore primordiale ed echeggio di quel dolore. Il genio lirico sente sorgere dalla propria abnegazione mistica e dalla propria identificazione con l’uno primigenio un mondo d’immagini e di simboli, che ha un colorito, una causalità e una rapidità di movimento affatto diversi dal mondo dell’artista plastico e del poeta epico. Laddove quest’ultimo vive con dilettoso compiacimento in coteste immagini ed unicamente in esse, e non si sazia di contemplarle amorosamente fino ai lineamenti più impercettibili; laddove perfino l’immagine dell’irato Achille non |
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è un abbaglio. Quando Arehiloco, il primo |
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lirico greco, manifesta il suo folle amore e, insieme, |
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il suo sdegno per le figlie di Licambo, non |
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punto la sua passione impazza davanti a noi |
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in vertigine orgiastica: noi vediamo, invece, Dioniso |
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e le menadi, e vediamo l’ebbro tripudiatore |
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Arehiloco cascato giù nel sonno; nel sonno quale |
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ce lo descrive Euripide nelle Baccanti, quello che |
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piglia in cima alle montagne in pieno sole di |
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mezzodì; e Apollo gli si avvicina e lo tocca con |
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l’alloro. E l’incantesimo dionisiaco-rausicale del |
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dormente sprizza, per cosi dire, d’intorno in scintille |
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d’immagini, in poemi lirici, che nel loro |
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massimo svolgimento si chiamano poi tragedie |
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e ditirambi drammatici. |
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L’artista plastico, e con lui il poeta a lui affine, |
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l’epico, è immerso nella intuizione pura |
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delle immagini. Invece il musico dionisiaco non |
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vede alcuna immagine; egli è completamente e |
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unicamente lo stesso dolore primordiale ed echeggio |
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di quel dolore. Il genio lirico sente sorgere |
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dalla propria abnegazione mistica e dalla propria |
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identificazione con l’uno primigenio un mondo |
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d’immagini e di simboli, che ha un colorito, una |
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causalità e una rapidità di movimento affatto |
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diversi dal mondo dell’artista plastico e del poeta |
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epico. Laddove quest’ultimo vive con dilettoso |
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compiacimento in coteste immagini ed unicamente |
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in esse, e non si sazia di contemplarle amorosamente |
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fino ai lineamenti più impercettibili; |
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laddove perfino l’immagine dell’irato Achille non |